Mimmo Lucano secondo Beatrice Macrì

Mimmo Lucano secondo Beatrice Macrì

Riceviamo e pubblichiamo:

“Ho agito alla luce di un ideale”. Queste le parole nel commovente e lungo discorso di Mimmo Lucano, sindaco di Riace. “Che la giustizia conduca le indagini nel modo più approfondito possibile”. Le parole di un uomo che concilia equità e legalità. Il suo agire in virtù di un principio di diritto naturale non lo conduce comunque all’esimersi dal riconoscere la funzione fondamentale del sistema democratico che sta anche nell’esercizio della giurisdizione quale garante dell’applicazione del diritto. Non rinnega le istituzioni e agisce come Socrate che nel Critone di Platone spiega la sua impossibilità di sottrarsi alla legge in virtù del patto morale che, scegliendo di restare ad Atene, ha stipulato con la legge della città. Socrate immagina che le leggi durante il suo tentativo di fuga gli vadano incontro e gli dicano: “Pensi che possa sopravvivere e non essere sovvertita una città le cui sentenze pronunciate possono essere invalidate da privati cittadini?” e in maniera retorica gli chiedano: “ Saresti uno che genuinamente si cura della virtù? E se hai deciso di rimanere, pur vedendo come amministriamo la giustizia, se disobbedisci commetti ingiustizia e rispetto ai giudici contribuirai a consolidare l’opinione che abbiano emesso una sentenza giusta”.

Mimmo Lucano è un uomo giusto, probo, leale, la cui vita è stata spesa a favore di un’idea, di un comunismo platonico d’altri tempi retto dal principio per il quale “Nulla di ciò che è umano mi è estraneo”.

Un altro elemento che emerge è il concetto di dignità che nella Repubblica di Platone è sintetizzato dal “Non dobbiamo distinguere nello Stato una parte di pochi cittadini da rendere felici, ma vogliamo la felicità di tutti”.

Socrate è vittima di una sentenza interpretabile come errore umano, che si è generata nell’ambito di un processo legale, però. Mimmo riconosce la preminenza della legge e non si vuole sottrarre al principio di legalità perché il suo ideale si qualifica come “giusto” e il bene si qualifica come “coerenza morale” solo ove egli si muova nel rispetto di quelle leggi dalle quali egli stesso non intende abdicare.

Un sognatore, un Tommaso Moro che ha tentato di correggere le imperfezioni di quel sistema democratico in cui esiste dicotomia tra “cittadino” e “non cittadino”.

Un intellettuale astratto che ha saputo tradurre quell’utopia in un sistema concreto di integrazione, di humanitas , secondo cui esiste un universale ideale di giustizia che rende l’uomo cittadino del mondo e individuo che appartiene ad un’unica comunità chiamata genere umano, sottoposta ad una legge naturale preesistente agli ordinamenti costituiti, una legge conforme a natura.

La burocrazia nasce con l’affermarsi degli Stati assoluti, sullo sviluppo del modello feudale come rete con la quale il sovrano aveva il controllo sui territori, ma in capo allo stesso sovrano, quale garante della giustizia, esisteva il processo di Equity sulla base del quale, pur in un sistema monarchico, applicava le regole di una giustizia etica.

Concludo citando l’art 10 c.3 della Costituzione di cui Mimmo Lucano costituisce l’immediata, e non mediata, attuazione: “Lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica…”.

Beatrice Macrì

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