Caulonia, Calabria, Stato e ‘ndrangheta. La visione di Ilario Ammendolia

Caulonia, Calabria, Stato e ‘ndrangheta. La visione di Ilario Ammendolia

Terminata la lettura dell’ultimo libro di Ilario Ammendolia, “La ‘ndrangheta come alibi, dal 1945 ad oggi”, edito da Città del sole, mi viene da pensare che nonostante sia un libro sulla Calabria risulti in realtà essere uno scritto che ci parla prevalentemente dell’autore.

E’ un libro che fa meglio comprendere chi è Ilario Ammendolia e qual è la sua storia. Una vita trascorsa seguendo la passione politica, quando la politica puntava al benessere collettivo e alla trasformazione della società e non al potere fine a se stesso, una vita spesa dalla parte degli ultimi, senza tentennamenti nè esitazioni.

Ilario ci offre la sua interpretazione dello stato attuale della Calabria, e per arrivarci parte dal dopoguerra, non disdegnando a volte di buttare un occhio a tempi ancora precedenti.

Non avevo mai compreso appieno la visione di Ilario e di alcune sue posizioni degli ultimi anni come dopo avere letto questo libro.

Il suo scagliarsi contro l’antimafia mi appariva controproducente, le mafie non sono avversarie di tutte le società civili? In Calabria la ‘ndrangheta è forte e capillare, e continuo a non approvare chi contesta scrittori e giornalisti che evidenziano questo aspetto. Per fare in modo che le coscienze e lo Stato si mobilitino contro la criminalità organizzata, più attenzione si pone sulle mafie più spingeremo cittadini e auorità verso una reazione. Ma la visione di Ilario è assolutamente opposta, ritiene che un popolo intero sia stato criminalizzato e che la questione mafiosa non sia mai stata risolta perchè il potere delle classi dominanti va a braccetto col potere della ‘ndrangheta.

E per spiegarlo non esita ad affrontare le pagine più drammatiche della storia calabrese, i fatti di Casignana, l’eccidio di Melissa, la Repubblica di Caulonia, fino a connetterle con l’esilio di Domenico Lucano e le ombre sul presidente della Regione Calabria Oliverio.

Una visione complessa e sicuramente originale, ma che parte da un assunto chiaro: la storia che Ilario racconta è la storia descritta dal punto di vista degli sconfitti e non, come sempre accade, da quello dei vincitori. E’ la storia degli straccioni, dei contadini, della plebe, di quelli che hanno fame e che non trovano opportunità per migliorare la propria condizione.

Non condivido in toto il pensiero di Ilario ma la lettura della sua ultima fatica mi ha aiutato a meglio comprenderlo e apprezzarlo.

Una lettura decisamente consigliata per gli spunti di riflessione anticonformisti che propone. E in cui sembra di cogliere anche qualche rammarico, in alcune pagine. Come quando racconta dell’esperienza di accoglienza dei migranti realizzata a Caulonia sull’esempio di Riace. Esperienza da lui fortemente voluta in qualità di sindaco, anche se per umiltà nel libro non lo precisa. Scrive: “L’esperienza di Caulonia dopo avere toccato l’apice con una deliberazione del consiglio comunale sul diritto di voto ai migranti alle elezioni amministrative, lentamente rifluisce. Riace invece va avanti con ostinazione e successo”.

Quello di Caulonia è rimasto un ottimo esempio di accoglienza e integrazione dei migranti, ben gestito e che ha prodotto ottimi risultati. Ma dopo un inizio col botto, quello che sembra rammaricare Ilario Ammendolia, è che quell’esperienza non è stata in qualche modo un grimaldello per lotte sociali e politiche che oggi sono più necessarie che mai di fronte alla barbarie che avanza.

Il libro si chiude con un’intervista a Domenico Lucano ma sono molto interessanti anche le pagine dedicate alla Repubblica di Caulonia, in cui vengono citati documenti inediti.

Ilario cita anche dei verbali del consiglio comunale di Caulonia risalenti al 1875 che mettono in evidenza come i signorotti cauloniesi, criminali della peggior specie ma serviti e riveriti negli anni in quanto detentori del potere economico e di conseguenza di quello politico, hanno fatto le loro fortune a spese della collettività e restando impuniti, anzi continuando a comandare.

Perchè, ieri come oggi, tutti siamo uguali davanti alla legge, ma alcuni restani più uguali di altri.

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