Lancia: “La Regione come Caulonia, stessa logica di accentramento del potere”
La politica calabrese è stata scossa da un vero e proprio coup de théâtre.
Con un video messaggio, sapientemente girato in un cantiere per evocare l’immagine di un costruttore bloccato nel suo operato, il governatore Roberto Occhiuto ha annunciato le sue dimissioni e la sua immediata ricandidatura. Un gesto che, al di là della forma, fa precipitare la Calabria in una crisi istituzionale e la proietta verso elezioni anticipate, sospendendo il suo futuro in una dimensione che appare quasi onirica.
Questo gesto, al di là delle immediate conseguenze politiche, offre l’opportunità per una riflessione più ampia e asettica sullo stato della politica in Calabria, un’analisi che intende contribuire al dibattito pubblico senza preclusioni di schieramento.
La mossa di una figura come quella del governatore, di cui si può certamente apprezzare la determinazione personale, solleva interrogativi complessi che meritano di essere esplorati ed approfonditi con lucidità, mettendo al centro non le strategie dei singoli, ma il futuro dei calabresi e della loro terra.
Al centro di tutto, un paradosso profondo: si genera instabilità per superare una presunta paralisi.
Ma se si scava oltre i tecnicismi strategici, emerge la vera domanda, quella che dovrebbe interessare ogni cittadino: questa mossa è un atto di coraggio, o una scaltra manovra per sottrarsi non solo al giudizio della magistratura, ma a quello, ben più temibile, del popolo calabrese?
In un contesto politico quasi privo di un’opposizione strutturata, il vero e unico controllore dell’operato di governo è il popolo stesso. Ed è forse proprio la paura di dover rendere conto ai calabresi ad aver innescato questa crisi pilotata.
Tuttavia, va detto che una mossa così audace è stata resa possibile anche dal contesto politico generale. Per anni, il centrosinistra calabrese è apparso frammentato e in difficoltà, incapace di costruire un percorso progettuale alternativo e credibile, lasciando di fatto un vuoto politico che ha permesso all’attuale maggioranza di governare senza un reale e incisivo contraddittorio. Il timido tentativo di organizzazione a cui si è assistito negli ultimi tempi è stato spazzato via con facilità dalla decisione di Occhiuto, evidenziando una fragilità strutturale che è parte integrante del problema politico calabrese. La crisi attuale, quindi, non è solo figlia delle azioni di chi governa, ma anche delle omissioni di chi dovrebbe opporsi.
La scelta di Occhiuto, infatti, non è casuale, ma risponde a una precisa necessità strategica che va oltre la semplice tattica politica. Piuttosto che attendere il logoramento di fine legislatura e presentare un bilancio concreto del proprio operato, Occhiuto sceglie di azzerare il tavolo e dettare lui stesso i tempi e le regole del gioco, costringendo gli alleati a serrare le fila e neutralizzando ogni dibattito sulla sua ricandidatura.
Questa strategia però, si regge su una contraddizione che sembra mancare di rispetto all’intelligenza stessa dei calabresi. Da un lato, Occhiuto si presenta come il governatore del fare, l’innovatore che ha sbloccato la Calabria elencando cantieri e progetti: ospedali, strade, aeroporti, metropolitane. Tutto vero. Dall’altro, per motivare il suo gesto estremo, descrive uno scenario di impotenza totale, con un’amministrazione dove “nessuno si assume la responsabilità di firmare niente” e dove funzionari e “politici di secondo livello” lo boicottano per garantirgli un “pessimo fine mandato”.
Come possiamo credere a entrambe le narrazioni contemporaneamente? Se il governatore è così efficace, come può essere così impotente? E se la regione è paralizzata, che valore hanno i successi che vanta? Questa doppia narrazione è uno strumento retorico su cui ci si aspetta un inequivocabile chiarimento da parte del Governatore.
La crisi politica, in questo senso, sposta l’attenzione da un bilancio sui risultati a un dibattito sulla crisi stessa, eludendo la rendicontazione su promesse importanti come l’Alta Velocità, i cui cronoprogrammi ufficiali mostrano ancora scadenze lontane, o la sanità, che nonostante gli evidenti sforzi e il doppio ruolo di Governatore-Commissario, resta ultima in Italia per prestazioni erogate e ancora soggetta a un commissariamento che dura dal 2010.
Lo spessore politico del Governatore Occhiuto si materializza dunque con la decisione di dimettersi, presa in solitaria e non concordata con la squadra di governo, ciò ha di fatto costretto gli alleati a una lealtà forzata, ridisegnando gli equilibri a suo esclusivo vantaggio.
Ma questo atto di potere verticale non è solo uno schiaffo ai suoi consiglieri, mandati a casa in anticipo; è, a mio avviso, un affronto al patto democratico con gli elettori dal quale nessun politico si può sottrarre.
Questa crisi, nata ai vertici, produce un inevitabile effetto a cascata sui territori. I consiglieri regionali si trovano ora a dover giustificare una decisione che li ha scavalcati. Un’ironia politica che merita anch’essa una riflessione.
In diverse realtà locali, inclusa la nostra, si assiste a dinamiche di potere verticistiche. Pensiamo, ad esempio, a un consigliere regionale del nostro territorio, eletto con la promessa di un modo nuovo di fare politica, lontano da logiche “becere”. Oggi, si trova a dover difendere un atto di potere centralizzato imposto dal suo leader. La stessa “logica dell’accentramento del potere” che, come ho avuto modo di denunciare in contesti locali, rischia di “imbavagliare la democrazia” e tradire il patto con i cittadini, è la stessa logica che oggi quel consigliere si trova a subire. È la dimostrazione di come certi modelli piramidali, se non contrastati a ogni livello, finiscano per condizionare l’intero sistema politico, mettendo in difficoltà anche chi ne è partecipe.
Mentre attendiamo la formalizzazione delle dimissioni con nuovi e più esaustivi perché, la Calabria vive in un limbo, una condizione dove il futuro è ostaggio di un azzardo politico.
Saremo noi a decidere se questo gesto sia stato l’inizio di una nuova fase di slancio o l’ultimo atto di una politica che dovrà fare i conti con se stessa.
Andrea Lancia