La favola del lockdown

La favola del lockdown

Vi racconto la favola del lockdown. Era febbraio. Il virus è in Cina. Giochiamo Atalanta-Valencia. Boom di contagi, in 15/20 giorni ospedali al collasso. Scoppiano Codogno e Vo. In pochi giorni siamo a Marzo. Gli ospedali sempre più in affanno col rischio di non riuscire a soddisfare neanche le più basilari necessità dell’utenza.

Dobbiamo chiuderci in casa perché il virus ci è sfuggito di mano e non sappiamo più come acchiapparlo. 2 mesi, dal 4 marzo al 4 maggio, di distanziamento sociale per consentire alla sanità di respirare. Per non portarla al collasso, per non mettere i nostri medici di fronte alla costruzione di dover scegliere tra due vite quale salvare.

Sono bastate appena due settimane per produrre la quantità di contagi che il nostro sistema può sopportare. Per un’intera estate ho sentito dire “A ottobre ci sarà una seconda ondata” a medici, virologi, professionisti e anche dilettanti, tutti lo dicevano (tranne gli idioti negazionisti). Siamo a novembre e oggi stanno saltando fuori i numeri della seconda ondata, quella di ottobre.

Oggi ci ritroviamo nella stessa situazione di marzo, di nuovo. Non è possibile, non è normale che in un paese come l’Italia, fatto di donne e uomini con un bagaglio culturale che il mondo ci invidia e spesso ci ruba, ci ritroviamo nuovamente in quel delirio generale. Non è pensabile che ad agosto si discuteva su quante persone potessero stare in uno stadio quando non sapevamo come trasportare in nostri ragazzi a scuola in sicurezza senza sovraccarichi per il sistema dei trasporti.

Non è pensabile che in un Paese come l’Italia, consci della seconda ondata, non si sia fatto assolutamente nulla per impedirla se non attendere che si palesasse nei numeri, nella curva, ma soprattutto negli occhi di quelli che abbiamo chiamato eroi ma che oggi non sappiamo rispettare. Abbiamo aspettato che la seconda ondata ci travolgesse e oggi è tardi perché il nuovo febbraio è ormai alle spalle e siamo a Marzo.

Abbiamo aspettato di rivedere i nostri eroi dormire sul luogo di lavoro, e non per negligenza; abbiamo atteso di vedere ancora file di ambulanze con all’interno pazienti in attesa. Abbiamo aspettato troppo. Morale della favola: Torniamo sui balconi se ci vogliamo bene.

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