Salvatore Fuda interviene sulla vicenda di Prisdarello

Salvatore Fuda interviene sulla vicenda di Prisdarello

25 APRILE 2016

71° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DELL’ITALIA DAL NAZIFASCISMO

Il 25 aprile è un momento fondante della storia e dell’identità del nostro Paese. Per questo è importante fermarsi e riflettere su quello che è stato e su cosa, di quelle vicende e di quelle storie, siamo riusciti a conservare.
La Resistenza ha implicato il sacrificio di tanti uomini e tante donne, giovani soprattutto, che hanno pagato con la vita il loro desiderio di Libertà. Una Libertà che quella Resistenza ha conquistato e ha consegnato a questo Paese, dopo aver vissuto la drammatica esperienza del fascismo e della guerra.
La Resistenza ci ha consegnato l’Italia come una Repubblica democratica.
La Resistenza ci ha consegnato la “ricetta” per vivere insieme e in Libertà. Quella “ricetta” è contenuta nella “Costituzione della Repubblica Italiana”, una splendida raccolta di regole di comportamento, solido fondamento del nostro vivere civile. Tuttavia la Resistenza ci ha consegnato la Libertà nella sua dimensione formale, rimandando ai cittadini, organizzati in Istituzioni, il compito di “produrre” una società in cui ognuno possa vivere liberamente.
La Libertà, o meglio le Libertà, non sono dei valori in sé. Le Libertà sono dei “prodotti”. I valori sono l’energia, la spinta che induce l’uomo ad assumere un determinato comportamento. Poi sono i comportamenti assunti che producono il “vivere le Libertà”, individualmente o collettivamente, o al contrario ne determinano la loro asfissia.
Più valore diamo ad un comportamento, più lo sentiamo utile per noi stessi e per gli altri, più siamo portati ad assumerlo. Più valore diamo ai comportamenti che la Costituzione direttamente prescrive, e a quelli dettati dalle Istituzione che la stessa organizza gerarchicamente, comprese quelle sovranazionali, più siamo portati ad assumerli e quindi a produrre un “vivere in Libertà”.
Ovviamente i valori sono il frutto dell’attività valutativa dell’uomo, esercitata in una doppia dimensione: individuale e collettiva. Per cui essi sono soggetti a mutamento: si possono rafforzare o affievolire.

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Ci sono alcuni comportamenti, all’interno della comunità, che nel tempo possono perdere valore e altri che invece possono assumerlo; e conseguentemente le regole possono mutare, adattarsi agli interessi di una comunità. Ma ci sono alcuni comportamenti che, pur avendo un valore per l’individuo che li assume, o per un gruppo di individui che li assumono, producono un danno alla comunità intera. Sono tutti quei comportamenti che producono violenza dell’uomo sull’uomo, e che finiscono per soffocare quel “vivere in Libertà” che i più, attraverso i loro comportamenti, tendono a costruire.
Purtroppo dopo 71 anni, da quel 25 aprile del 1945, ancora gli italiani non godono materialmente di tutte quelle belle Libertà, i cui semi furono piantati nella Costituzione e ancora aspettano di germogliare. Godono ancora meno i popoli del Sud, e della Locride in particolare. Le nostre, sono comunità in catene. Tanti gli uomini e le donne che con riescono ad avere la Libertà dal bisogno economico, disperati e avviliti. Tanti i giovani che non sono liberi di scegliere se restare o partire, ma sono costretti a scappare. Non siamo liberi di curarci nelle strutture sanitarie del territorio, non siamo liberi di muoverci come qualunque altro cittadino europeo, non siamo liberi per come quella Costituzione, la nostra Costituzione figlia della Resistenza, ci dice di dover essere. E poi ci sono le mafie, che pare soffochino questo paese da Nord a Sud. La ’ndrangheta in queste nostre terre, sa bene come far sentire il suo alito pesante sulle comunità.
Per fortuna ci sono ancora pezzi di comunità “resistenti”, belle persone che si danno per la propria Libertà e per quella degli altri, che sono capaci di aprire le porte e accogliere chi ancora in questo mondo è travolto dalla guerra e dalla fame. Ci sono bambini, ragazzi e persone adulte, professionisti, operai e mamme, associazioni, gruppi e movimenti, politici, magistrati e preti, che fanno di questa Italia, di questo Sud e di questa Locride, una terra per la quale vale la pena Resistere. Tuttavia è necessario prendersi per mano tutti insieme, e stare tutti dalla stessa parte. Non si può non parteggiare nella lotta per la Libertà: o si sta da una parte o si sta dall’altra. O si dà valore a quei comportamenti, individuali e collettivi, che mirano a realizzare l’interesse generale, oppure si sta dall’altra parte e si assumono comportamenti che soffocano il “vivere in Libertà”.

