Andrea Lancia: “Una Rivelazione per il 2 Giugno: Il cappello calabrese, incredibile simbolo di libertà (e origine di quello degli alpini!)”
di Andrea Lancia
Oggi, 2 giugno, Festa della nostra Repubblica, una giornata che ci invita a riflettere sui valori fondanti della nostra nazione come la libertà e l’unità. Ebbene, proprio in questa giornata così significativa, mi sono imbattuto casualmente in un articolo online che mi ha sinceramente e profondamente colpito. Il titolo era “IL CAPPELLO ALLA CALABRESE: SIMBOLO DIMENTICATO DI LIBERTÀ”, e da lì si è aperto un mondo.
Confesso che inizialmente mi aspettavo una lettura interessante sul folklore, magari una curiosità regionale. Mai avrei immaginato, invece, di scoprire una storia così potente, che ha risvegliato in me un forte senso di stupore e, non lo nego, di orgoglio italiano. L’articolo, firmato da Alfonso Morelli, svela come un semplice cappello, apparentemente solo un accessorio tradizionale, sia stato in realtà un formidabile emblema di resistenza.
Questo copricapo, originario della Calabria e realizzato in feltro o con le umili fibre di ginestra, divenne nel XIX secolo un vero e proprio manifesto politico. Durante i moti risorgimentali, in particolare quelli antiborbonici, indossare il cappello alla calabrese, con la sua foggia caratteristica, equivaleva a una dichiarazione di intenti: significava schierarsi contro l’oppressione e lottare per la libertà.
La cosa che mi ha lasciato esterrefatto è apprendere che questo cappello era talmente temuto da essere bandito dalle autorità dell’epoca: borboniche, austriache, pontificie. Immaginate la potenza simbolica di un indumento, tanto da essere considerato una minaccia! La repressione, come spesso accade, non fece che amplificarne il messaggio, tanto che la sua fama e il suo significato varcarono i confini calabresi, accendendo simpatia e ammirazione in tutta la penisola, persino nei salotti liberali di Milano.
L’articolo di Morelli prosegue narrando come il cappello alla calabrese si fuse con l’immaginario collettivo attraverso figure come l’Ernani di Verdi, diventando “cappello all’Ernani”, e come fu protagonista durante episodi cruciali come le Cinque Giornate di Milano. Lo adottarono figure come Garibaldi, e la sua presenza fu segnalata da Trieste alla Sicilia, persino all’estero, dove indossarlo poteva significare l’arresto.
Ma la rivelazione che più mi ha sorpreso, e che lega questa storia in modo inaspettato a un simbolo nazionale, è il suo legame con il cappello degli Alpini. Sì, proprio il celebre copricapo con la penna che tutti conosciamo affonda le sue radici in quel fiero cappello calabrese, simbolo di ribellione e anelito alla libertà. Apprendere che l’emblema di uno dei corpi militari più amati d’Italia porti con sé l’eco di quelle lotte popolari è qualcosa che tocca corde profonde.
In una giornata come il 2 giugno, scoprire questa storia mi ha fatto riflettere. La libertà e l’unità che oggi celebriamo sono frutto del coraggio e del sacrificio di tanti, e anche simboli come il cappello alla calabrese ci raccontano la tenacia, lo spirito indomito di un popolo – quello calabrese, quello a cui appartengo – che ha contribuito in modo significativo al sogno di un’Italia unita e libera. È la dimostrazione che l’identità nazionale si nutre delle specificità e del valore delle singole realtà territoriali.
Insomma, è stata una scoperta che ha arricchito profondamente questo mio 2 giugno, un tassello di storia patria che non conoscevo e che ho sentito il desiderio di condividere. Questo cappello è molto più di un pezzo di feltro: è una lezione di storia, di coraggio civile e di amore per la libertà.
Se questa vicenda ha stuzzicato anche la vostra curiosità e volete approfondire, vi consiglio caldamente di leggere l’articolo originale, sicuramente molto più bello.
Buona Festa della Repubblica, e che si possa sempre valorizzare e ricordare queste storie che compongono il grande mosaico della nostra identità.
Fonte: “IL CAPPELLO ALLA CALABRESE: SIMBOLO DIMENTICATO DI LIBERTÀ” di Alfonso Morelli.