Migrante muore a venti anni in un centro di accoglienza: e su Facebook esplode la ‘festa’

Migrante muore a venti anni in un centro di accoglienza: e su Facebook esplode la ‘festa’

Notizia tratta da: milanotoday

Non si sono fermati neanche davanti alla morte di un ventenne. Neanche davanti al dolore per la scomparsa di un ragazzo. Perché Souleman prima ancora che un migrante, un richiedente asilo, era un uomo, un ragazzo. E invece, anche difronte alla sua morte, a vincere – per alcuni – è stata l’intolleranza, la paura del “diverso”.

Razzismo e stupidità hanno fatto da contorno alla tragedia di Souleman Aboubakari, giovane di venti anni del Benin ospite del centro di accoglienza “La Vincenziana” di Magenta. Il giovane è stato trovato morto nella sua camera, probabilmente stroncato da un attacco cardiaco. A spiegare chi era ci hanno pensato gli operatori che da un anno condividevano con lui l’esperienza nella struttura del Milanese: arrivato a maggio 2016 in Italia, raccontano la Caritas e la cooperativa Intrecci, “si era impegnato da subito nei corsi di lingua e per l’acquisizione della licenza media e nei corsi di formazione professionale come muratore e piastrellista posatore”.

Eppure la sua vita a qualcuno non è interessata, perché quel qualcuno ha visto in Souleman un immigrato morto. Nulla di più. Così, sulla pagina Facebook di “Ticino Notizie”, che ha immediatamente stigmatizzato l’accaduto, è esplosa una sorta di festa social per la tragedia.

Tanti i commenti di gioia a corredo della notizia: “Uno in meno da mantenere”, scrive qualcuno. “Sai quanti italiani muoiono ogni giorno?”, replica un altro, “il mio vicino è morto di vecchiaia. Gli potete fare un articolo anche a lui?”, ironizza un altro lettore. E ancora, sempre dalla stessa “firma”, in risposta a chi lo accusava: “Dici che se ne va qualcun altro?”, con il simbolo delle mani giunte in preghiera.

“Leggere commenti come quelli apparsi sotto la notizia della morte di quel ragazzo fa male e fa riflettere – le parole della sindaca di Magenta, Chiara Calati, a Repubblica -. Queste esternazioni sono spia del grado di rabbia e di tendenza all’odio raggiunto dalla nostra società e devono spingere tutte le agenzie educative a interrogarsi, dalla scuola alla famiglia e alle istituzioni -. Non sappiamo se i commenti incriminati su Facebook siano direttamente riconducibili a persone che abitano qui. Sono però comunque da condannare, perché è sempre grave quando viene meno il rispetto del valore della vita umana, a maggior ragione quando si parla della vita di un ragazzo così giovane”.

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