
Bruno Grenci: “Quel che resta di noi”
Quel che resta è il titolo di un libro di Vito Teti, si riferisce ai paesi abbandonati e al piccolo mondo antico che non tornerà mai più. E quel che resta della politica cauloniese, come eredità dopo un quarantennio di sinistra egemone e pervasiva, con scappellamenti più o meno qualunquisti, centristi o rinascimentali, l’abbiamo visto il 22 dicembre dell’anno del Signore 2025, di fronte alle macerie della lista “Ripartenza” e degli ammennicoli circostanti. Non vorrei essere enfatico, ma un ciclo, obiettivamente, si è esaurito, finito, concluso.
Come diceva quel tale: “il vecchio mondo sta morendo, quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri”. E che Dio non voglia. Io, che quella sinistra mi ha tenuto sempre a debita distanza come un appestato, maltrattandomi, emarginandomi e bistrattandomi, dovrei esserne felice, Ma non lo sono affatto. Potrei infierire; ma non gioisco né mi sfrego le mani. Ho applaudito Lancia/Dostoevskij perché ha fatto come quello che urlò “il re è nudo”, e ha rotto, Lancia, il tabù della politica del clan e dell’ipocrisia, ma anch’egli e la sua Officina hanno le loro colpe.
Non sarà facile risalire la china per la “Ripartenza” cauloniese e, direi per l’establishment che essa rappresenta, dato che, da una quindicina di anni, sono tutti compagni di strada e di giunte varie, poiché sono sempre gli stessi, che si scambiano i ruoli, una volta al governo insieme, una volta all’opposizione l’uno dell’altra/o. ma solo per la cadrega.
E nemmeno, questi di oggi, possono sentirsi assolti scaricando tutti i mali del Comune su quelli di prima dicendo che hanno trovato disastri. Come diceva quella canzone: anche se vi credete assolti siete lo stesso coinvolti. Tutti, in egual misura. Come non basta più nemmeno dichiarare le buone ma ipocrite intenzioni: “amo il mio paese”, “siamo per il bene pubblico”, “stiamo qui giorno e notte”. Questa litania appiccicosa e paternalista, o maternalista, non funziona più. Duval! direbbe Proietti. Il rispetto e il bene del paese e dei cittadini si avvertono anche a partire da cose piccole e che sembrano insignificanti: si è parlato per tre ore di Arera e di Arrical senza che nessuno spiegasse di cosa si tratta; un dialogo astruso e astratto che in pochissimi hanno capito. Nei primi anni del secolo passato un tedesco di nome Weber introdusse una piccola rivoluzione nel pensiero e nella politica: non contano le intenzioni, per quanto buone o amabili, ma contano i risultati, il responso, la responsabilità. Infatti questo signore ha parlato di etica dell’intenzione soppiantata dall’etica della responsabilità, È la seconda quella che conta. E purtroppo i risultati, il “responso”, sono sotto gli occhi di tutti: La patacca che ci hanno rifilato con il tessuto-non-tessuto sul lungomare; Maietta che arranca; alberi spettacolari rasi a zero; una vasca inutile per raccogliere le acque piovane; due scuole distrutte; un sottopasso della ferrovia indecente e fuorilegge; l’incapacità di realizzare l’isola ecologica; 180 metri di spiaggia persi in trent’anni senza che si sia mosso un dito; una società a tratti depressa, incolta e nichilista, a cui vengono elargiti balletti in piazza e ad effetto sedativo-soporifero, con foto-ricordo della sempre presente assessora di turno; e potrei continuare. Parafrasando il direttore Giovanni Maiolo, e senza alcuna intenzione di fare lesa Maestà, ci vorrebbe un nuovo PROGETTO PALESE. Un dibattito aperto, alla luce del sole; parole e linguaggi nuovi. Programmi e Visioni. Ma, per favore, anche con nuove facce e nuovi protagonisti. Ci avete stancato. Buon Natale a tutti.
Bruno Grenci
