Riflessioni di Ilario Ammendolia sul 2 agosto di trentasette anni fa

Riflessioni di Ilario Ammendolia sul 2 agosto di trentasette anni fa

Riceviamo da Ilario Ammendolia e pubblichiamo

Riflessioni strettamente personali sul 2 agosto di tanti anni fa.

Se i miei nipoti mi domandassero dov’ero la mattina del 2 agosto del 1980 saprei rispondere con precisione geometrica il posto in cui mi trovavo, le condizioni climatiche e soprattutto il mio stato d’animo.
Era scoppiata la bomba alla stazione di Bologna.
Le prime notizie le avevo apprese da una edizione straordinaria del telegiornale mentre ero nella mia casa di Caulonia centro. Si vedevano i primi corpi straziati e si sentiva l’urlo pauroso delle sirene.
Portai i bambini in spiaggia, la sabbia bruciava ma il sole era nero.
Guardavo la gente intorno intenta a divertirsi, a tuffarsi nell’acqua, prendere il sole, a tirar fuori dalle borse dei panini imbottiti, come ancora si usava.
Confesso che avrei voluto essere uno di loro ma il mio animo era sconvolto, prostrato e stanco.
Eppure ero giovane e pieno di vita.
Lasciai subito la spiaggia.
A Bologna la bomba era scoppiata nel caldo di agosto ma in Calabria l’estate era già bollente. Solo un mese prima avevo partecipato alle manifestazioni per Peppe Valarioti, giovane che conoscevo e che era stato ucciso barbaramente dalla mafia di Rosarno e poi a Cetraro ai funerali di Giovanni Losardo.
Bologna ci diceva che il disimpegno non era possibile.
Eppure, in quei momenti avvertivo forte il desiderio di vivere “l’ estate” della mia vita senza sapere del pericolo che minacciava la democrazia e senza neanche intuire i piani eversivi dei servizi segreti.
Non l’ho fatto!
Ero un soldato semplice a cui non era consentito abbandonare la postazione nel momento del pericolo ma non sarei sincero se non confessassi che avvertivo forte il bisogno di riappropriami della mia vita, di uscire fuori dal raggio del radar sociale, che soprattutto nei piccoli centri, pretende di controllare anche il tuo respiro e di tritare le tue carni vive.
Quei morti innocenti del 2 agosto mi facevano sentire la bocca acre di fiele, un fuoco nel cervello, un dolore nell’animo.
I dubbi non erano consentiti, c’erano le manifestazione da organizzare, le riunioni a cui partecipare, la vigilanza democratica da mettere in piedi.
Avevo la speranza che ci sarebbe stato un tempo per vivere serenamente la mia vita e solo quella .
Ma non erano quelli gli anni!
Bisognava rinviare l’appuntamento con la vita ad un improbabile domani che non è mai arrivato.
In quei giorni comunque c’era da difendere la libertà, la democrazia, la convivenza civile, la pace.

 

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