Ex Pd, l’enigma del nome: Democratici progressisti esiste già. Ed è di un gruppo renziano

Ex Pd, l’enigma del nome: Democratici progressisti esiste già. Ed è di un gruppo renziano

Sembra di rivedere il siparietto andato in onda a Gazebo, con Makkox che valutava tutte le possibili opzioni per dare un nome al nuovo partito dei fuoriusciti dem. E la conclusione, in effetti, è proprio quella suggerita dal fumettista: sigle disponibili sulla scena politica non ce ne sono più. Anche “Democratici e progressisti”, quella indicata ieri a Roma da Roberto Speranza, Enrico Rossi e Arturo Scotto, in realtà esiste già. O almeno questo è ciò che rivendicano dalla Calabria. Dove, tanto per aggravare la situazione, a chiamarsi “Democratici progressisti” sono proprio i fedelissimi renziani.
A rivendicare la paternità del nome è Ernesto Carbone, il deputato Pd che ha fatto parte della direzione nazionale in quota all’ex segretario. Era stato lui a depositare la sigla e lo stemma a Montecitorio insieme all’altro deputato dem Ferdinando Aiello e al consigliere regionale calabrese Giuseppe Giudiceandrea.

Anche ora, nell’assemblea di Reggio Calabria, sotto quell’insegna ci sono tre rappresentanti eletti nel novembre 2014 a sostegno del governatore Mario Oliverio, quando la lista dei “democratici progressisti” (che per la precisione non prevede la congiunzione ‘e’ né la premessa “Movimento Articolo 1” scelta da Speranza e soci) prese il 7,27 per cento dei voti. E così Carbone ha lasciato intendere di essere pronto a procedere per vie legali per reclamare i diritti su quella sigla politica.
“L’utilizzo del nome potrebbe generare equivoci e confusione”, spiegano i tre detentori.
Una rivendicazione che è stata sottoposta anche a Nico Stumpo, che è stato responsabile organizzazione del Pd e ora sta prendendo in mano la macchina organizzativa della nuova creatura politica. Stumpo che, tra l’altro, come Carbone, Aiello e Giudiceandrea è calabrese.

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