Salvatore Fuda

Salvatore Fuda

Quest’anno, autonomamente, la comunità di Prisdarello ha scelto di festeggiare il 25 Aprile, in un modo e in un momento particolare, non solo per quella frazione, ma per tutta Gioiosa e per l’intero territorio.
Ha deciso di farlo in modo semplice riunendosi, nei pressi del sagrato della Chiesetta, per ascoltare i canti della Resistenza e poi insieme consumare una colazione a sacco. Una iniziativa apprezzabile, le cui parole d’ordine sono lotta alla ’ndrangheta, lavoro e diritti.
Tutto nasce dal fatto che la piccola comunità di Prisdarello si è sentita colpita nella sua dignità, dalle ricadute che ha avuto l’ampio dibattito pubblico sviluppatosi nelle scorse settimane, in seguito alle dichiarazione rese dal collaboratore di giustizia Antonio Femia, secondo cui la ’ndrangheta, per la costruzione della chiesetta di Prisdarello, avrebbe messo dei soldi.
Le ragioni che mi hanno trattenuto dall’intervenire nel dibattito, pur seguendolo e rispettando le posizioni assunte dalla parrocchia, sono le stesse per le quali invece contrariamente oggi intervengo. E sono legate al fatto che in questi casi, come spesso succede, il rischio è quello che le vicende vengano strumentalizzate per dibattere tesi negazioniste, secondo cui il male di questa terra è l’immagine negativa che della stessa viene proiettata da certa stampa.
Oggi, in questo 25 aprile, per evitare che ciò avvenga, mi permetto di fare una breve riflessione, al fine di tracciare una linea netta, a nome dell’Amministrazione che rappresenta l’intera comunità.

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Ho condiviso e apprezzato, la serietà delle parole con le quali Sua Eccellenza il Vescovo Monsignor Francesco Oliva ha affrontato da subito la questione, dicendo che nel caso in cui venisse dimostrato che anche un centesimo dei fondi che sono serviti alla costruzione di quella chiesetta provenisse da attività illecite, l’avrebbe simbolicamente riscattata attraverso opere di carità a persone bisognose.
La Chiesa è un’Istituzione morale importantissima. È verosimile che la ’ndrangheta, come le altre organizzazioni criminali, in alcuni contesti possa tentare avvicinamenti al fine di speculare sperando di guadagnare in termini di consenso sociale.
La storia della costruzione della chiesetta di Prisdarello, non può essere semplificata e banalizzata per come raccontato recentemente nella nota trasmissione televisiva “Le Iene”. Tuttavia, così come può essere comprensibile, ma non condivisibile, l’uso di tecniche aggressive da parte di alcuni operatori per realizzare particolari prodotti televisivi e le conseguenti nervose reazioni degli intervistati; di contro non può essere giustificata nessun tipo di reazione violenta, fisica o verbale, atta ad intimidire chicchessia.
Nei giorni scorsi la comunità di Prisdarello ha dettagliatamente spiegato le modalità con le quali si sono raccolti i fondi, e le parole autorevoli di S.E. il Vescovo hanno chiarito la posizione della comunità ecclesiastica. Sarà poi compito dei magistrati giudicanti, verificare l’attendibilità o lo stato di salute del collaboratore.
Sono fermamente convinto che la semplificazione, la generalizzazione non aiuta. La comunità di Prisdarello, così come la comunità gioiosana, e le altre comunità che abitano questa terra, sono in larga parte composte da uomini e donne che vivono del sudore della propria fronte.
Detto ciò, in questo territorio la ’ndrangheta esiste, ed assume comportamenti che attentano, restringono e soffocano il vivere in libertà, producendo danni all’intera comunità. Questo vale per Prisdarello, Gioiosa, la Locride, la Calabria, l’Italia e anche per molti territori fuori dai confini nazionali. In questi anni, gli inquirenti e le forze dell’ordine, hanno fatto e stanno facendo un grande lavoro di contrasto e di lotta, ma non è solo una questione della magistratura. Tutti i pezzi dello Stato, uniti, sono determinanti in questo processo di Liberazione che non ha tempi certi.
La “criminalizzazione” dei territori del Sud, figlia dell’eccessiva semplificazione e della mancanza di approfondimento che caratterizzano il modello di società della comunicazione in cui viviamo, incide sulla capacità attrattiva, sulla crescita e sullo sviluppo delle nostre comunità. Essa tuttavia è un fattore aggiunto, l’elemento determinante è l’incapacità diffusa di assumere comportamenti “produttivi di libertà”. Un fatto che va oltre la questione strettamente legata alla ’ndrangheta e al malaffare, che si lega alla quotidianità del nostro vivere: ha più valore adottare un comportamento che realizza immediatamente un interesse particolare e individuale, anche se fuori dalle regole che la comunità si è data, anziché adottarne uno dettato dalla regola, attraverso il quale, oltre a realizzare l’interesse individuale in maniera meno immediata, si realizza il bene comune.

