L’uomo che sfidò la ‘ndrangheta: il ricordo di Peppe Valarioti a 45 anni dall’omicidio

L’uomo che sfidò la ‘ndrangheta: il ricordo di Peppe Valarioti a 45 anni dall’omicidio

di Pasquale Aiello

Un uomo e un attivista politico incorruttibile, integro e con una onestà intellettuale come pochi. Si tratta di Peppe Valarioti. In questo mese si è celebrato l’anniversario della sua morte avvenuta a Nicotera,  l’11 giugno del 1980 per mano della ndrangheta, dieci km più a nord della sua Rosarno, in Calabria,dove era nato nel 1950, e in Calabria aveva deciso di rimanere e lottare per la sua terra. Era un giovane professore al liceo scientifico, amante dell’archeologia e anche un consigliere comunale e segretario della sezione comunista di Rosarno. Aveva sposato l’idea Comunista per difendere la libertà e la democrazia denunciando il malaffare perpetrato dalla ndrangheta, dove, in un territorio come quello della piana di Gioia Tauro, la faceva da padrona con uno strapotere sconfinato imponendosi con i suoi mezzi violenti e intimidatori negli appalti delle opere pubbliche e nella società civile. A Rosarno, come in tante altre città della piana, operava un partito Comunista che rivendicando lavoro, diritti e uguaglianza sociale opponeva una ferma azione di contrapposizione tenace e determinata ai loschi affari della ndrangheta che influenzava l’intero tessuto sociale e  si reggeva soprattutto su un sistema di favoreggiamento e omertà. Peppe Valarioti, da qualcuno ribattezzato il ‘Peppino Impastato di Calabria’, fu sempre in prima linea nel denunciare accordi, complicità e angherie varie insieme ai compagni più grandi dirigenti di partito, abili amministratori e parlamentari e molti militanti, e insieme  a loro portare avanti le lotte dei braccianti per i salari e i diritti, concedendosi così, un alito di libertà e una speranza di riscatto. Un respiro nuovo che, per la ndrangheta andava soffocato sul nascere per continuare a controllare con la paura la popolazione e, di conseguenza, mantenere il predomino sull’intero territorio. Si decise, così, che quella giovane voce libera andava messa a tacere. Peppe Valarioti, baluardo di libertà e uguaglianza viene assassinato anche con la complicità di ‘certa politica’. Era animato da una forza ideale incomparabile Peppe, che cercava di trasmettere a chiunque e riversare in qualunque azione sociale e politica per migliorare la Calabria e contribuire a liberarla dall’oppressione della ndrangheta, ma la criminalità organizzata, specie nella piana era molto infastidita dall’attivismo di Valarioti che alla guida di un vitale e dinamico partito comunista, rappresentava il classico ‘bastone tra le ruote’  nel connubio criminale mafia-politica guidato dai boss che dominavano il territorio. «Se volete incontrare Peppe Valarioti andate nelle piazze dove i giovani si battono contro il razzismo, la violenza e le ingiustizie. Lo troverete lì e vi accoglierà a braccia aperte» disse Peppino Lavorato, militante e dirigente comunista, in occasione del 40° anniversario della morte. E’ per questo che bisogna tenere sempre vivo il ricordo di persone come Peppe Valarioti e tanti altri che hanno pagato con la vita l’opposizione al potere mafioso. A distanza di tanto tempo, la speranza è che anche i giovani di oggi possano fare tesoro del sacrificio di questi uomini e continuare la lotta,  contro un nuovo sistema mafioso, evoluto e proiettato verso i mercati per contaminare l’economia legale attraverso il riciclo di capitali illeciti, e si serve di un apparato che non usa più la coppola e il fucile ma indossa il colletto bianco e dispone della tecnologia informatica. Tuttavia, non per questo meno criminale e destabilizzante per l’intera società. 

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