Famiglia cristiana tesse le lodi di un gioiosano

Famiglia cristiana tesse le lodi di un gioiosano

Una fila di busti bianchi con i volti di persone comuni, accanto ai circa 200 di italiani illustri che decorano la passeggiata del Gianicolo. Così, al fianco del busto di Garibaldi compare quello del signor Alfredo, le cui donazioni hanno ridato speranza a chi fugge dalla guerra. E’ il modo che l’Agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR) ha trovato per ringraziare gli eroi dei nostri giorni, uomini e donne che hanno scelto di fare un lascito testamentario e cambiare le sorti di tanti rifugiati politici.

Organizzata in occasione della Giornata Nazionale del Dono, svoltasi lo scorso 4 ottobre, l’iniziativa rientra nella campagna “I Grandi dell’Umanità”, nata con l’obiettivo di sensibilizzare sulla possibilità di devolvere beni e donazioni a 65 milioni di persone costrette a fuggire dal loro paese. Un atto di generosità che può trasformarsi in un aiuto e un modo per continuare ad esserci anche dopo la morte, attraverso il ricordo indelebile dei beneficiari.

«La campagna sta generando interesse e curiosità, tante persone ci stanno contattando per conoscere meglio lo strumento», commenta Giovanna Li Perni, responsabile lasciti UNHCR per l’Italia «La risposta che stiamo ricevendo é in linea con il trend generale: infatti, come mostrano i dati di alcune importanti ricerche in materia, i lasciti testamentari ad organizzazioni umanitarie come l’UNHCR si stanno affermando anche nel nostro paese». Già molto diffusa in altri paesi europei come la Gran Bretagna, la propensione a fare un lascito si sta infatti diffondendo in Italia con una crescita del 55% dal 2012 al 2016.

Secondo l’Osservatorio Fondazione Cariplo nel 2030 ci saranno oltre 400 mila lasciti solidali, per un valore di 129 miliardi di euro, con un incremento del 23% rispetto al 2009.

«Dal canto nostro, abbiamo iniziato a promuovere i lasciti di recente, ma contiamo che nei prossimi 5-7 anni potrebbero rappresentare il 10% della raccolta fondi», aggiunge la Li Perni.

Ad aderire non sono solamente persone senza discendenti diretti, ma anche individui con eredi che scelgono di donare per motivi diversi, talvolta dettati dalla propria storia personale, come nel caso della Professoressa Eleonora Vincenti, docente universitaria di filologia italiana. Nata nel 1928, fu  costretta ad abbandonare Monaco nel 1933 per trasferirsi a Torino con la famiglia e mettersi in salvo. Tra i testatori di UNHCR c’è anche Franca Faldini, attrice e ultima compagna del Principe della risata Totò, scomparsa nel 2016. Il suo contributo alla causa dei rifugiati è in parte dovuto alle persecuzioni subite durante l’adolescenza in quanto di famiglia ebrea.

«Donare è semplice, basta scrivere le proprie volontà su un foglio di carta. Non costa nulla e può essere modificato in qualunque momento. Chi decide di donare una parte del proprio patrimonio a favore di organizzazioni umanitarie non pregiudica o lede in nessun modo i diritti dei familiari, i quali sono garantiti dal nostro ordinamento giuridico che prevede la quota legittima», conclude Giovanna Li Perni.

Non c’è limite alla qualità e quantità dei beni: denaro, immobili, oggetti preziosi o opere d’arte, tutto può essere lasciato nel testamento all’UHNCR. Le donazioni si trasformano in aiuti, come quelli raccontati in queste storie.

IL SOGNO DI SASHA

Aveva solo 17 anni Sasha quando ha dovuto lasciare la sua casa nella Repubblica Democratica del Congo. Un gruppo di ribelli ha attaccato il suo villaggio, dando fuoco alle case e facendo terra bruciata tutto intorno. Fortunatamente, Sasha riesce a fuggire salvando la sua vita e quella dei suoi 2 fratelli più piccoli. I suoi genitori, invece, non ce l’hanno fatta. Con enorme coraggio, Sasha e i suoi fratelli viaggiano per migliaia di chilometri, attraversano fiumi e strade, a piedi o a bordo di camion, fino a quando, dopo avere superato tantissimi ostacoli pericolosi, raggiungono il campo rifugiati di Tongogara, in Zimbawe, dove ora vivono con i loro parenti. Finalmente salva, e grazie al sostegno economico dell’UNHCR, Sasha ha da subito cominciato a studiare l’inglese, per poter tornare sui banchi:  «Il giorno in cui sono andata a scuola è stato il giorno più felice della mia vita», ha detto Sasha. Oggi sta finendo la scuola secondaria e sogna di diventare un avvocato. «Non riesco nemmeno a spiegare quanto vorrei essere la prima persona della mia famiglia ad andare all’università», conclude Sasha.

LUCIANO: «NON POSSIAMO PORGERE LO SGUARDO DALL’ALTRA PARTE»

Luciano Rodinò ha 48 anni e vive a Marina di Gioiosa Jonica, in provincia di Reggio Calabria. Per indole e formazione si è sempre schierato dalla parte dei più deboli, aiutandoli anche nella professione di avvocato penalista. «Ritengo che in questo momento storico i profughi siano le persone più fragili e, pertanto, degne di un’attenzione particolare da parte nostra” commenta  Luciano “hanno perso la casa, il lavoro, gli affetti e sono davvero gli ultimi degli ultimi».

Preso atto della grave situazione geopolitica che costringe molte persone a lasciare il loro paese, Luciano ha capito che la sua donazione mensile all’UNHCR é ben poca cosa rispetto a un fenomeno che definisce «di proporzioni storiche gigantesche». «Mi sono offerto di lavorare come volontario nei campi profughi», racconta «ma richiedevano una preparazione che non avevo, per cui mi è stato impossibile realizzare questo desiderio». Nel tentativo di valutare una soluzione alternativa per  aiutare i rifugiati, ha appreso che è possibile includere un lascito solidale nel proprio testamento. «Vorrei che si creasse qui, a Marina di Gioiosa, un centro per i profughi che sbarcano nei nostri porti” ha concluso Luciano “probabilmente le risorse che ho donato non sono sufficienti, ma parlarne potrebbe essere un modo per cominciare a pensarci».

HALIMA, UN’IMPRENDITRICE DI SUCCESSO

Halima non lo avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe diventata un’imprenditrice di successo. Aveva 35 anni quando, due decenni fa, è stata costretta a fuggire dal conflitto in corso in Somalia. Oggi ha 55 anni e vive nel campo di Kebribeyah, in Etiopia. Cresciuta in una famiglia di contadini, Halima non aveva alcuna esperienza nel campo degli affari. Nonostante questo, grazie all’assistenza economica e alla formazione ricevuta dall’UNHCR, oggi gestisce con successo un negozio di abbigliamento nel mercato locale. Il business sta crescendo e Halima oggi guarda con fiducia al futuro suo e della sua famiglia, composta dai suoi 6 figli e dai 2 figli del fratello scomparso: «oggi posso assicurare un’istruzione ai miei figli» dice orgogliosa Halima, «e grazie alla mia esperienza posso dare dei consigli alle persone che vogliono avviare un’attività imprenditoriale».

Fonte: Famiglia Cristiana

Autore: Patrizia Ruscio

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