Il colpo di stato in Ecuador. Ciavula incontra l’ex Presidente Rafael Correa

Il colpo di stato in Ecuador. Ciavula incontra l’ex Presidente Rafael Correa

di Tiziana Barillà

«Yo no soy el Che Guevara». Rafael Correa fa tappa a Roma per denunciare il «mezzo colpo di Stato» in Ecuador. Si presenta ai giornalisti puntualissimo e viene accolto da applausi sinceri, anche se non troppo fragorosi. La stampa mainstream italiana, non c’è. Di rappresentanti istituzionali, nemmeno l’ombra. La politica? Non pervenuta, anche quella “di sinistra”. Tra «l’indifferenza generale» e un’«Europa che si gira dall’altra parte», Rafael Correa rimane alle prese nel tentativo di trovare un sorriso sulla sua faccia tesa. Da faro della democrazia, lui e la Revolución Ciudadana sono diventati un pericolo, tacciati di autoritarismo, comportamento antidemocratico. E, quel che è peggio, corruzione.

La denuncia. Jorge Glas come Lula, perseguitato politico

«Faccio io una domanda a voi», dice Correa: «A parti inverse, e cioè se un presidente di sinistra avesse arrestato il suo vice senza motivo, non ho dubbi che avrebbe pagato. Ci sarebbe stata un’immensa mobilitazione internazionale. E sarebbe stato giusto». A parti inverse, dice Correa. E le parti di cui parla sono quelle dell’attuale presidente Lenin Moreno e del suo «preso politico» Jorge Glas. Entrambi eletti nel 2017 come vice di Correa – la legge ecuatoriana prevede l’elezione diretta di presidente e vice. Ma quando Correa decide di lasciare l’Ecuador – «per impegni familiari», dice -è Lenin Moreno a prendere il suo posto. E questa volta, è il caso di dirlo, il nome non è stato una garanzia. «Mosso da un odio inconcepibile», spiega Correa, «Moreno ha avviato una campagna denigratoria sull’operato mio e di Jorge Glas, una macchina del fango orchestrata grazie al supporto dell’apparato informativo governativo, all’alleanza politica e parlamentare della destra. E alla complicità dei media».

In Ecuador, del resto, come in tutto il Continente (e non solo) il mondo dell’editoria e delle televisioni private è strettamente legato al sistema bancario e dell’imprenditoria. La stessa imprenditoria che, durante il governo Correa e per la prima volta nella storia dell’Ecuador, è stata sottoposta a un’imposizione fiscale progressiva. Con la Revolución Ciudadana i ricchi devono rinunciare al loro stato di intoccabilità e pagare le tasse.


il video integrale della conferenza da Comunicar con todos los acentos

Ai colpi inferti dal mainstream, presto, si aggiunge la magistratura. Jorge Glas viene accusato di corruzione dalla stessa multinazionale brasiliana che ha provocato la condanna di Lula. Il copione della multinazionale è ormai noto in molti Paesi latinoamericani, sostiene Correa: «Corrompere amministrativi di rango medio e successivamente, grazie anche a interventi di periti statunitensi, accusare i massimi leader progressisti Latinoamericani». così, Jorge Glas viene accusato di «aver permesso la ricezione» di 14 milioni di dollari dalla società di costruzione per l’assegnazione di 5 appalti tra il 2012 e il 2016 quando era responsabile dei progetti per lo sviluppo strategico del paese. Con l’accusa di «associazione illecita» – per quella di corruzione non c’erano le prove – il 2 ottobre 2017 viene richiesta la custodia preventiva per Jorge Glas, che viene arrestato e, con un rinnovo, viene trattenuto in prigione. Dove si trova ancora oggi. Il Presidente Moreno approfitta per considerare questi giorni come «allontanamento ingiustificato dall’incarico» del vicepresidente e, alleandosi con la destra in Parlamento, fa decadere Glas dalla carica elettiva di vicepresidente.

Al processo Glas viene condannato a 6 anni di reclusione con una sentenza riconosciuta internazionalmente come illegale:

  • perché emanata facendo riferimento a un codice penale abrogato, in questo modo si vìola il principio processuale universale del “nullum crimen, nulla poena sine lege” (in assenza di legge assenza di reato);
  • perché tutti i periti e i testimoni di entrambe le parti hanno evidenziato l’ assenza di prove a carico di Jorge Glas;
  • perché si fa riferimento a una teorica responsabilità politica per l’esistenza di un flusso di denari, che sarebbero serviti per corruzione, ma che non si sa dove siano finiti, ne chi li abbia intascati;
  • perché l’unica cosa certa sarebbe l’esistenza di un “corruttore”, il funzionario dell’impresa, ma questo rimane totalmente impunito e libero di circolare internazionalmente;
  • perché non ci sono prove di una corrispondenza o di contatti diretti tra Glas e il funzionario Odebrecht.

Quella a Jorge Glas, è certo Rafael Correa, «è una condanna politica. Si tratta di una crudele persecuzione politica e fa parte di una strategia regionale per annullare le forze progressiste latinoamericane. Il caso dell’Ecuador – dice l’ex presidente – si somma all’ingiusta incarcerazione del presidente Lula Da Silva in Brasile».

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