Il giornale “L’Espresso”: la Locride dimenticata nel fango

Il giornale “L’Espresso”: la Locride dimenticata nel fango

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Espresso

Il disastro che ha colpito la provincia di Reggio Calabria era prevedibile. Ma per questo governo, come per gli altri precedenti, il Sud e la Calabria non sono in cima alle priorità degli investimenti. Intanto i cittadini volontari si sono messi a lavoro. Ma la regione è tagliata fuori, isolata da tutto e ignorata. Anche dai media

di Giovanni Tizian

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L’unico binario su cui corre la vecchia lettorina diretta a Reggio Calabria è sprofondato nel vuoto. La statale 106- l’unica via di collegamento per gli abitanti della Locride che vogliono muoversi verso Reggio oppure verso nord- piegata e sbriciolata dalla bomba d’acqua che la fiumara gli ha scaraventato a dosso.

La provincia di Reggio Calabria trasformata in una grande pozzanghera di fango. Isolata dal resto della regione e dell’Italia. Del resto, come tutto il Sud, l’isolamento è quotidiano: dimenticata dal governo, dalle industrie e dai media.

Sono una quarantina, intanto, i comuni colpiti che da 24 ore sono inaccessibili. La 106 si è frantumata in quattro punti. Il primo tratto tra Palizzi Marina e Brancaleone. Il secondo in località Marinella di Ferruzzano. Il terzo tra Bovalino Ardore. Il quarto tra di Marina di Caulonia e Riace Marina.

ferrovia

La strada statale 106 e i binari della ferrovia sono stati spazzati via dall’esondazione del torrente Ferruzzano, in provincia di Reggio Calabria. Il torrente ha danneggiato seriamente sia la statale che i binari, al punto da renderli assolutamente impraticabili
L’indignazione però è stata minima, anche i media nazionali, molto presenti in altri luoghi disastrati, non hanno seguito con grande attenzione quanto accaduto. Eppure la Calabria è stata spesso al centro della cronaca quando qualche politico corrotto è finito dentro per complicità con la ‘ndrangheta. Se c’è l’ombra delle ‘ndrine, ma deve essere qualcosa di eclatante, questa terra di mezzo tra la Sicilia e la provincia di Cosenza, viene raccontata nei suoi mille rivoli criminali.Ma quanto accaduto in questi giorni di diluvio e tempesta fa emergere qualcosa di più. Ci consegna la fotografia di una provincia abbandonata a se stessa e alla volontà dei singoli di tenerla viva. Mentre si continua a discutere di ponti megagalattici, per i cui progetti lo Stato ha speso un’infinità di denari, e di fondi speciali per il Giubileo, il presidente del consiglio e i ministri della sua squadra, seguendo il cattivo esempio di chi li ha preceduti, non ha messo in cantiere l’unica grande opera necessaria nella Locride: la messa in sicurezza dei territori e i collegamenti primari. Un grande cantiere che sarebbe dovuto partire molti anni fa.Ancora oggi, però, manca una ferrovia “normale” (qui c’è sempre il solo e unico binario) e l’arteria principale è sempre quella, la 106: una corsia per carreggiata(tranne per pochi chilometri) e in alcuni tratti persino a scorrimento alternato. Tutto questo non è degno di un Paese civile. La costa Jonica continua a vivere i suoi giorni, governo dopo governo, nelle stesse condizioni. Basta una frana, un’alluvione, una mareggiata e decine di comuni piombano nel buio, inghiottiti dal fango. Nel silenzio più totale. Già, perché qui non ci sono grandi città, né metropoli che catturano l’attenzione dei giornalisti, né politici di rango protagonisti del disastro (al massimo qualche assessore o sindaci sconosciuti ai più) e quindi degni di attenzione mediatica. Neppure il premier Matteo Renzi, sempre molto attivo sui social ha speso una parola per il disastro di queste notti.ponte evidenza

Ci sono solo inermi cittadini, senza voce, già vessati quotidianemente da poteri criminali e mafiosi. Costretti a convivere distanti da chi prende le decisioni sul futuro dei loro paesi e incapaci di incidere su queste scelte, che troppo spesso sono “non scelte”.

La statale maciullata, il binario sospeso nel vuoto, il mare Jonio gonfio che ingurgita la costa e le fiumare che travolgono tutto ciò che trovano. Sono le immagini dell’abbandono di una figlia da parte dello Stato. Fotogrammi di un’indifferenza che fa male e allontana ancora di più i cittadini dalla politica. Gli stessi cittadini che in queste ora, vista la latitanza delle istituzioni, si sono rimboccati le maniche e hanno iniziato a spalare il fango.

In altre situazioni avrebbero titolato: “Gli angeli del fango”. Ed eccoli, anche in questa terra dimenticata. Sono stati i primi a intervenire. Al servizio della comunità. Le jeep, per esempio, necessarie per salire nei paesi bloccati sono state messe a disposizioni da chi le aveve parcheggiate nei garage. Autogestione, come accade da secoli. Nell’attesa, irritante, che da slogan elettorale le questioni irrisolte del Sud, e della Calabria, diventino realtà.

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