Rischio riciclaggio, il primato della Calabria. Bar e ristoranti i più fragili

Rischio riciclaggio, il primato della Calabria. Bar e ristoranti i più fragili

Fonte: http://www.repubblica.it/economia/2017/05/29/news/rischio_riciclaggio_il_primato_della_calabria_bar_e_ristoranti_i_piu_fragili-166708674/

Reggio Calabria, Vibo Valentia, Catanzaro e Crotone: è un triste primato, quello della Calabria, nella graduatoria del rischio di riciclaggio in Italia. E’ sotto le insegne di bar e ristoranti, naturalmente senza generalizzare, che rischiano maggiormente di annidarsi le “lavanderie” dei soldi provenienti dal crimine.
A gettare luce su quali sono i territori e le attività italiane a rischio riciclaggio è un progetto internazionale (IARM) del centro Transcrime dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Uno studio sviluppato con partner internazionali, tra cui la Vrije Universiteit Amsterdam (Paesi Bassi) e la University of Leicester (Regno Unito), e co-finanziato dalla Commissione europea.
Oggi Transcrime dà conto del lavoro svolto da inizio 2015 e spiega che “le province con il più alto rischio riciclaggio si trovano al Sud, con quattro province calabresi ai primi posti (Reggio Calabria, Vibo Valentia, Catanzaro, Crotone). Sono caratterizzate da alti livelli di infiltrazione della criminalità organizzata, economia sommersa e intensità di contante”. Tra le altre province a rischio vengono citate Palermo, Trapani, Napoli e Caserta. “Tra le regioni non meridionali, le province più a rischio sono quelle di Imperia e Prato dove, accanto a livelli relativamente elevati di economia sommersa, si registrano collegamenti superiori alla media con paesi off-shore e giurisdizioni a rischio”, dice lo studio.
Per costruire il loro indicatore di rischio riciclaggio di denaro, i ricercatori hanno combinato minacce e vulnerabilità dei territori: ad esempio, l’infiltrazione della criminalità organizzata, l’evasione fiscale, l’intensità nell’uso di contante, l’opacità della struttura proprietaria delle imprese in una certa area o settore.
Come mostra la tabella, se si guarda a quali siano i settori di attività economica più fragili si ha la netta vittoria di bar e ristoranti, “a causa dell’uso frequente di contante, degli alti livelli di manodopera irregolare e di infiltrazione della criminalità organizzata”. Seguono altri settori tra cui i servizi, “che comprendono un’ampia varietà di esercizi come centri massaggi, centri estetici ma anche imprese di vigilanza e di investigazione”. Ad altro rischio anche il mondo dell’intrattenimento, “che da un lato include i casinò, le sale slot e videolottery; dall’altro attività correlate come la gestione di attività ludiche, impianti sportivi e stabilimenti balneari2. Infine,”ad alto rischio anche vari segmenti della filiera dell’edilizia, dall’estrazione di sabbia alla produzione di cemento, dalle imprese edili alle attività professionali collegate”.
La ricerca – grazie ai dati forniti da Bureau van Dijk – ha anche scandagliato quanto sono “opache” le strutture proprietarie delle società dei registrate in Italia, Paesi Bassi e Regno Unito, andando a vedere quanti “passaggi” ci sono tra le aziende operative e i loro proprietari ultimi e identificando le aree e i settori più esposti nei confronti di paesi off-shore e giurisdizioni a rischio. “In media, l’opacità delle aziende nel Regno Unito e nei Paesi Bassi è superiore a quella delle imprese italiane, caratterizzate da un controllo più diretto; ma varia molto a seconda del settore di attività economica, con quello degli alberghi, della ristorazione e dell’intrattenimento (società di scommesse, sale slot e videolottery, casinò) in testa”. In media, in Italia ci sono 1,3 scatole tra la società operativa e i controllanti, contro gli 1,6 e 1,7 rispettivamente di Regno Unito e Olanda con punte di 3,7 e 3,4 per le Channel Islands e Isola di Man.

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