Potere al Popolo: “Occhiuto ha la responsabilità storica di negare ai calabresi il diritto alla cura”

Potere al Popolo: “Occhiuto ha la responsabilità storica di negare ai calabresi il diritto alla cura”

Mentre tutti i dati sulla sanità pubblica italiana ci consegnano la sua distruzione a vantaggio di quella privata, la Calabria rimane sempre più relegata agli ultimi posti per la qualità del servizio sanitario a conferma, purtroppo, del disastro perpetrato a danno dei cittadini dalle politiche dei tagli operati da tutti i governi, di centrosinistra e di centrodestra, negli ultimi 30 anni, tanto da negare quel fondamentale diritto dell’individuo che è la tutela della salute.

La distruzione del Servizio Sanitario vede come protagonista l’attuale presidente della Giunta regionale, Roberto Occhiuto, al netto dei roboanti proclami.
Rammentiamo che la riforma del Titolo V della Costituzione, avvenuta con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, voluta fortemente dal centro sinistra, ha affidato la tutela della salute alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni, che di fatto ha distrutto il Servizio Sanitario Nazionale, istituendone ben 21, e segnandolo da inaccettabili diseguaglianze regionali.

Nel corso della battaglia contro l’autonomia differenziata, voluta dal governo Meloni, abbiamo sostenuto che con l’attuazione delle maggiori autonomie in sanità si legittimava normativamente la “frattura strutturale” Nord-Sud: il meridione sempre più dipendente dalla sanità del Nord, minando l’uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute. Uno scenario già evidente nel 2024: su 14 Regioni adempienti ai Livelli Essenziali di Assistenza solo 3 erano del Sud (Abruzzo, Puglia e Basilicata) e tutte a fondo classifica, mentre la fuga per curarsi verso il Nord vale € 4,25 miliardi.
L’obiettivo di un diritto alla salute uguale sull’intero territorio nazionale, abbiamo sostenuto, veniva smantellato dall’autonomia differenziata. Sulla base delle risultanze del Comitato per l’individuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), in particolare, tutte le Regioni a Statuto Ordinario potevano richiedere il trasferimento di funzioni, risorse umane, finanziarie e strumentali ulteriori rispetto ai LEA in un lungo elenco di ambiti: gestione e retribuzione del personale, regolamentazione dell’attività libero-professionale, accesso alle scuole di specializzazione, politiche tariffarie, valutazioni di equivalenza terapeutica dei farmaci, istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi.

Com’è noto, in tutti questi ambiti, in quanto extra-LEP, la legge sull’autonomia differenziata, prevede che “si possa dar corso fin da subito ai negoziati per il trasferimento di funzioni, risorse umane, finanziarie e strumentali dalle regioni che ne facciano richiesta”. La concessione di ulteriori forme di autonomia, potrebbe determinare ulteriori capacità di spesa nelle Regioni ad autonomia rafforzata, finanziate dalle compartecipazioni legate al trasferimento di funzioni, dalla mobilità sanitaria, meglio conosciuta come “i viaggi della speranza”. La migrazione per farsi curare fuori regioni, che ogni anno coinvolge quasi un milione d’italiani, conferma il suo essere endemico. Il trend, infatti, non cambia: è sempre un esodo da Sud verso Nord. La Calabria è in cima alla lista (-294 mln).

Tutto ciò, in un contesto in cui i LEA non hanno copertura finanziaria integrale a livello nazionale e cinque delle otto Regioni del Mezzogiorno risultano inadempienti, determinerebbe una ulteriore differenziazione territoriale delle politiche pubbliche in ambito sanitario. Infine, con l’autonomia differenziata si aumenta la sperequazione finanziaria tra Servizi Sanitari Regionali e si ampliano le disuguaglianze interregionali nelle condizioni di accesso al diritto alla salute.

Com’è noto per i LEP non c’è alcuna copertura finanziaria e non ci sarà perché in questa fase storica di crisi economica, che dura oramai da anni, è impossibile reperire risorse finanziarie. Per la sola Calabria si stima 8 miliardi di euro, su un totale di 90-100 miliardi di euro per tutto il territorio nazionale. Va da sé che senza una adeguata copertura questa determinazione servirà, nel migliore dei casi, a precisare cosa viene negato ai cittadini calabresi, come purtroppo oggi avviene per quanto riguarda l’ambito dei servizi sanitari con i LEA. Vi è la certezza che questo passaggio, ribadiamo senza una inesistente copertura, si sta trasformando in un nuovo abbassamento dei livelli delle prestazioni, dando ancor più spazio a forme di previdenza privata e di welfare aziendale, esternalizzando ulteriormente i servizi pubblici, con il risultato di produrre ancor più accentuate differenziazioni sociali.

In questo momento il governo Meloni e le regioni del nord Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte, tutte governate dalla destra stanno producendo una ulteriore accelerazione sulla differenziazione tra sistemi sanitari regionali e non solo.
Riteniamo che la censura operata dalla sentenza n. 192/2024 della Corte Costituzionale alla legge n. 86/2024 sull’autonomia differenziata, pur ribadendo la necessità di un recepimento parlamentare che non si configuri come un mero atto formale di ratifica dell’intesa tra Stato e Regione, bensì come un passaggio essenziale per garantire il rispetto dei principi costituzionali, per intenderci il rispetto del principio di unità giuridica ed economica della Repubblica e l’assenza di effetti distorsivi sulla perequazione finanziaria, non bloccherà questo processo di differenziazione e di disgregazione e il diritto alla salute non sarà più garantito allo stesso identico modo in tutte le regioni italiane.

La Lombardia, il Veneto, la Liguria ed il Piemonte sono pronte a firmare le prime intese per avere più autonomia sulla sanità e su tre materie per cui non è prevista la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, ossia la Protezione civile, le professioni e la previdenza complementare integrativa, come dichiarato da Calderoli.
Con più autonomia, queste regioni avranno più libertà nella spesa delle risorse destinate alla salute, perché ricche finanziariamente, aumentando, per esempio, gli stipendi di medici e infermieri.
Si introducono in questo modo gabbie salariali che porteranno l’attuale residuale servizio sanitario ad essere cannibalizzato dalle regioni più forti a scapito di quelle più deboli, con la conseguente implosione dell’intero servizio, perché è evidente che l’intero personale prenderà la strada dei più alti stipendi.

La destra al governo della regione Calabria è connivente con questo disegno portato avanti dal governo nazionale. Occhiuto ha la responsabilità storica di negare ai calabresi il diritto alla cura.
Abbiamo il compito storico di impedire che ciò avvenga.

Potere al Popolo Calabria 

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