Morto l’ex presidente dell’Uruguay Josè “Pepe” Mujica. Il ricordo di Pasquale Aiello
Si è spento all’età di 89 anni José Alberto Mujica Cordano, meglio conosciuto come Pepe Mujica. Ex presidente rivoluzionario dell’Uruguay, la sua storia è un ricco percorso di esperienze che lo consegnano alla storia come il ‘presidente più povero del mondo’ ma anche il più amato dell’America latina. In un tempo in cui i politici esibiscono il potere e pensano a comandare più che governare, Pepe Mujica è l’emblema di una forma di rivoluzione fra le più complicate, la normalità.
Ha personificato la semplicità e l’essenziale come scelta politica e di vita. “Sobrietà è concetto ben diverso da austerità, in Europa avete tagliato tutto e lasciato la gente senza lavoro. Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non lo faccio con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farsi schiavizzare dal lavoro per permettersi consumi ingenti che però tolgono il tempo per vivere”.
E’ questa la sua filosofia e il suo pensiero che hanno accompagnato tutta l’azione politica. Egli ha lasciato, da presidente, ma anche da uomo, un’impronta autentica ed esclusiva che si ripercuote in tutto il mondo e che difficilmente verrà cancellata. Questo ragionamento sovversivo che Pepe Mujica ha pronunciato chiaramente, per la prima volta, alla Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile il 21 giugno 2012 in Brasile, ammonisce in modo memorabile tutti quei paesi dove la democrazia ha lasciato il posto al liberismo, dove lo stato sociale è solo un illusione, dove esiste ancora lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, le politiche ambientali sono soltanto parole e i diritti non sono per tutti. Pepe il campesinos, il venditore di fiori che coltiva la terra e vive con la moglie, anch’essa guerrigliera e politica in una semplice cascina nella campagna di Montevideo.
Pepe il presidente rivoluzionario, la cui fede comunista gli è costata il carcere. Pepe il guerrigliero “tupamaros”, una organizzazione impostata sulle dottrine rivoluzionarie, di ispirazione marxista-leninista, che si opponeva alle disuguaglianze sociali e alla linea autoritaria del governo uruguaiano, che lottava per i diritti e prese il nome da Tupac Amaru II, un leader indigeno peruviano della lotta contro la dominazione spagnola, Pepe col suo vecchio “maggiolino” per le strade di Montevideo. Pepe che nel suo paese è diventato una guida e un esempio di vita. Pepe e il sostegno alle esperienze socialiste dell’America Latina, soprattutto alla Rivoluzione Cubana di Fidel e Guevara.
Pepe che è stato ricevuto anche da Papa Francesco, col quale, sicuramente, ha condiviso molte delle idee espresse nell’enciclica. Pepe, un uomo eccezionale, unico, che nessuno può paragonare ad altri capi di stato. Pepe ex presidente di un paese affascinante in un continente che sta sperimentando cambiamenti e strade nuove. E ancora Pepe che ha donato il 90% del suo stipendio come sollievo alla povertà. Pepe che ha legalizzato, primo al mondo, la cannabis in Uruguay, per debellare lo spaccio dei narcotrafficanti.
Pepe Mujica non è un mito ma il modello di uomo politico a cui tutti i governanti dovrebbero aspirare e la sua vita vissuta è la grande eredità che tutti dovremmo difendere, farne tesoro e proseguire nella lotta per cambiare il mondo affinché i giovani, che Pepe considerava tanto, abbiano la speranza di un futuro migliore.
Pasquale Aiello