Di Riace, d’ accoglienza e di bronzi. Un’opera d’arte contemporanea in un progetto di rilancio cittadino

Di Riace, d’ accoglienza e di bronzi. Un’opera d’arte contemporanea in un progetto di rilancio cittadino

Abbiamo intervistato Chiara Scolastica Mosciatti, artista che ha scelto Riace come sede di lavoro, almeno per un pò.

Perchè la tua scelta è caduta su Riace, cosa hai trovato di interessante?

Il Comune di Riace, oggetto di incrociate attenzioni della magistratura e palcoscenico di una profonda disgregazione sociale, con i suoi accesi contrasti è un luogo estremamente interessante per la mia indagine di artista, che tra Atene ed Amsterdam dal 2013 si è focalizzata soprattutto nell’analisi delle spinte creative all’interno di quei contesti, spesso conflittuali, in cui cittadini europei e rifugiati si trovano a convivere. Come artista e curatrice sono arrivata da Amsterdam a Riace nell’aprile del 2019 con un progetto della durata di un anno, che ha sollevato l’interesse ufficiale prima della vecchia amministrazione e poi di quella nuova. Lo scopo finale del progetto è l’istallazione su suolo pubblico riacese di un grande gruppo scultoreo in bronzo prodotto da Nelson Carrilho, artista residente ad Amsterdam e originario del Curaçao, vecchia colonia olandese nel mar dei Caraibi, sopra il Venezuela.

beeld van Nelson Carrillo in Westerpark Amsterdam

Dacci qualche informazione su Carrilho…

Carrilho, in Olanda dagli anni ’60, è tra i primi e più importanti autori presenti in Europa a raccontare attraverso opere d’arte i temi relativi alla migrazione e all’emancipazione culturale delle diaspore africane. I suoi grandi lavori, posti in luoghi pubblici di prima visibilità, hanno sempre influenzato lo sviluppo delle zone che li ospitano. In questo delicato momento storico in cui l’Europa sta facendo i conti con il senso del proprio passato coloniale, Carrilho risulta uno dei più significativi e visionari testimoni di tale passaggio epocale, e data la recente espansione in senso internazionale dell’identità di Riace io sono sicura che l’opera d’arte di Carrilho sia in grado di influenzare i prossimi sviluppi del piccolo villaggio.

Volete installare dei nuovi bronzi di Riace?

La scultura oggetto del progetto è una seconda versione dell’opera “The Carriers from Afar” presente in Amsterdam Westerpark dal 1989 e prodotta a seguito degli attriti culturali sorti in un periodo in cui Amsterdam sperimentava il multiculturalismo in una forma simile a quella che si è sviluppata a Riace. Il 1989 è stato poi un anno cruciale per il processo di riunificazione dell’Europa, del mondo allora diviso in due blocchi di potere e del concetto di mobilità. La statua vuole porre Riace al centro di una connessione internazionale, in un’epoca in cui reclamano il loro posto nella storia molti attori mondiali finora tenuti imbrigliati dalle dinamiche della sopraffazione economica, culturale e politica. Il Sud Italia, nella sua storia moderna e contemporanea, è un soggetto rilevante nel racconto del dominio culturale e del costante sforzo di autodeterminazione. Dotata di una piccola miniatura della grande scultura presente ad Amsterdam, e forte del supporto di due grandi professionisti quali sono appunto l’artista Nelson Carrilho e la curatrice Birgitta Van Blitterswijk, che stanno curando le relazioni pubbliche e la ricerca fondi nei Paesi Bassi e nel Curaçao, fin da Giugno ho deciso di stabilirmi a Riace per lavorare in due direzioni.

Coinvolgere i riacesi nel percorso precedente all’istallazione della statua, di modo da creare delle memorie condivise sul processo creativo e indagare l’evoluzione del gusto collettivo. In questo piccolissimo villaggio, ben lontano dai più grandi centri di propagazione di cultura e di estetica, morso dalla povertà e dalla crisi demografica, in cui il livello di istruzione è generalmente basso e l’affluenza alle istituzioni museali irrilevante, la capacità degli abitanti di comprendere e di iscrivere le forme della piccola scultura di Carrilho all’interno di una più vasta appartenenza artistica è straordinaria. Le ragioni possono essere molte, il risultato resta comunque entusiasmante per un’opera d’arte contemporanea ed in un posto che ha come riferimento i Bronzi conservati a Reggio. Con Carrilho abbiamo organizzato velocemente la fusione e il trasferimento di altre tre opere di medie e piccole dimensioni, per una mostra che rientrava negli obiettivi di medio termine del progetto e per cui il comune di Riace ha fornito gli spazi della Mediateca. La mostra, intitolata “I Viaggiatori. Diaspore riunite a Riace”, è stata aperta il 20 Settembre durante le feste dei Santi Cosma e Damiano e ha voluto analizzare quei motivi ricorrenti che costituiscono i cicli di vita di Riace, all’interno di una delle storie più significative del paese: la vita dei Santi.

