Siderno Superiore, presentazione del libro “Bronzi di Riace”. L’enigma dei due guerrieri”

Siderno Superiore, presentazione del libro “Bronzi di Riace”. L’enigma dei due guerrieri”

Arriva dopo “Cittadini e Guerrieri” (Città del Sole 2014) il nuovo libro scritto a quattro mani da Daniele Castrizio, docente di Numismatica dell’Università di Messina e Cristina Iaria, laureata in Lettere Classiche e specializzata in Tradizione Classica, dal titolo

“I Bronzi di Riace. L’enigma dei due guerrieri” (Città del Sole, 2016)

L’autore, dopo aver dedicato la sua prima opera al popolo reggino, descrivendolo come una stirpe di forti guerrieri, abituato alle battaglie e militarmente impegnato a difendere il proprio territorio e a tentare di ampliare i suoi confini e la propria potenza, nel suo secondo sforzo letterario, studia, raccoglie e analizza con annesse criticità tutte le teorie sulla localizzazione delle due opere rinvenute a Riace.

La storia moderna dei bronzi di Riace inizia il 16 agosto del 1972 quando, in seguito a una vicenda dai risvolti ancora non completamente chiariti, presso la località di Porto Forticchio di Riace Marina, furono ritrovate due statue di bronzo, apparentemente senza nessun reperto coevo nei dintorni.

Dopo il recupero, le statue furono avviate a un primo restauro, realizzato tra il 1975 e il 1980 a Firenze. 

Gli obiettivi dell’intervento erano due: pulizia e conservazione delle superfici esterne e tentativo di svuotamento della terra di fusione posta all’interno delle due statue.

Il secondo passaggio coinvolgeva il laboratorio di restauro del Museo di Reggio negli anni 1992-1995 e si concludeva nell’ultimo restauro, tra gli anni 2010 e 2013, effettuato nella sede del Consiglio Regionale della Calabria, a Palazzo Campanella.

Alcune delle teorie sulla localizzazione dei due Bronzi, formulate dopo il loro rinvenimento, si sono basate sull’analisi dettagliata delle immagini; quella riguardante la struttura corporea del Bronzo A, arricchita dalla definizione anatomica estremamente dettagliata, offre allo studioso un’immagine lontana, quasi fredda. Indizi, questi, che caratterizzano in genere il periodo severo e che spingerebbero dunque a considerare questa statua la più antica delle due. Ogni singolo muscolo è evidenziato, le vene ingrossate corrono sotto la pelle. Quasi ossessivo è l’accanimento con cui il bulino dell’esecutore ha definito i solchi delle ciocche e i pesanti riccioli della barba e della capigliatura, il volto sembra infiammato dalla ferocia dello sguardo, enfatizzata dalla nettezza con cui l’ombra scava gli zigomi. Siamo di fronte all’espressione di una maschera da guerra.

 

L’immagine del Bronzo B rileva una postura simile a quella del compagno, ma a essere diverso è il trattamento delle masse, più armonico. L’equilibrio si riflette anche sul volto: l’inclinazione della testa, le labbra socchiuse come fossero pronta a parlare, incorniciata da una morbida barba, la luce diffusa sulle guance, lo sguardo segnato dalla curva abbassata delle sopracciglia; tutto contribuisce a caricare il volto di intensa umanità. Tutte caratteristiche che meglio vedrebbero nell’opera una realizzazione più compitamente classica.

Le differenze riscontrate possono essere ricondotte alla diversa cronologia delle statue, che nella lettura più diffusa non sono contemporanee, o semplicemente rivelare personalità artistiche diverse, il clima potrebbe essere quello della metà del V secolo a. C.

Per capire la provenienza delle due statue, recentemente sono entrati in gioco anche i più moderni metodi scientifici come quello dell’analisi della terra di fusione rinvenuta nelle statue al momento del restauro. 

Movimento Letterario

“Mag. La ladra di libri”

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