Coronavirus: chef di Borgia in quarantena con la moglie e il figlio di 8 mesi

Coronavirus: chef di Borgia in quarantena con la moglie e il figlio di 8 mesi

“Siamo in quarantena al Policlinico Militare del Celio a Roma da sabato scorso. Con me, mia moglie e il nostro piccolo di otto mesi ci sono altre cinque persone arrivate da Wuhan. Ogni giorno ci misurano la temperatura almeno un paio di volte, poi tanti test, sia del sangue che, con il tampone, nelle narici e nella gola. Per fortuna tutti i risultati sono negativi. Medici e infermieri ci visitano però sempre e solo con tute impermeabili, cappucci e mascherine”.

A parlarci così, al telefono, è Paolo Dodaro, chef di Borgia, provincia di Catanzaro, 42 anni, che lo scorso 22 gennaio aveva deciso con la moglie di andare a visitare la famiglia di lei, in un paesino montano di sole 500 persone a due passi dalla città di Yichan, 200 chilometri ad ovest da Wuhan. “Abbiamo avuto sfortuna. Abitiamo molto più lontano da Wuhan, a Yueyang, ma avevamo qualche giorno di ferie per festeggiare il capodanno cinese. Stiamo costruendo un ristorante italiano, un progetto molto ambizioso che non so se riprenderò più in mano, forse è tutto perso”.

Della gravità del Coronavirus non si è capito subito in Cina. “Nei giorni precedenti a quel fine settimana se ne parlava nelle chat con gli amici e se ne ascoltava al telegiornale, ma si pensava che gli allarmi fossero esagerati. Solo quel sabato abbiamo capito la gravità della situazione. Le autorità cinesi hanno cominciato a recintare ogni luogo considerato sano invitando a non uscire di casa. Per ogni zona è stato nominato un responsabile che si assicura che in ogni casa ci siano solo persone sane e che tutti abbiano una mascherina. Da questo punto di vista i cinesi sono stati molto efficienti. Tutti i negozi sono però chiusi. Non ci si può rifornire di niente”.

“A livello alimentare siamo sopravvissuti grazie all’orto, ma non avevamo abbastanza latte in polvere per mio figlio. Quando la polizia locale mi ha contattato spiegando che l’Ambasciata italiana avrebbe messo a disposizione della mia famiglia un passaggio per raggiungere Wuhan e rientrare in Italia non ho avuto dubbi. Anche la mia famiglia, dalla Calabria, spingeva affinché rientrassi. E così, un paio di giorni dopo, un autista si è presentato davanti alla nostra porta per portarci via. Avrei voluto fare qualcosa anche per un mio amico australiano che era venuto con me e mia moglie a passare il fine settimana, ma aveva dimenticato il passaporto a Shangai e tuttora è bloccato in quel paesino”. 

Fonte Huffington Post

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