BAGNARA: I concetti maledetti del Sud alle Notti Disobliate

BAGNARA: I concetti maledetti del Sud alle Notti Disobliate

BAGNARA: I concetti maledetti del Sud alle Notti Disobliate

Indifferenza, ignoranza, pregiudizio, ingenuità, assenza di una testa ben fatta. Sono questi i concetti emersi ieri nel corso delle Notti Disobliate – Maledetto Sud, evento svolto da Disoblio Edizioni  presso la piazza Matteotti di Bagnara Calabra in occasione della serata di apertura del 51° Gran Galà del Pescespada, organizzato dalla Pro Loco di Bagnara Calabra. Cinque concetti venuti alla luce durante un salotto letterario condotto dall’editore Salvatore Bellantone, a partire dai libri “Dalla Calabria alle Langhe” di Mattia Milea, “Una città di minatori” di Saverio Verduci, “Caino” di Giuseppe Bagnato, “Realismo Meridiano” di Gianfranco Cordì e da alcune poesie tratte dai libri “Ti penzu notti e jornu Bagnara” e “Ogni cosa c’u so’ tempu” di Carmine Laurendi.

L’indifferenza che caratterizza il Sud, ha spiegato Mattia Milea dopo i saluti del presidente della Pro Loco Bruno Ienco, è la medesima apatia riscontrata dal partigiano Pasquale Brancatisano, nome di battaglia “Malerba”, una volta rientrato al proprio paese natio, dopo la Seconda guerra mondiale e la lotta per la resistenza e la liberazione dell’Italia dall’invasore. Settant’anni dopo, non è cambiato nulla, ognuno vive nel proprio mondo fatato, ignaro dei grandi avvenimenti nazionali, europei e mondiali e lontano da quelli che accadono sotto il proprio naso, come per esempio la crisi dei settori pesca, agricolo e artigianale che, assieme alla scompenso, causa un malessere generale e una decadenza sociale che spinge i più giovani a lasciare il Meridione in cerca di fortuna in altre regioni e stati economicamente agevolati, per non tornare più indietro.

Questo esodo di massa è il medesimo vissuto dalle generazioni di genitori e nonni di decenni prima, partiti nella speranza di trovare un lavoro stabile, anche il più logorante, capace di far sopravvivere i propri familiari rimasti al Sud e di consentire ai propri figli una vita migliore e una formazione scolastico-accademica in grado di completare la loro coscienza civile e lavorativa. Tanti sono i partiti per la Germania, la Svizzera, la Francia o oltreoceano, o nei cantieri italiani ed europei, come i minatori di Motta San Giovanni. In quel periodo, ha raccontato Saverio Verduci, la città era completamente svuotata di uomini e le donne si occupano di tutto il resto. I minatori mottesi hanno svolto per decenni uno dei lavori più logoranti lontani da casa, per far sopravvivere un’intera collettività, affrontando sacrifici, disastri con la tecnologia e i mezzi del tempo. Ma una volta tornati, hanno subito la beffa della silicosi, che in pochi anni li ha uccisi, privandoli della possibilità di passare almeno la vecchiaia con i propri cari. Oggi si ignorano le storie di questi nostri antenati più vicini e così facendo ci si priva di quella memoria che rende consapevoli della propria identità e del sentiero da percorrere oggigiorno. Si passa il tempo sui social e si perde persino quella genuinità  che caratterizzava le comunità di ieri.

L’ignoranza del passato, insomma, ha generato una degenerazione spirituale generale e tale decadimento si evidenzia nel pregiudizio. In strada e nei social, tutti sono convinti di sapere tutto e di tutti, ha chiarito Giuseppe Bagnato parlando del suo romanzo “Caino”, giudicando chiunque altro e qualsiasi avvenimento sulla base delle apparenze. In questo modo, però, ci si perde la verità dell’altro, la sua complessità, la ricchezza del suo mondo interiore e la possibilità di scoprire, anche, la propria. Caino fa un viaggio con il bene e con il male perché ha bisogno di capire da sé il senso di ogni cosa, di se stesso e di conoscere come stanno davvero le cose. Incontra realmente tanti amici che lo aiuteranno nel suo cammino, ma anche tante altre persone che hanno paura del diverso, proprio come siamo noi dietro i pregiudizi che ci costringono a una vita misera e infelice. Bisogna avere il coraggio di affrontare tutte le sfide che ci si mostrano innanzi e di resistere, di andare avanti fino alla meta, che è la scoperta della verità nella società e della società.

Il disastro peggiore che stiamo vivendo, ha affermato Gianfranco Cordì, non consiste in un fenomeno naturale o in un altro, ma nel nostro modo di pensare, mai cambiato o scalfito nel tempo, che ci ha condotto al malessere e alle difficoltà che oggi stiamo vivendo. È una mentalità retrò, chiusa e ingenua che ha consentito ai potenti di radicare quelle diseguaglianze intercorrenti tra il nord e il sud d’Italia e i nord e i sud del mondo. Il Realismo di cui io parlo, ha spiegato Cordì, è  Meridiano nel senso che è “Meridionale”. È la presa di coscienza che i problemi che viviamo sono sotto i nostri occhi e non possono essere confutati ma è anche la consapevolezza che la colpa è la nostra. È il tempo di cambiare la realtà, ossia di risolvere quei problemi ma ciò è possibile soltanto cambiando mentalità, vale a dire creando, come direbbe Morin, una “testa ben fatta”. E quest’ultima si fa con l’educazione alla condivisione e alla convivenza e il mondo della formazione scolastica e accademico-lavorativa. Dobbiamo puntare sui giovani, sui ragazzi, sulle nuove generazioni, formarle alla libertà e all’intraprendenza e, attraverso di esse, riformarci anche noi. La rivoluzione, intesa come riduzione delle diseguaglianze tra i nord e i sud del mondo, passa soltanto da questa sfida e il tempo che abbiamo a disposizione, come emerso dalla poesia di Carmine Laurendi, è breve. Non sappiamo quanto ne abbiamo ancora.

Accesa infine la lanterna della Disoblio, l’editore Salvatore Bellantone ha espresso la speranza che i cinque concetti maledetti del Sud possano presto trasformarsi nei cinque concetti benedetti del Sud, che coincidono con le parole chiave della Disoblio Edizioni: ricordare, conoscere pensare, partecipare, formare. E con essi, il Sud possa risorgere, essere finalmente libero, vivo davvero.

baganra disoblio edizioni

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