Assalto alla dipendenza

Assalto alla dipendenza

L’ottima annata sarebbe tornata. E mentre i lupi mannari cercavano un metodo per smarcarsi dai vizi della Luna, i miei contemporanei spendevano gli ultimi spicci in scommesse perdenti. Il centro del discorso potrebbe non essere questo. E nemmeno questo. Lesto, mi approprio del linguaggio e dei bonus previsti per le combinazioni multiple. Il moltiplicatore del coefficiente ha un contatto diretto con la malavita.

Tre dita di whisky, una volta al giorno, e il contorno occhi diventa più vecchio dell’anima in cui si riflette sempre meno.

Il tempo è dinero e non ne tengo abbastanza per questioni di spazio. Lo strazio della voce del padrone di casa lo ha trasformato nella mia voce mentre mi lamento dello strazio della voce del padrone di casa. Ci siamo passati tutti ma tra mascherina, guanti e paraocchi non ci siamo riconosciuti mai. È una buona notizia.

Il tizio che ulula alla Luna la verità del Sole non ha capito come funziona e ignaro continuerà a lottare la sua personale guerra. Un plotone di esecuzione mi si para davanti: ho molti più ricordi di quanto loro abbiano munizioni. Li appallottolo e mi fanno da scudo. Mi scuserei con i più bravi ma non ce ne sono. Italiani. Bava. Gente. Sento il silenzio dei colpevoli che scavano fosse per nascondere i corpi del reato. E ora chi è Stato è stato: il passato si affloscia e l’antica arte di abbeverare la Bestia sembra decadere di generazione in generazione. L’azione provoca rigurgiti nei corpi che, non allenati, si allineano per convenienza. La comodità è una minusvalenza che da ragioniere ho imparato, onde possibile, ad evitare. Ed evirano i pensieri, e rinvigoriscono le protesi: solo per questa settimana ce le vendono a metà prezzo. Solo per questa settimana. Fossi pazzo da un pezzo non lo avrei capito e starei bene. O alla peggio stirerei quella bella camicia bianca con la rosa dei venti, e i suoi punti cardinali, ricamati sulla spalla destra. Ma la strada Maestra è in pensione dallo scorso anno e non ho più punti di riferimento.

Vado a tentoni mentre i quaranta lardosi si abbuffano dei resti, spolpano le ossa e tracannano il mio sudore. L’aria si è fatta pesante il giorno in cui hanno iniziato a promettere ciò che chiaramente non avrebbero potuto mantenere. Ci abbiamo creduto e i cornuti siamo noi. Ciò che è accaduto è la nostra storia e logora, e logora. È logora. L’ora del ripensamento scocca le sue lancette tra le stelle: devi soffiare forte su tutte le nuvole che ti impediscono la vista se vuoi davvero capire di che cosa stiamo parlando.

Mi mando a fare in culo come fossi la mia parte vigile che ha ancora voglia di prendersi cura di me. L’anima pia che tengo sottovuoto è intatta. La tirerò fuori al processo nella stamberga in cui sono imputato per lo sterminio degli esseri umani che hanno inquinato il mare. Sapevano benissimo a cosa ci avrebbero condannati e ne hanno sorriso a bocca larga, tra zaffate d’aria calda e infernali procedure e creme solari idratanti al sapore di cavillo burocratico con cui si ripuliscono e si scrollano di dosso ogni responsabilità. Per me non è così. Se i giudici non contano più un cazzo io non posso farci più niente. E non dico che pregare sia inutile, quella è una cosa che non va proprio considerata. Il rogo è un diritto che le streghe hanno innalzato a maledizione. Ed io, con loro maledetti, farei solo la più grande festa che si possa immaginare.

Agli invitati servirei dei cocktail di élite, sostituendo ai ghiacci diamanti affilati. Per fare un Cerbero ci vuole impegno. Mi ingegnerò qualcosa e la metterò in mano al mio bartender di fiducia. Depongo le armi. Puoi baciarmi, mia sposa, e riposare in pace. Il senso era quello sin da quando le relazioni umane hanno inteso unire due sensibilità sull’altare che l’evoluzione ha svilito puntellando le staccionate entro le quali hai creduto di essere finalmente al sicuro. L’oscuro presagio fuma un’altra sigaretta, come ogni dopo. Poi stacca la testa alle statue degli avventurieri per nutrire i bassi istinti di istanti che stentano a storicizzare usi e costumi del luogo. Affogo nella mia rabbia a patto che abbia un senso. Mi drogo nella mia sabbia a patto di poterci cacare dentro e ricoprire tutto come se nulla fosse. Che cosa ho un comune con la bestia da tiro attaccata dall’altra parte del giogo? L’assalto alla dipendenza ossequia le tradizioni tradotte da luminari vendicativi. Il torto e la ragione salgono sulla bilancia. Io guardo dall’alto e barcollo. La punta dell’ago mi trafigge, mi contorco e non riesco più a decidere da quale parte stare. Tra l’equilibrio stabile, l’equilibrio instabile e quello indifferente si aprono ventagli in cui i più si pavoneggiano nel rimanerne inevitabilmente vittime.

Ho fatto questo errore tre vite fa, ero un licantropo e puntavo tutto sulla convinzione che l’ottima annata sarebbe tornata. Se guardo in alto l’aurora è digiuna.

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