A Riace l’ambulatorio dove si cura la povertà senza guardare la cittadinanza

A Riace l’ambulatorio dove si cura la povertà senza guardare la cittadinanza

Notizia tratta da: repubblica

RIACE, in Calabria, è da tempo un modello di accoglienza fruttuoso, dove non solo non si chiudono i porti, ma si aprono case e botteghe. Qui italiani e immigrati vivono insieme nelle abitazioni di un paese ormai svuotato dalle diaspore degli ultimi decenni, e insieme lavorano e creano una comunità.

Ma se un luogo come questo offre una grande opportunità di creare un modello di accoglienza noto in tutto il mondo – nonostante il ministro Salvini abbia definito il sindaco Domenico Lucano “uno zero” al tempo stesso mancava un’infrastruttura sanitaria a portata di mano per gli abitanti del borgo, migranti e non, che potesse garantire un servizio maggiore rispetto a uno sportello, in un contesto dove anche l’automobile può essere un lusso. Per i cosiddetti “soggetti di lunga permanenza” lo sportello più vicino è (ancora) a diversi chilometri di distanza dal centro abitato.

“Da due anni e mezzo le spese per il sostegno a queste persone sono infatti a carico della Comunità di Riace, la ‘pacchia’ per i centocinquanta migranti è stata garantita dalla solidarietà della comunità locale che ha provveduto alle esigenze di tutti anche con i famigerati ‘bonus’, un sistema di pagamento nei negozi che surrogava, temporaneamente i soldi veri, che arrivavano sempre con molto ritardo, e che hanno consentito la sopravvivenza fino ad oggi”. È schivo ma dolce come suo solito Isidoro Napoli, Sisì per tutti anche fra i bambini di Riace, quando parla delle persone che incontra da 10 anni a questa parte grazie al lavoro dell’associazione Jimuel Internet Medics for Life, da lui fondata per fornire un servizio di assistenza medica remota via internet in varie missioni nel mondo.
A Riace l’ambulatorio dove si cura la povertà senza guardare la cittadinanza
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Per una persona come Sisì, non era pensabile stare con le mani in mano proprio quando la vulnerabilità e la povertà sono sotto il naso. Non era possibile insomma restare immobili ad attendere l’intervento delle istituzioni. Così da qualche mese Jimuel ha avviato il primo ambulatorio proprio nel centro di Riace. Un servizio completamente gratuito per tutti, italiani e non, così come lo sono gli altri ambulatori sparsi per il mondo.

L’ambulatorio di Riace è potuto nascere grazie a una convenzione con la Asl di Reggio Calabria e alla collaborazione con lo studio radiologico Fiscer di Siderno, che ha finanziato l’avvio, e con il Comune di Riace che ha concesso gratuitamente i locali. A queste collaborazioni si è aggiunto l’aiuto dell’Associazione Farmacisti di Reggio Calabria che ha fornito diversi medicinali e quello della General Electric, che ha regalato un ecografo.

Per il resto si tratta di attività gratuita dei medici volontari dell’associazione – un medico di base, un pediatra e una ginecologa – che dopo l’orario di lavoro mettono a disposizione parte del loro tempo per assistere gratuitamente gli abitanti di Riace e dintorni. “Un supporto, non un’alternativa al Servizio sanitario nazionale – ci tiene a precisare Sisì – perché anche le parole sono importanti”. Lo sono, e lo testimonia il fatto ascoltando Sisì ci si accorge subito che non parla mai di “migranti”. Sono sempre “persone migranti”.

·PRIMA CHI NE HA BISOGNO
“La base del nostro modello di integrazione è che non esistono poveri che meritano un aiuto e poveri che non lo meritano, o che non lo meritano ‘a casa nostra’. Noi a Riace abbiamo deciso di curare tutti i poveri, italiani e non. L’ambulatorio di Riace, quello di Silang o Paranaque, oppure quello di Mulot che assistiamo tramite Jimuel, si assomigliano tutti” racconta ancora Sisì. “All’inizio c’è una naturale diffidenza verso di noi perché veniamo interpretati come un’istituzione e perché le persone pensano che le prestazioni siano a pagamento. Poi quando gli si spiega che l’attività che si svolge è gratuita, dato che nel nostro ambulatorio non si paga neanche il ticket, le persone iniziano ad avvicinarsi e possiamo intraprendere una relazione di cura.”

Così è successo anche a Riace. La cerimonia di inaugurazione dell’ambulatorio è stata una grande festa in paese, con un concerto dove a Bella Ciao si sono alternati il rap scritto e musicato da Sherif, un giovane ragazzo senegalese, e i canti del Global Chorus Integration Project, composto da persone migranti degli SPRAR di Caulonia e Benestare.

·UN SERVIZIO GINECOLOGICO GRATUITO CONTRO LA PROSTITUZIONE
L’ambulatorio di Riace non è infatti un servizio solo per chi abita nel paese: le porte sono aperte per chiunque lo desideri, anche dai centri vicini, centri di accoglienza compresi, soprattutto per le donne. “Il problema più grosso è la prostituzione, fenomeno ancora presente non a Riace, ma nelle zone limitrofe” spiega Sisì. “Non neghiamo che per noi l’avvicinare queste donne, unicamente per scopi sanitari è ancora un processo complesso e faticoso. Le donne non si fidano di noi perché hanno paura di venire schedate e al tempo stesso i loro sfruttatori sono recalcitranti a sottoporle a visita medica perché intuiscono che perderebbero parte del controllo che esercitano.”

·RISULTATO: NESSUNA EMERGENZA SANITARIA A RIACE
Il risultato dell’esperienza di Riace è che dal punto di vista sanitario, e anche l’attività dell’ambulatorio lo conferma, in un contesto di accoglienza, di assistenza quotidiana, di facile accesso ai servizi, di supporto alla sessualità e alla maternità, non ci sono particolari malattie da curare. “Non si è mai visto nessun focolaio di malattie infettive a Riace – continua Sisì – e nemmeno la tanto citata scabbia.”. Chi arriva in Italia viene comunque controllato al momento dello sbarco dalle autorità sanitarie, come testimonia anche l’ultimo rapporto Usmaf del ministero della Salute, e di conseguenza chi poi viene indirizzato in centri e comunità è sano e in un contesto di vita dignitoso non sviluppa le cosiddette malattie della povertà. “Al momento come ambulatorio, oltre alla normale attività di visita, stiamo cercando di capire chi fra la popolazione adulta, italiana e non, è stato vaccinato nel proprio paese o in Italia e contro quali malattie, e stiamo costruendo delle cartelle cliniche per ogni persona che viene assistita dall’ambulatorio.”

L’integrazione a Riace è dunque qualcosa di concreto, e che funziona bene, anche per gli italiani. Non è detto però che questo basti. “Si profila il colpo che potrebbe essere decisivo e finale per l’esperienza di accoglienza ed integrazione di Riace” racconta ancora Sisì. “C’è il rischio che lo Sprar decida, in sintonia con la prefettura e il ministero, di sospendere l’erogazione dei fondi per i progetti a lungo termine che hanno fatto di Riace un esempio mondiale di accoglienza e integrazione. Se così fosse, se ciò dovesse accadere, non basterà più indignarsi con chi usa la burocrazia inumana contro gli ‘zero’, gli ultimi ed i più deboli. Bisognerà guardarsi allo specchio, se si è ancora in possesso di una coscienza, e domandarsi: io, che cosa ho fatto per impedire che questo crimine contro l’umanità fosse compiuto?”

Cristina Da Rold

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