Interessante è come suor Immacolata Pisani abbia scritto la vita dei Santi avvalendosi di segmenti della contemporanea tradizione orale di Riace, a partire dal tema dell’accoglienza, una questione tutt’altro che semplice. Il ritratto psicologico del sindaco che doveva decidere le sorti dei nuovi arrivati, coincide in maniera sorprendente con il carattere appassionato eppur tormentato di Domenico Lucano, e tutta una serie di motivi della vita dei Santi tratteggiano in maniera chiarissima l’esperienza della Riace contemporanea.

Una Riace, come hai potuto rilevare, piena di problemi ma comunque in cambiamento continuo.

Il problema che si pone ora a Riace, a mio avviso non riguarda più tanto l’accoglienza in quanto tale ma la rappresentazione dell’accoglienza. A chi appartiene la narrativa su Riace? Chi ha il diritto di raccontare cosa sia l’accoglienza, quali siano le sue radici, quali le sue evoluzioni e quali le sue prospettive? Riace ha vissuto un enorme shock in termini di evoluzione della propria identità, ed al momento è improponibile pensare che questa identità possa ritornare a coincidere con la storia delle origini. Il rischio è una schizofrenia (in parte già in atto) fra la geografia fisica di Riace a la geografia umana di Riace, strettamente connessa a tutte le persone che a Riace hanno esperito il concetto di casa, inteso come luogo capace di confermare e mettere a frutto tutto il senso del viaggiare. In questo senso Riace è luogo di riunione delle diaspore, quella dei Rom e dei fedeli che vi si riuniscono durante le feste dei patroni, quella dei migranti che scendono dal Piemonte, quella dei giovani che tornano dall’estero durante le vacanze, quella dei rifugiati che vi sostano per una tappa intermedia, e quella degli innumerevoli artisti e ricercatori che come me qui, vengono a confrontarsi in maniera radicale con il senso del proprio lavoro svolto in giro per l’Europa e per il mondo.

E questo hai cercato di rendere visibile con la mostra.

La mostra “I Viaggiatori. Diaspore riunite a Riace” dà una sintesi di tutto ciò attraverso l’avvicendamento esoterico, irriverente e paradossale di una vasta gamma di sedimenti urbani. Pagine strappate dal libro della vita dei Santi, scampoli di stoffe africane, formule desunte da documenti dismessi del Municipio, immagini d’archivio della festa dei Santi in Argentina e in Italia, ex-voto di cera a forma di seni e anche una recente pittura su ceramica raffigurante i Santi Cosma e Damiano in sembianze squisitamente femminili. Niente è più rappresentato come a Riace si è abituati a vederlo, ma la storia di Riace nel suo paradigma di valori più profondi resta immutata. In più, l’esposizione di diverse statue di bronzo di Carrilho, solleva una suggestione sulla magia del ritrovamento dei bronzi nel 1972, evento a cui l’opera destinata al suolo pubblico della cittadina idealmente si collega e che vuole ricreare.

Però la mostra ha dovuto chiudere i battenti in anticipo a causa di un furto.

Il 2 Ottobre scorso ho dovuto denunciare ai Carabinieri il furto di tre opere d’arte in bronzo esposte in Mediateca. Aldilà dell’impatto emotivo che questo avvenimento ha avuto su di me e sul già difficile e indipendente lavoro che sto portando avanti, ho notato come l’evento abbia creato una certa costernazione tra i locali, come se avesse riaperto una vecchia ferita. Mi rendo conto che il furto di opere d’arte in bronzo a Riace sia qualcosa che interagisca in maniera sotterranea e complessa con il bagaglio di memorie collettive della gente del posto, la quale al momento è anche estremamente provata da molte altre lacerazioni. Profondamente toccato dall’accaduto, Carrilho da Amsterdam non ha esitato a confermare la sua fiducia in me e di voler portare avanti il progetto del suo dono a Riace. Confida nelle forze dell’ordine per le indagini e reputa Riace la prima vittima di questo furto, perché intento del progetto è ridare a Riace e a tutto il Sud un ulteriore senso di orgoglio e un nuovo simbolo artistico, volto a confermare ora e per sempre che qui si è attraversata e si è usciti vincitori da un’enorme tempesta storica. Se le vite dei testimoni di questa storia si consumeranno in pochi anni, il bronzo invece no, e i riacesi lo sanno. Cosa questa statua significhi ancora per Carrilho, un uomo di sessantasette anni che ha sperimentato prima il dominio culturale, poi l’emarginazione sociale e infine il successo in uno scenario di recrudescenza del razzismo, è immaginabile. Il senso ulteriore che questo progetto ha per me, donna, artista e migrante italiana sulla soglia dei quarant’anni, ha invece a che fare con una profonda riconnessione di quel primigenio e sacro spirito femminile e femminista che tutto il Sud sta con grandissima forza riscoprendo attraverso sirene, fate e titaniche madri single, proprio come Teodora dei Santi Medici, a dirla con la Pisani.

La mostra in Mediateca, nonostante tutto, resta visitabile fino al 20 Ottobre su richiesta. Potete mandarmi un’email a chiarascolastica.mosciatti@gmail.com

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