Preti e mafiosi: il Santuario di Polsi e la devozione della ‘ndrangheta

Preti e mafiosi: il Santuario di Polsi e la devozione della ‘ndrangheta

Prima parte: http://ciavula.it/2016/09/preti-mafiosi-caso-don-stilo-natale-bianchi/

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“Don Peppino Giovinazzo, coadiutore del priore al santuario della madonna di Polsi nell’Aspromonte, fu ammazzato nel 1989 come un capobastone lungo la strada che da San Luca porta al convento”. Inizia così il paragrafo sul Santuario di Polsi del libro “I preti e i mafiosi – storie dei rapporti tra mafie e chiesa cattolica” di Isaia Sales.

“Il santuario – prosegue Sales – era stato al centro di aspre polemiche negli anni precedenti. Leggiamo cosa scrive Enzo Ciconte, il più importante studioso della ‘ndrangheta: <<Per antica tradizione, una concessione risalente al tempo dei Borbone, si consentiva l’accesso al santuario anche agli uomini armati, anche se sprovvisti di un regolare porto d’armi. Capitava, così, che ogni anno al termine della festa per la Madonna (che si svolge la prima domenica di settembre) si rinvenissero tra i boschi uno o più cadaveri. Erano persone condannate dal tribunale della ‘ndrangheta, che teneva lì proprio in quell’occasione il raduno annuale dei capi bastone ed emetteva le sue sentenze inappellabili>>. Per evitare tutto ciò, negli anni cinquanta si decise di fare scortare e sorvegliare dalla Polizia i numerosi pellegrini che vi si recavano. Una decisione analoga viene presa nel 1999 dal Questore di Reggio Calabria: <<Qui si danno appuntamento i boss della ‘ndrangheta>> è la motivazione.

Dopo questa ennesima messa sotto scorta dei pellegrini, il priore del convento, don Pino Strangio, decide di rassegnare le dimissioni e dichiara: <<Ora venga a predicare un maresciallo, così la facciamo finita una volta per sempre>>. (E’ lo stesso prete che dopo la strage di Duisburg del 2007, dove furono ammazzate sei persone originarie di San Luca, parlava di una popolazione tutta dedita a dio e ai boschi). E rivolto alla Procura di Palmi afferma: <<Quei signori (i magistrati) sono anni che ci perseguitano. Hanno fatto intervenire sette auto e decine di poliziotti che hanno chiesto i documenti anche a donne e bambini>>. Il questore dell’epoca, Franco Malvano, ebbe buon gioco nel replicare: <<Le nostre carte parlano chiaro. Quello è un posto dove, proprio nel periodo della festa, si danno appuntamento i personaggi più influenti del gotha della ‘ndrangheta. L’elenco dei latitanti catturati o di armi scoperte in quel territorio è abbastanza lungo>>”.

E questo è solo l’inizio del racconto di Isaia Sales, un racconto che stranamente ai giornali calabresi non piace, sempre pronti in nome di un garantismo che non è tale a difendere il peggio della nostra Regione. Eppure il santuario di Polsi ha avuto ribalta nazionale in occasione di due sequestri di persona,  quello dell’imprenditrice milanese Alessandra Sgarella e quello dello studente pavese Cesare Casella.

vaticano

“Le polemiche della chiesa locale contro l’intromissione della Polizia nelle cose di fede è davvero singolare” – sostiene Sales.  “E’ più di un secolo che Polsi è zona di interesse religioso della mafia calabrese, se ne parla abbondantemente anche in letteratura, come nel romanzo di Natalino Lanucara <<Città delle corti>> del 1949. La prima notizia di un summit in quel luogo risale al 1903 e non risulta nessuna iniziativa delle autorità ecclesiastiche per prendere almeno le distanze da questo uso improprio del santuario. Anche dopo la strage di Duisburg la tregua tra i clan in guerra è stata sancita a Polsi”.

“La vicenda – secondo Sales – è così clamorosa che avrebbe meritato un intervento del Vaticano per separare il culto genuino di migliaia di calabresi da quello dei capi della ‘ndrangheta, anche solo per dire che la madonna di Polsi appartiene alla devozione popolare e non può proteggere dei mafiosi. Ma questo intervento non c’è mai stato, nella convinzione che meno se ne parla e meglio è. Il pellegrinaggio mafioso non è mai stato stigmatizzato”.

Anzi, non sono mancate negli ultimi anni le parole dell’ex Vescovo della diocesi Locri-Gerace Morosini che, pronunciate proprio a Polsi durante la festa, provocarono enorme clamore perchè furono lette da molti come giustificatorie nei confronti del rapporto evidente tra quel santuario e la ‘ndrangheta. Lo stesso Morosini che poi, intervistato per la trasmissione Kaos Kalabro di Telemia, ebbe parole durissime verso chi divorzia e chi abortisce.

C’è voluto papa Francesco per scomunicare i mafiosi, dopo tutti questi anni di ambiguità. Il magistrato Nicola Gratteri ha anche espresso timori per la vita del papa, a causa della sua azione riformatrice.

La chiesa locale evidentemente non segue l’esempio del suo papa.

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