Intercultura al “Giacomo Leopardi” di Siderno

Intercultura al “Giacomo Leopardi” di Siderno

INTERCULTURA ALLA GIACOMO LEOPARDI:PER UNA SCUOLA CHE INCONTRA.

Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.

Un passo che in molti conoscono, quello dell’opera colossale Il Piccolo Principe di Saint-Exupéry, che è stato al centro di un fervido scambio culturale avvenuto ieri mattina all’Istituto scolastico paritario “Giacomo Leopardi” di Siderno. La scuola promuove e abbraccia da qualche tempo un originalissimo progetto, “Incontri per caso”, realizzato e fortemente voluto da Evelyn Candido, insegnante di lingua francese all’interno della scuola.IMG-20151203-WA0008 L’iniziativa, dal forte impianto didattico-culturale, persegue una molteplicità di scopi: innanzitutto, quello di realizzare incontri di conversazione in lingua francese con gli alunni del triennio; favorire lo scambio interculturale tra i ragazzi e i giovani immigrati che si rivolgono loro, appunto, in lingua e, infine, rivalutare il francese, per molto tempo considerato un idioma secondario, ma di cui oggi è bene riscoprire il profondo valore culturale. Scambi di opinioni, esperienze di vita vissuta, temi profondamente attuali: sono questi gli elementi alla base del progetto che hanno dato forma a un incontro, il quinto per la precisione, dal forte stampo interculturale. Protagonisti di questo scambio, dunque, giovani immigrati, giunti nel nostro territorio con un forte bagaglio di esperienze e con un carico di speranza da trasmettere alle nuove generazioni. E la Giacomo Leopardi crede in questo, Evelyn Candido ancora di più tanto IMG-20151203-WA0010da organizzare ben dieci incontri, ognuno improntato su un tema diverso.

Prima di ascoltare la conversazione, mi soffermo a parlare con la titolare dell’Istituto, Rosamaria Marzano, che mi offre alcune interessanti informazioni sulla storia e gli obiettivi della scuola.

La Giacomo Leopardi – sostiene – nasce come una scuola privata per poi diventare paritaria per l’indirizzo commerciale. Oggi possiamo considerarla una scuola a tutti gli effetti, capace di organizzare stage aziendali, alternanza scuola-lavoro e viaggi di istruzione. Il nostro obiettivo non è quello di creare diversità – continua – ma di offrire una valida alternativa a tutti quei ragazzi che vivono situazioni difficili o che non si sono sentiti pienamente integrati negli istituti frequentati in precedenza. In una società in cui tutto viene estremizzato, offriamo ai giovani accoglienza, cordialità e vogliamo che loro pretendano da noi un servizio più che eccellente, quello che tutti i nostri insegnanti offrono quotidianamente. Soprattutto, il nostro obiettivo è trasmettere in loro la voglia di imparare attraverso un metodo personalizzato perché, in fondo, la vita è un continuo esame.

Raccolte queste considerazioni, mi dirigo in classe dove al centro della cattedra trovo il Piccolo Principe, letto e commentato in lingua francese da Jean-Claude Ntelo-nseki, affiancato dal prezioso supporto di Evelyn e degli stessi ragazzi che, straordinariamente incuriositi, non esitano a porre lui domande, curiosità e perplessità, partendo da temi importanti che il testo in questione veicola: l’amore, il rispetto, la libertà e il senso della responsabilità.

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Il dibattito interculturale si accende man mano che Jean-Claude parla, articolato da continui stimoli da parte dell’insegnante e favorendo, così, un ricchissimo brainstorming.

Cosa significa per voi rispetto? – chiede Evelyn ai suoi alunni.

Rispetto – rispondono alcuni – è non giudicare, lasciare l’altro pienamente libero di decidere, accettare una persona per quello che è.

E che cos’è per te questo valore, Jean-Claude? – continua: è, innanzitutto, dire no al razzismo perché il rispetto non è una questione di pelle.

In questo continuo boomerang di parole tra ospite e alunni, chiediamo a Jean-Claude di raccontarci la sua storia e, mentre parla, apre a noi un mondo che sa di forte e di inedito.

La mia storia inizia il 20 Gennaio 2015 – racconta. Mi trovavo nel mio paese, nel Congo Kinshasa, durante una protesta universitaria contro il cambiamento governativo. A causa della ribellione, sono morti 421 studenti, i cui cadaveri sono stati accumulati e seppelliti come se fossero rifiuti. Io sono stato testimone oculare di tutto questo e, per il mio governo, ciò comporta un gravissimo reato. Per questo motivo sono stato rinchiuso in una prigione, vivendo per quarantotto ore senza cibo né acqua. Fui avvertito che da lì non sarei uscito vivo entro il quinto giorno e allora decisi di scappare. IMG-20151203-WA0009Saltai dalla finestra della mia prigione, attraversai il fiume e arrivai nel Congo Brazzaville. Lì ho lavorato per la chiesa cattolica come agricoltore per la durata di quattro mesi e sono riuscito ad ottenere i documenti necessari per trasferirmi in Italia. Giunsi nel vostro paese in aereo, precisamente a Torino dove ho fatto richiesta di asilo e ho vissuto per ben un mese e mezzo da clochard, dormendo all’aperto tra Parco Valentino e Parco della Repubblica. Alla fine, sono arrivato a Gioiosa Ionica, paese che da subito mi ha accolto all’interno della Recosol.

Chi era Jean-Claude prima di tutto questo? – continuano a chiedere.

Ero un ragazzo come tanti che ha studiato scienze commerciali all’Università del Congo. Sono sposato, padre di cinque figli e attendo con forza e speranza che la mia famiglia possa raggiungermi qui, un giorno.

Quale messaggio, nato dalla lettura di queste pagine, vuoi lasciare ai ragazzi?

Sono molto contento di questo incontro, mi fa sentire accettato e mi dà una grande opportunità, che è quella di integrarmi attraverso la mia storia. Oggi mi sento di dire ai ragazzi poche cose ma importanti. Studiate, conoscete, imparate perché questo è il vostro tempo.

Nulla da aggiungere, dunque, ad un incontro che lascia senza parole, arricchendoci di tanti spunti di riflessione. Vedere le cose con i propri occhi, dapprima, e vederle attraverso nuovi occhi, poi, è qualcosa di straordinario. Perché le esperienze ci formano, ci cambiano, ci scuotono; sono proprio loro a darci orecchie, bocca, mani e gambe diverse a seconda del viaggio. E quando a viaggiare è una scuola, sono gli insegnanti e gli studenti insieme a protagonisti come Jean-Claude, il senso del viaggio non può che essere fantastico.

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