La bella stagione è alle porte

La bella stagione è alle porte

L’ho sentita arrivare alle spalle. Mi sono irrigidito. Ho aspettato drizzando le orecchie. Dietro di me nessuno. Lo sai come funzionano le sensazioni, quando hai voglia di dar loro retta: ti suggestionano perché vuoi suggestionarti; ti guidano perché vuoi essere guidato; ti ammaliano perché riconosci loro il diritto di farlo. Non accadeva da lunedì scorso. E lunedì scorso era una pasquetta di quelle che dimenticherò anche se mentre la vivevo mi sono detto che non l’avrei mai dimenticata.

Il cielo è perfetto. Il sole è perfetto. La festa perfettibile è un compromesso accettabile mentre armeggio con l’apribottiglie su un rosso di Palizzi. Non è dato statistico e non mi interessa che lo sia, ma abbiamo contato nel carniere 11 bottiglie delle quali tre già vuote. Ero solo. Il plurale s’inerpica nell’essere umano anche quando è solo. E in culo a sua maestà, se la forma e la sostanza sono di un rosso accesso e dal sapore zuccherino di un vino del 2018. La pretesa di essere sempre al corrente di come stia fluendo la vita è una sciocca convinzione che il postmodernismo relega alla concezione vintage del presente.

La perdita della conoscenza del momento si fa strada tra i secondi ed un terzo delle cazzate che dico non si accorgono che mi sto perdendo il meglio. Come quando fuori provo a relazionarmi con quei cosi di carne che mi guardano e sembrano volermi dire qualcosa ma poi qualcosa non me lo dicono e di io accenno un sorriso compiacente alla loro negazione di se stessi. Stessi al mio posto potrei fare l’altezzoso ma ho necessità di sgranchirmi le gambe. Ho fame e boccheggio. Ho sete e traccheggio. Ho vita e vivacchio. Ho sonno e resto sveglio ad ascoltarmi mentre mi racconto ciò che i rumori del giorno mi hanno negato. Accetto le negazioni come parenti prossimi, sbuccio un’arancia anche per loro e quando siamo tutti pronti la mangiamo e facciamo un giro di rosso a vetro. Alla vostra! La bella è la bestia che mi dice che ogni giorno è un giorno diverso dall’altro ma dall’alto delle mie stupide convinzioni provo a ripulire la lavagna dell’oggi per provare a me stesso di avere capito cosa cazzo ci siam detti ieri. I fucili sono spianati, i fucilieri mi puntano ma il rigore lo batteranno fra qualche secondo e penso che se anche avessi una ed una sola possibilità ho il sacrosantissimo diritto di provarci. Sparano e mi uccidono. Ci ho provato e non ho scuse. Chi ho pensato e mi accuso di essere sempre troppo leggero nell’affrontare i grandi temi della vita con degli improponibili occhiali da sole con la montatura bianca panna. Non è una posa e sarebbe prosa solo se riconoscessi di averlo pensato. Ma è stato il caso a portarmi da quella montatura e non sto dicendo nulla che non sia il semplice accadimento in sé. Non mi arrogo il difetto se non mi ci affeziono. La scoperta del fuoco mi lascia pensare che non sappiamo ancora un cazzo. Permettimelo. La vita prima trascorreva. La vita dopo è trascorsa.

I punti di riferimento siamo capaci di fissarli solo se le cose ci accadono direttamente e spesso il riflesso dell’epoca in cui viviamo ci abbaglia e ci esclude dal ragionamento. Ed è esattamente così che ci hanno fottuto. Ci dicono di votare, votare, votare. Ci danno la tessera a punti, la tessera a punti, la tessera a punti. Ci rendono partecipi, partecipi, partecipi. Ci convincono che l’auditel sia l’ovvio dei popoli ma ovviamente neghiamo di aver letto i dati ieri sera. E parliamo, parliamo, parliamo. Ed era vera la storia di non averlo fatto ma le minoranze non contano e tu sei uno. Io sono uno. Loro sono tanto e tanti. A che età hai imparato che le cose non stanno come dicono? Scherzo, non pensarci. Ora dammi la mano. È calda abbastanza per trasmetterti la sensazione piacevole di essere in vita. E la vita che mi passa di fianco mi sussurra che va tutto bene ma “del doman v’è certezza”. E mi accarezza l’orecchio perché sa bene che sono sensibile a certe cose. Come sempre. Posto che non dovremmo mai, mai, mai metterci nella condizione di pensare che ciò che non sappiamo sia il male, ascoltati mentre ti dici sta cazzata. Ascoltati, ascoltati, ascoltati. È arrivato l’arrotondamento per difetto delle tue spettanze. Prima di recriminare pensa bene alla distinzione tra la quota che ti sei guadagnato e la quota che ti tocca in eredità da chi si è fatto uccidere perché tu potessi avere la tua quota in eredità. Non darmi altri pensieri perché ho appena saputo che mi restano un paio di settimane di reclusione e finalmente sarò fisicamente libero di approfittare del mio corpore sano per nutrire la mia mens sana. Sarà quel che sapremo. E fino a quel momento voglio godermi ogni panorama che mi separa dalla bella stagione.

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