A Bivongi si parla di anziani: tra solitudine, speranza e impegno sociale

A Bivongi si parla di anziani: tra solitudine, speranza e impegno sociale

di Mario Murdolo

“L’anziano”, così si intitolava il convegno organizzato dalla Parrocchia di Bivongi-Pazzano e dall’Amministrazione comunale. Un titolo già di per sé significativo, capace di trasmettere chiaramente il tema affrontato durante la serata.
Di fronte a una platea numerosa e attenta, è stato il giornalista bivongese Pietro Melia, moderatore dell’evento, ad aprire i lavori. Dopo aver ringraziato gli organizzatori per avergli dato l’opportunità di tornare nel suo paese natio e di incontrare familiari e amici, ha passato la parola a Don Enzo Chiodo, nostro parroco. Don Enzo ha spiegato di aver voluto dedicare due serate alla riflessione e alla proposta su un tema oggi più che mai attuale: la condizione dell’anziano, che con l’età diventa sempre più vulnerabile, colpito da acciacchi, malattie e spesso vittima di solitudine ed emarginazione.
Quella di stasera è un’ulteriore dimostrazione dell’impegno della Chiesa, da sempre vicina ai più deboli. A Bivongi, attraverso la catechesi, i seminari e le visite domiciliari agli anziani soli, essa svolge un ruolo fondamentale e necessario.
Il sindaco Grazia Zaffino, molto impegnata in questo periodo con una difficile “capra da pelare”, ha incentrato il suo intervento sul grave problema della nostra casa-albergo: una delle strutture più moderne, spaziose e accoglienti della Calabria, purtroppo avviata verso una lenta ma inesorabile agonia, se non addirittura verso la chiusura. Tuttavia, il sindaco sta facendo l’impossibile per scongiurare questa triste fine, e stasera ha mostrato un filo di speranza. Forte della sua esperienza da amministratrice, ha spiegato che la gestione di una struttura del genere può diventare appetibile, soprattutto se la carenza di ospiti la rende economicamente sostenibile.
Per l’amore che ho verso il mio paese — e perché anche io, come tanti altri miei coetanei, potrei un giorno avere bisogno di quella casa-albergo — sto cercando una soluzione. Ne abbiamo due possibili: una affidata alla dottoressa Bruni, che da buona bivongese non si tirerà indietro, e l’altra a un anonimo ma esperto professionista del settore RSA.

Il nostro carissimo amico medico Enzo, grazie alla sua tempestività, bravura e grande disponibilità, ci fa sentire meno la mancanza di tanti servizi sanitari che la Regione Calabria ci nega, come la guardia medica, l’ambulanza, o le visite specialistiche, lasciandoci con il solo servizio di prelievi e analisi. Grazie a lui, possiamo fare a meno perfino dell’elisoccorso. Prego Don Enzo di intercedere con la Mamma Nostra affinché Enzo possa diventare almeno centenario.
Anche Enzo ha ricordato con emozione la sua esperienza lavorativa accanto alla dottoressa Bruni, la quale — e nessuno lo ha detto pubblicamente — per il suo grande impegno nella ricerca sull’Alzheimer è stata insignita della cittadinanza onoraria di Bivongi dal compianto sindaco Felice Valenti.
Ernesto Riggio, in rappresentanza del GAL “Alta Locride”, ha ribadito in gran parte i concetti già espressi da chi lo ha preceduto, aggiungendo che le istituzioni spesso hanno l’inspiegabile abitudine di abolire o affossare provvedimenti fondamentali, danneggiando proprio le persone più svantaggiate, in questo caso la categoria più debole e indifesa: gli anziani.
Molto interessante e realistico è stato l’intervento conclusivo della scienziata dottoressa Amalia Cecilia Bruni. Se ce ne fosse ancora bisogno, ha dato prova di essere una persona unica e speciale, oltre che una scienziata appassionata, impegnata e riconosciuta a livello mondiale. Ha dimostrato anche di saper cavarsela in politica, nel suo ruolo di consigliera regionale. Peccato che appartenga alla minoranza: in caso contrario, molti dei nostri problemi li avrebbe già risolti.
Per commentare adeguatamente il suo intervento ci vorrebbero dieci pagine, quindi mi limiterò a un solo punto: la prevenzione. Come si sa, prevenire è meglio che curare; anzi, prevenendo si evitano terapie e perfino tragici epiloghi.
Avevo scritto in passato qualche articolo sulla prevenzione dei tumori e delle malattie cardiovascolari, ma ignoravo che esistesse anche una prevenzione specifica per la demenza senile. Amalia, in modo semplice ed elementare — come una maestra delle elementari — ci ha spiegato alcuni punti fondamentali, facili anche da memorizzare: stile di vita sano, alimentazione corretta, attività fisica, evitare l’isolamento psicologico e, cosa curiosa, prestare attenzione ai primi segnali di problemi uditivi.

Un’altra novità per me è stata scoprire l’esistenza di strutture amiche per i malati di Alzheimer e patologie simili, dove il malato non pesa solo sulla famiglia, ma riceve cure, sostegno e affetto anche dal contesto sociale. E queste strutture, ha sottolineato la dottoressa, si possono realizzare senza grandi somme di denaro, ma con la sola forza della solidarietà e dell’amore tra le persone.
È stata una grande lezione: scientifica, politica e, soprattutto, umana. Un invito concreto all’altruismo e alla solidarietà, che — come l’aria che respiriamo — sono gratuite.
Approfitto per ringraziare la dottoressa Bruni, che ho avuto la fortuna di conoscere e apprezzare durante la sua ricerca sull’Alzheimer a Bivongi, quando da funzionario dell’anagrafe le fornivo i nominativi dei cittadini coinvolti nello studio. Dopo quella fase, solo contatti telefonici e lo scambio di alcune foto, in particolare quella della consegna della cittadinanza onoraria. Fortunatamente ci siamo poi rivisti a Pazzano lo scorso anno, in occasione della presentazione del libro dell’amica Romina Leotta, dedicato proprio alla demenza senile. E ancora qualche mese fa a Reggio Calabria, dove lei, in modo confidenziale e commovente, abbracciandomi mi disse: “Come stai, Mario, mio concittadino?”

Un’ultima nota: una delle ultime volte in cui la dottoressa Bruni è venuta a Bivongi, durante un convegno proprio alla casa-albergo, raccontò di aver dato il nome Lametino al gene che aveva scoperto. Io allora risposi scherzando: “E quello di Bivongi, lo chiamiamo Bivongese!” Lei si fece una bella risata.

Photo by Cristian Newman on Unsplash

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