La Calabria nelle mani del patriarcato

La Calabria nelle mani del patriarcato

È stato presentato da un gruppo di elettori il ricorso al TAR per chiedere l’annullamento dell’ultima tornata elettorale per eleggere il consiglio regionale calabrese.

Tra le motivazioni espresse, oltre alla soglia di sbarramento fissata all’8%, c’è quella che all’interno della legge elettorale regionale non è prevista la possibilità di esprimere la doppia preferenza di genere.
Nonostante per la prima volta nella storia della Calabria sia stata eletta una donna alla carica di Presidente, il consiglio regionale continua a essere dominato da uomini e quindi nelle mani del patriarcato, infatti su 31 consiglieri eletti solo 3 sono donne, tra cui la Governatrice, neanche il 10%.

Ma quello della bassissima rappresentanza femminile non è un problema che riguarda solo il consiglio eletto, infatti già nella presentazione delle liste la presenza di donne era nettamente inferiore alla componente maschile, su 304 candidati al solo 62 donne, circa il 20%.
Il problema della rappresentanza femminile in Calabria non è solo una questione legislativa ma anche, e soprattutto, di partecipazione nella vita quotidiana.

Sono moltissime le donne che in Calabria si impegnano quotidianamente nel fare di questa terra un posto migliore, che si impegnano nel sociale, che organizzano attività, che fanno impresa, che creano lavoro, che contribuiscono alla sviluppo e all’evoluzione della società, che lottano per il riscatto di questa terra che chiude loro le porte in faccia.
Le donne possono e devono rappresentare la Calabria all’interno delle istituzioni, anche perché il governo del patriarcato non sembra essere così proficuo.

La Calabria ha bisogno di più Rosa, in politica, nella vita quotidiana, nella rappresentanza e nelle istituzioni. Il maschilismo ha fallito, ha ottenuto pessimi risultati, e non basta il Pinkwashing rappresentato da una Governatrice per cambiare una situazione che la Calabria e le donne calabresi non meritano.

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