Scioglimento consigli comunali: possiamo continuare così?

Scioglimento consigli comunali: possiamo continuare così?

Una premessa introduttiva, che s’impone in modo perentorio: non abbiamo nè le informazioni nè le competenze per contestare – nel merito e non per partito preso – un provvedimento così delicato come lo scioglimento di un consiglio comunale per accertate infiltrazioni di tipo mafioso. Lo vogliamo dire in modo forte e trasparente: bisogna rispettare il lavoro delle autorità preposte, e la prima forma di rispetto è evitare di ciarlare inutilmente senza nemmeno aver letto le effettive motivazioni di un atto di legge.

Ciò detto e premesso, rivendichiamo comunque la libertà di muovere qualche dubbio e qualche perplessità sullo scioglimento del consiglio comunale di Marina di Gioiosa Ionica. Più in generale, in ogni caso, è proprio lo scioglimento per mafia come mezzo operativo a convincere sempre meno.

Vi è innanzitutto, da parte nostra e di tanti pezzi di opinione pubblica locale, l’incredulità connessa alla figura del Sindaco Domenico Vestito e della sua compagine amministrativa: in questi anni di governo di Marina di Gioiosa Ionica, abbiamo avuto modo di conoscere una squadra di amministratori vogliosa, sinceramente impegnata nel riscatto della propria cittadina, lungimirante nell’immaginare una pratica di governo incentrata su promozione culturale, tutela dei beni comuni e partecipazione democratica. Ci è personalmente difficile immaginare che l’amministrazione comunale possa essere collusa – direttamente o indirettamente – con le forze criminali che ammorbano il territorio.

Domenico Vestito

Vi è, successivamente, una valutazione di più ampio respiro sullo strumento dello scioglimento per mafia dei consigli comunali: l’utilizzo del quale strumento, continuiamo a scrivere in schiettezza e a voce alta, è diventato così assiduo e così puntuale da rischiare di svilirne quasi il senso.

Proviamo a spiegarci meglio, maneggiando le parole con grandissima cautela.

Il primo problema da indagare è quello della legittimità democratica. Un consiglio comunale è eletto in libere elezioni, è espressione del consenso dei cittadini: prima di intervenire con atti di polizia che ne decretino forzatamente la cessazione di legge, bisogna misurare accuratamente fatti e situazioni e verificare con la massima certezza che quelle infiltrazioni effettivamente vi siano e rappresentino impedimento al fisiologico divenire di un’amministrazione comunale. Non sempre, francamente, questa “delicatezza” di valutazione è stata messa in campo dalle autorità prefettizie e governative. E vi è anche il rischio dell’abuso di uno strumento che rimane di valutazione quasi poliziesca, il rischio di un governo democratico che può sempre conoscere fasi e situazioni di degenerazione derivanti anche dall’eccesso di potere riconosciutogli per legge.

Il secondo problema è quello della “consistenza”, se così ci è lecito dire, della legge attualmente in vigore. In territori dalla forte presenza mafiosa (e i nostri lo sono indiscutibilmente), la pervasività ossessiva della criminalità organizzata spesso è di difficile contrasto frontale, necessitando di tempi e strumenti che vadano oltre un mero schema divisivo fra buoni e cattivi. Più prosaicamente, potremmo dire che un’amministrazione democratica necessita anche del giusto spazio fisico e temporale per individuare le pratiche di infiltrazione, i funzionari collusi, le scelte operative da compiere: il conclamato radicamento criminale, che si camuffa e si sovrappone anche con le parti sane della società, non deve essere motivo ulteriore di scioglimento (come pure la prassi degli ultimi anni lascia intravedere, con un’interpretazione di determinismo geografico-mafioso che ci sentiamo di respingere), al contrario si impongono modalità meno manichee e più persistenti di un atto d’imperio governativo (come lo scioglimento decretato da Roma).

Il terzo problema che ci interessa sottolineare è invece connesso all’efficacia degli scioglimenti e dei commissariamenti conseguenti. Qui, ci soccorre direttamente la scelta compiuta dal Ministro Minniti nella riunione di consiglio dei ministri di ieri pomeriggio: Lamezia Terme sciolta per la terza volta in pochi anni, Marina di Gioiosa Ionica invece per la seconda volta. Ergo: i precedenti commissariamenti non hanno prodotto alcun risultato tangibile, mancando clamorosamente l’obiettivo di “ripulire” la macchina burocratica dei comuni interessati o di ripristinare un normale gioco democratico all’interno dello scenario politico-amministrativo locale. Torna, per altra via, la questione sopra riportata della “consistenza” della legge: davvero, un commissarriamento forzato è in grado di garantire un contrasto più lungimirante alla presenza mafiosa eventualmente appurata? davvero, qualche commissario, calato dall’alto e senza legame alcuno con la società locale, può ricostruire le condizioni politiche e amministrative per restituire una comunità alla sua piena funzionalità democratica?

Il Palazzo Municipale di Marina di Gioiosa Ionica

Il rischio che stiamo correndo – ed è un rischio molto grave – è di triplice natura: da una parte, garantire alla criminalità organizzata una possibilità sempre più concreta di dissimularsi e di inabissarsi (se tutto è mafia, se tutto è colluso, in realtà va a finire che non lo è nulla); dall’altra, distruggere ogni fiducia nella partecipazione politica e nel gioco democratico (a cosa serve candidarsi alle elezioni comunali se poi basta un rapporto prefettizio perchè le elezioni vengano cancellate con un tratto di penna?); dall’altra ancora, produrre un pesantissimo danno di patrimonio simbolico e materiale (i continui scioglimenti infiacchiscono ulteriormente un’economia cittadina di per sè già flebilissima, oscurando qualsiasi ipotesi di attrattività turistica o di investimenti produttivi e accrescendo il risentimento popolare verso le forze istituzionali).

Qualunque sia l’angolo di visuale prescelto per affrontare la questione, diventa sempre più impellente discuterne pubblicamente, magari provando a mettere in cantiere un doveroso aggiornamento delle misure normative attualmente in vigore.

 

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