Confucio is next

Confucio is next

Non conosco la lingua dei segni. Non conosco la lingua dei sogni. Ho bisogno di capire ma non imparerò mai. Cosa mi dai in cambio di questa certezza? La grandezza del concetti che “sempre” e “mai” sviliscono, mi si appiccica sulle palpebre e non vedo più dove vado. Fanculo il ricordo del percorso che mi morde le orecchie. Sento che le cose sono andate come dovevano andare. Dove dovessero andare non lo sapevano nemmeno loro e lo scaricabarile non ha mai soddisfatto la mia curiosità. La vanità in fiera inorgoglisce chi resta fermo. Io, ora cieco, cerco un bastone e cerco un cane. Il cane e il bastone non sono in buoni rapporti. Sopporto la situazione e mi incammino al buio degli altri sensi.

Ci pensi mai a quello che “è” o ti fai ingurgitare da “quello che potrebbe essere”? La gioia di vivere è una troia e sorridere a tutti è una generalizzazione che accetterei solo sul patibolo. Certo, ha sorriso anche a me ma non era il momento. L’ho sentita Era sincera. È stata sincera. Sarà sinceramente la cosa più vicina all’addio dell’età giovane e lo sarà nonostante il tempo che passa non sia che una scusa per pretenderne altro. Che cosa pensi di potere mettere sul piatto del tuo pasto se non conosci il tuo posto nella catena alimentare? Dammi da pensare, per favore. Tu lo sai perchè quando sogniamo la nostra morte ci svegliamo di soprassalto? Dicono sia a causa del blocco del nostro cervello che, oltre, non sa cosa succede. Crede che sia finito tutto e ti sveglia. Ti piglia per il culo.

Il maestro Marius Xaari si arrovellava attorno ad una domanda: “Se è ad occhi chiusi che si sogna perchè ce li ha fatti?”. Io dei santoni ne ho pieni gli scaffali della libreria. Ogni volta che ho freddo leggo un libro e poi lo brucio. Confucio is next. La possibilità di risolvere diversamente non è una possibilità ma è il suicidio delle carni. Farne buon uso significherebbe darti in pasto, significherebbe aver trovare il tuo posto. La posta in gioco è altissima e le bassezze alle quali potremmo ricorrere non sono che una fortificazione fatta da minuzie che si abbracciano fortissimo. Il vento si alzerà. Crolleranno. Crolleremo. I tre porcellini non ti hanno insegnato niente? Il porco non si è espresso? Stare appresso alle consuetudini, alle buone maniere, alle prassi del bravo cittadino è un diritto inalienabile. Gli alieni esistono perché esistiamo noi. Non esitare su questo passaggio. E se io sbarco tu non sbracare, c’è spazio per tutti. Che genere di democrazia sarebbe quella in cui ritieni giusto solo quello dici tu? O quello che dico io? Io sono cieco e mi vedo. L’eco del mio cane che abbaia mi trasmette la consapevolezza dello spazio che occupo. Posso ancora andare avanti. Nella prossima vita vorrei essere un bastone. Nella prossima ancora vorrei essere una cagna e le sue cucciolate. Passerei le serate a guardare il cielo, anche quando dovesse piovere. La prova tangibile che la vita sia soggettiva è l’invettiva che rivolgo senza articolare bene le parole ma sbracciando e sbraitando l’inequivocabilità di ciò che neanche io ho tenuto a mente. E se almeno sapessi di non sapere, saprei almeno una cosa. Riposerei in pace per quella notte. Ma la lotta è continua e il mio cane ha fame.

Lo specchio delle mie brame l’ho rotto a testate. Il reame riflesso è un complesso sistema di presenze e assenze. Ci vuole classe. Ci vogliono professori. Ci vogliono allievi. Come quando ti perdervi e pensavi non fosse giusto, ma lo era. La genealogia mi ha spinto sottoterra. Dentro la fitta rete di radici la mia matrice vibra. Mi tengo in equilibrio ma ho voglia di buttarmi. Al pubblico, il ludibrio dovrebbe bastare anche per questa settimana. Sbaglio. Mi spoglio e sfoglio la lista dei miei ultimi desideri. Come fosse ieri, ma meno convinto di sfangarla, mi convinco che la soluzione giusta è quella di portavi tutti con me. Io cieco. Io cane. Io bastone. Un buffone dalle cerimonie corte seppellisce l’ascia di guerra e sferra l’attacco finale. E meno male che dovevamo soltanto ipotizzare un concordato tra le parti, altrimenti mi sarei perso il tramonto. Gli sconti sono finiti. Gli scontri non finiranno mai. Li affronto. Aggrottato ma li affronto. Annaspante ma li affronto. Alito ossigeno puro sulla mia malattia respiratoria. A fine lavoro ne giro una, anche con gli occhi chiusi. Quella è la condizione, quella è la posizione. Che possa essere la soluzione mi interessa solo se l’accendino ha ancora qualcosa da dare. Fatti baciare. Lettera o testamento, se ci pensi bene, sono la stessa cosa. Nessun rammarico fin quando percepirò i bagliori della differenza tra il giorno e la notte. Un barbarico Pindaro mi raccontò che il segreto di quella cosa dei voli sta negli oli essenziali con cui bagni le piume delle tue ali. Il rituale abituale mi ingabbia. Il crescendo della musica è il crescendo della rabbia. Il mio bastone prende fuoco, il cane mi guarda, posso accendere quella sigaretta. Non ho fretta e decido di aspettare il mio turno. “Non importa se ti muovi piano, l’importante è che non ti fermi”. Non come fa il cervello, che quando sogna la tua morte non sa più cosa immaginare e…

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