Le Iene faccia a faccia con il boss della ‘ndrangheta

Le Iene faccia a faccia con il boss della ‘ndrangheta

Notizia tratta da: leiene

Siamo a Rizziconi, un paesino calabrese vicino a Gioia Tauro. Ogni volta che pronunciamo il nome della famiglia Crea la gente scappa o ci manda a quel paese in malo modo. Troviamo una sola persona disposta a parlare, un signore anziano al quale chiediamo perché tutti scappano quando pronunciamo il nome di quella famiglia. Lui risponde che “se viveste qua scappereste anche voi”.

Ci siamo andati perché il 25 dicembre 2018 Marcello Bruzzese, il fratello di un pentito di  ’Ndrangheta, Girolamo, è stato assassinato a Pesaro. Girolamo era stato braccio destro del boss Teodoro Crea, poi grazie alle sue dichiarazioni ha contribuito a inchiodare diverse esponenti della famiglia Crea.

Secondo le regole della ’ndrangheta le colpe ricadono sempre su tutta la famiglia. Anche la scelta del giorno dell’omicidio di Marcello non è casuale. Il 25 dicembre, il giorno in cui tutti festeggiano. “Così vi ricordano il dolore”, ci dice il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.

Attualmente la sorella di Marcello e Girolamo vive sotto falso nome in una località sconosciuta. Noi siamo riusciti a intervistarla per chiederle cosa vuol dire vivere sotto protezione. La vita di queste persone non è facile. Con i documenti falsi che vengono forniti non si può avere una sim telefonica, non si può acquistare una macchina, non si può nemmeno andare all’ospedale.

La ’ndrangheta ha un forte controllo del territorio in Calabria, anche se un boss viene arrestato la popolazione non osa occupare quel territorio e i figli del boss riescono facilmente a sostituirsi al padre”, ci dice ancora il procuratore i Catanzaro.

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Il controllo totale si ottiene da una parte intimorendo le persone e dall’altra impadronendosi della politica locale. Ma c’è chi non si piega come l’ex sindaco di Rizziconi, Antonino Bartuccio che ha deciso di restare in quel paese anche dopo aver fatto arrestare il boss. Ci racconta come la sua vita è cambiata. In paese non lo salutava più nessuno. Ma ne è valsa la pena perché la sua permanenza a Rizziconi è diventata il simbolo dello Stato che non si arrende alla criminalità organizzata.

Prima di andare via volevamo fare qualche domanda a Nino Crea detto ’o malandrino.Nessuno in paese voleva aiutarci a trovarlo ma dopo ore di appostamento ci capita davanti. Dice che ci voleva incontrare e che avrebbe tantissime cose da dirci ma che non può farlo perché è sotto processo. Luigi Pelazza prova comunque a fargli delle domande: il risultato è che Nino, presunto reggente della cosca Crea, scappa in motorino

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