Santi poeti navigatori

Santi poeti navigatori

Stavo nuotando nel mare della vita quando il Dio del Mare tolse il tappo e mi ritrovai nel bel mezzo del gorgo sbattendo la testa sul corpo di Sergio, poi su un pezzo di ferro, poi sul culo di Dalia. Schivare qualcosa era impossibile così come era impossibile che qualcosa potesse schivare me. Se ti pare che possiamo essere forti è solo perchè siamo così fortunati da poterci distrarre dalla nostra fragilità. Se confrontati con il mondo a noi circostante le speranze di farla franca diminuiscono tragicamente. Ma siamo fortunati. Alcuni di noi sono anche dei discreti navigatori.

Quasi senza ossigeno, mi ritrovai a sorridere nel pensare a quel vecchio modo di dire secondo il quale “Siamo tutti bravi marinai, con il mare calmo…”. Ma c’era poco da ridere e nemmeno troppo da ridire. Perchè Dio avesse deciso di togliere tappo era un mistero. Mi piace pensare che gioca con noi. Lo immagino come l’idraulico dei porno: ha sempre un secondo fine. Non significa affatto che non sia venuto a fare le riparazioni, sia chiaro, ma è uno che ottimizza. Ha sempre modo di unire l’utile al dilettevole. Se fossi il Dio del Mare non ci vederei niente di male. Non ci vedrei niente di male anche se fossi un suo adepto. A dirla tutta anche senza essere un suo adepto non ci vedo niente di male.

Non sono stato intollerante con cose decisamente più gravi, figuriamoci se voglio esserlo in situazioni del genere. Mica sono come i pessimi santi che si arrogano il diritto di piantare paletti in nome di un Dio che, stando a ciò che loro stessi ci dicono, ci ha omaggiato del libero arbitro. Mi scontro con una ondata anomala di rigurgiti fecali di chissà quale provenienza. Siamo animali. Sono tollerante. Metto il cuore in pace per evitare che mi scoppi a causa delle contraddizioni. Raccolgo le forze, devo affrontare il gorgo. Devo nuotare. Devo nuotare. Non devo lasciarmi distrarre dalla poesia di una situazione che se non ci fossi in mezzo sarebbe bello raccontati.

Mi accorgo di essere rimasto in mutande e camicia. Ha una manica strappata. La tolgo. Vengo investito da cumuli di carta. Riconosco le schede elettorali. Non la smetteranno mai, cascasse il mondo. Mi divincolo per lasciarmi andare. Mi spezzo quasi la schiena quando mi sbatte addosso una donna alle prese con i dolori del parto. La vedo urlare. Non si sentono che le urla dell’acqua, irosa. Allungo le braccia e le stringo le mani. Mi aggrappo a lei che si aggrappa a me. Il nascituro ha voglia di vivere. Funziona così per tutti i curiosi. Tra cumuli di carni non ti chiedi mai come sia possibile, le cose succedono e basta. Fiotti di sangue che attirerebbero ogni pescecane ci dicono che siamo vivi. Nasciamo fradici, meglio saperlo da subito. È una bimba. Ha vinto il libero arbitrio. Ghigno di rabbia se penso alle cazzate del libro di Levitico in cui, per approssimazione linguistica ma concretamente in concetto, si dice che “Una donna che partorisce una bambina è sporca il doppio di una donna che partorisce un bambino”. Guarda dove siamo? Il gorgo. Il mare. Il mondo. Dio idraulico. Le parole dette se le porta via il vento. Quelle stampate le squaglia l’acqua. Rivaluto in quel momento la figura dei pesci. Nessuna retorica sul mutismo. Non adesso. Non me lo posso permettere. C’è vita tra le mie braccia. Fanculo gli spioni. Un sosia di James Bond mi colpisce con una testata sul naso. La bimba mi sfugge di mano. Mi ha perso. Ci ritroveremo. Anche con lei, ci ritroveremo.

La corrente mi porta via. Vengo strattonato da detriti misti al legno, poi faccio le capriole, poi sono sputato in alto come se fossi nello spruzzo di una balena. Respiro, finalmente respiro, mentre provo un carpiato prima di finire, inevitabilmente, di nuovo nel gorgo. Di nuovo in apnea. Di nuovo nella trappola. Sarebbe bello andare fino in fondo. Il fondo brilla di luci che sembrano occhi attenti. Mi cercano. Steno, Euriale e Medusa aprono le braccia per accogliermi. Scelgo io? L’acqua mi invade. Sceglie lei.

Sto nuotando nel mare della vita e il Dio del Mare ha deciso di togliere il tappo. Mi ritrovo nel bel mezzo del gorgo. Anche stamattina.

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