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Il 25 aprile a Prisdarello ha un senso forte, perché deve rappresentare la tappa di un percorso di riscatto delle nostre comunità, da vivere come un momento di assunzione di responsabilità e non con lo spirito di rivalsa e di astio nei confronti di chi ha “infangato” il buon nome della contrada, del paese o della Locride. Dobbiamo volare alto.
Non c’è Resistenza senza sacrificio. Non c’è Resistenza senza l’assunzione di responsabilità, individuale e collettiva, della necessità di vivere nel rispetto delle regole.
Il cambiamento che dobbiamo costruire, coraggiosamente tutti insieme, è un cambiamento che attiene ai nostri comportamenti. È necessario avere consapevolezza e vivere corresponsabilmente la vita di comunità. Ciò vuol dire abbandonare le scorciatoie, abbandonare i guadagni facili, vivere accontentandosi di quello che si riesce a creare con il proprio lavoro, rifiutare le logiche della sopraffazione e della violenza.
Sono convinto che tutti noi dobbiamo fare la nostra parte, assumendo la consapevolezza che sia necessario dare il nostro contributo. Sono convinto che questa terra una speranza ce l’ha: sta nella nostra capacità di assumere comportamenti che “producono Libertà”. Sta nella capacità dei figli di ribellarsi ai padri e non trascinarsi le loro colpe. Sta nella capacità di essere credibili e di misurare le persone sui fatti, andando in profondità e non fermandosi in superficie.
La mia Amministrazione, con sacrifici enormi e pagando dei prezzi altissimi sul piano della serenità personale, sta cercando con i fatti di far compiere dei passi in avanti a questo paese, mettendo in atto buone pratiche amministrative.
Sono orgoglioso del mio paese, e sono orgoglioso di avere l’onore di rappresentare i cittadini gioiosani e di Prisdarello, sono orgoglioso di tutte quelle donne e quegli uomini che vivono rinunciando alle scorciatoie, e di quei giovani che guardano con speranza al futuro.
Sono orgoglioso anche di appartenere, insieme a tutti gli altri, ad una comunità più grande, che è la Valle del Torbido. Non è solo una fredda esperienza amministrativa come potrebbe sembrare, ma si tratta di un investimento grande, perché si sta imparando a stare insieme. Ci vorranno degli anni, ma sono sicuro che la capacità di stare insieme ci darà più forza nell’opera di cambiamento necessaria.
Continuiamo a fare il nostro dovere per realizzare il bene comune. Per Prisdarello in particolare, l’Amministrazione continuerà a lavorare per far rientrare quanto prima nuovamente nella disponibilità dell’Ente l’immobile dell’ex scuola elementare, al fine di restituirlo ad un uso pubblico, nell’interesse della comunità tutta, per dare uno spazio di socialità ai giovani e ai meno giovani: un luogo dove ritrovarsi, gioire della vita e casomai scoprirsi, un 25 aprile qualunque, innamorati della Resistenza e della Libertà.

Gioiosa Ionica, 25 aprile 2016.

Il Sindaco
Salvatore Fuda

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