Terremoto in Calabria. L’ipotesi dimissioni di Occhiuto: cosa succede ora? Leggi, scenari e poltrone
Di Andrea Lancia
Da una veloce analisi delle procedure, delle regole e dei futuri assetti politici nel caso in cui il Presidente della Regione dovesse lasciare si potrebbe facilmente ipotizzare che la Calabria vada dritta al voto nel quarto trimestre del corrente anno, aprendo una fase congiunturale politica dall’esito veramente incerto.
Immaginiamo lo scenario, per ora solo un’ipotesi politica: il Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, presenta le sue dimissioni. Non si tratterebbe di una semplice sostituzione al vertice, ma dell’innesco di un vero e proprio terremoto istituzionale.
La domanda che sorge spontanea è: cosa succederebbe il giorno dopo?
La risposta affonda le radici in un principio costituzionale tanto ferreo quanto affascinante, che lega il destino del Presidente a quello dell’intero Consiglio Regionale. La conseguenza più drastica e immediata sarebbe lo scioglimento automatico del Consiglio e la decadenza dell’intera Giunta. Non si tratta di cambiare un singolo tassello, ma di azzerare l’intera plancia di gioco, riportando la Calabria alle urne per rinnovare completamente la sua classe dirigente.
Per capire un effetto così dirompente, bisogna conoscere un principio chiave dell’ordinamento italiano: simul stabunt vel simul cadent. Tradotto dal latino, significa “insieme staranno oppure insieme cadranno”.
Possiamo vederlo come il legame che unisce un capitano alla sua nave. Il Presidente è il capitano, scelto direttamente dai cittadini per seguire una rotta precisa: il suo programma elettorale. Il Consiglio Regionale è l’equipaggio, eletto per lavorare con quel capitano su quella rotta. La logica è semplice: non si può cambiare il capitano a metà viaggio senza cambiare anche l’equipaggio, perché entrambi hanno ricevuto un mandato congiunto dagli elettori.
Questo principio, introdotto con la riforma costituzionale del 1999 (articolo 126), mira a garantire stabilità, evitando le continue crisi di governo del passato. Le dimissioni volontarie del Presidente sono una delle cause che, come una mozione di sfiducia o un impedimento permanente, attivano questo “effetto domino” in modo automatico. Da un lato, questo sistema disincentiva i “franchi tiratori” nella maggioranza, perché una crisi porterebbe tutti a casa. Dall’altro, elimina soluzioni intermedie: una frattura politica insanabile ha come unica via d’uscita il ritorno al voto.
Una volta formalizzate le dimissioni con una comunicazione scritta al Presidente del Consiglio Regionale, si avvia una procedura scandita da tempi precisi:
- Convocazione del Consiglio: Il Presidente dell’assemblea deve convocarla entro dieci giorni.
- Dibattito in Aula: Il Consiglio si riunisce per discutere le dimissioni. È un passaggio puramente politico: l’aula non vota per respingerle o approvarle, ma ne prende semplicemente atto.
- Scioglimento: Al termine della seduta, il Presidente del Consiglio dichiara ufficialmente sciolta l’assemblea. Parte così il conto alla rovescia per le nuove elezioni.
Con lo scioglimento del Consiglio, la Calabria non resta senza guida. Le funzioni del Presidente vengono assunte automaticamente dal suo Vicepresidente, che nell’attuale giunta è Filippo Pietropaolo (Fratelli d’Italia).
Tuttavia, il suo ruolo e quello della Giunta dimissionaria sarebbero limitati all'”ordinaria amministrazione”. Cosa significa?
• Cosa si può fare:
Garantire il funzionamento della macchina regionale. Pagare gli stipendi, onorare i contratti, assicurare i servizi essenziali (sanità, trasporti) e gestire le emergenze. L’obiettivo è sostanzialmente “tenere le luci accese”.
• Cosa non si può fare:
Prendere decisioni strategiche. Sono esclusi nuovi grandi progetti, nomine importanti, l’approvazione di piani sanitari o la programmazione di fondi europei. Il governo è, di fatto, privato del suo potere di indirizzo politico.
Questa fase, detta prorogatio, crea un inevitabile “vuoto di governance” che, in una regione con sfide complesse come la nostra, può costare caro in termini di ritardi su progetti e mancate opportunità, specialmente sui fondi UE.
Le nuove elezioni, quindi, dovrebbero tenersi entro tre mesi dallo scioglimento. La legge elettorale calabrese (L.R. 1/2005) è pensata per garantire la governabilità. Ecco i suoi punti chiave:
• Premio di Maggioranza: La coalizione che vince si assicura almeno il 55% dei seggi, per avere una maggioranza solida.
• Soglie di sbarramento: Le coalizioni devono superare l’8%, le singole liste il 4%.
• Niente voto disgiunto: Non si può votare per un candidato presidente e per una lista a lui non collegata. Questo rafforza il principio del “insieme staranno oppure insieme cadranno”.
• Doppia preferenza di genere: Si possono esprimere due preferenze, ma devono essere per un uomo e una donna, pena l’annullamento della seconda.
Dunque, le dimissioni aprirebbero una fase di intense manovre. Partendo dall’attuale composizione del Consiglio. Ecco qualche scenario plausibile:
a. Il Centrodestra al bivio:
La coalizione (Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e alleati) che ha stravinto nel 2021 dovrebbe innanzitutto ritrovare l’unità. Ma i rapporti di forza nazionali sono cambiati: Fratelli d’Italia, oggi primo partito, potrebbe rivendicare la candidatura alla presidenza. D’altro canto, Forza Italia, forte del radicamento di Occhiuto, difficilmente cederebbe la leadership. La capacità di trovare un accordo sarà cruciale per evitare una spaccatura che aprirebbe praterie agli avversari.
b. Il Centrosinistra e la sfida dell’unità:
La storia recente del centrosinistra calabrese è una cronaca di divisioni, come dimostra la sconfitta del 2021 con il campo progressista spaccato in tre. Un voto anticipato sarebbe l’occasione per costruire un “campo largo” competitivo unendo PD e Movimento 5 Stelle, ma le rivalità locali e la difficoltà nel trovare un candidato unitario restano ostacoli enormi. Il successo dipenderà dalla volontà di superare i veti incrociati.
c. I “signori delle preferenze” e le liste civiche:
Qualsiasi analisi sarebbe incompleta senza considerare il peso dei singoli candidati e delle loro reti di consenso. In Calabria, spesso il voto è legato più alla persona che al simbolo. Questo favorisce la nascita di liste civiche, che anche nel 2021 hanno raccolto consensi significativi. In caso di voto, queste formazioni potrebbero diventare il vero ago della bilancia, alleandosi con l’una o l’altra coalizione e frammentando ulteriormente il quadro politico.
Le dimissioni del Presidente, dunque, non sarebbero un evento isolato, ma l’inizio di un percorso istituzionale che condurrebbe a un inevitabile stallo amministrativo e a nuove elezioni. Al di là dei giochi di palazzo, la vera posta in gioco riguarda il futuro della Calabria. La domanda finale non è solo chi vincerà, ma se la classe politica saprà offrire la stabilità e l’efficacia di cui la regione ha un disperato bisogno. Le imminenti mosse del Presidente Occhiuto, dunque, sono attese con grande attenzione.