
Locride, quando la burocrazia pesa più della malattia e curarsi diventa un lusso
di Davide Fiorenza
Sono un paziente cardiopatico, dipendente ogni giorno da una compressa che non è un capriccio, ma un farmaco salvavita: il Verquvo.
Il mio cardiologo me lo ha prescritto e, secondo le regole attuali, posso ottenerlo solo presentando il piano terapeutico alla farmacia territoriale di Siderno.
Il meccanismo è semplice solo sulla carta: ogni 28 giorni mi presento lì e mi consegnano due scatole.
Nella realtà è un incubo.
A inizio anno la farmacia è rimasta senza scorte, perché – testuali parole del personale – “non ci sono fondi per ordinarlo”. Risultato? Quindici giorni senza farmaco, costretto a comprarlo di tasca mia in farmacia: 58 euro per una scatola da appena 14 compresse. Una spesa che pochi possono permettersi per lungo tempo.
E oggi il dramma si ripete: da una settimana il farmaco non è disponibile. Ci dicono che “a breve” sarà possibile ritirarlo in tutte le farmacie dietro semplice ricetta, ma allo stato attuale non è stato firmato nessun decreto. Tradotto: la farmacia territoriale non lo ordina, probabilmente per risparmiare; le farmacie private potrebbero darlo, ma solo a pagamento.
Siamo in un limbo burocratico che non ha nulla di clinico, nulla di umano, ma ha tutto di disumano: lascia i malati senza cura, come se le nostre vite fossero un dettaglio da bilancio.
Mi chiedo e vi chiedo: è normale che un paziente debba lottare contro la burocrazia per avere accesso a una terapia prescritta da un medico specialista? È accettabile che lo Stato scarichi sul malato i costi di un farmaco salvavita, con il rischio che chi non può permetterselo rinunci?
Qui non si parla di un ritardo qualunque, ma di salute, di vite umane. La mia e quella di tanti altri che si trovano intrappolati nello stesso meccanismo perverso.
È tempo che le istituzioni si assumano le proprie responsabilità: o si rende subito disponibile questo farmaco in tutte le farmacie, come promesso, o si garantisce che le farmacie territoriali lo forniscano regolarmente.
Non chiediamo privilegi: chiediamo il diritto alla cura.
Perché non c’è nulla di più ingiusto che negare a un malato l’accesso a un farmaco necessario, trasformando la speranza di vivere in un atto di resistenza quotidiana.