Movimento Non una di meno: “Sui nostri corpi decidiamo noi!”

Movimento Non una di meno: “Sui nostri corpi decidiamo noi!”

Non è la prima volta che in questa città compaiono dei manifesti ProVita contro l’aborto in cui la scelta delle donne viene messa in discussione. Per una memoria collettiva, vogliamo ricordare anche il precedente manifesto supportato dall’#dallapartedelledonne (quali ?) con l’immagine di una pseudo Biancaneve “stroncata” dalla famosa mela avvelenata, con cui veniva veicolato un messaggio estremamente fuorviante, oltre che lesivo del principio dell’autodeterminazione delle donne e SENZA ALCUN FONDAMENTO SCIENTIFICO, di pericolosità della RU486.

Allora affermammo senza paura di smentita che quei manifesti veicolavano delle menzogne: la RU486, infatti, ha avuto la piena approvazione dell’AIFA e del Ministero della Salute (giusto per ricordarlo a chi invece aveva scritto del contrario appoggiando il manifesto). Allora, come sempre in tutta Italia, il movimento delle donne ne chiese la rimozione che puntualmente avvenne in moltissime città.

Un paio di giorni fa i ProVita sono tornati, questa volta nel manifesto, a lettere cubitali veniva scritto “Il corpo di mio figlio non è il mio SOPPRIMERLO non è la mia scelta #stopaborto.”

Come per le precedenti volte riteniamo questo manifesto estremamente squallido e violento e ne spieghiamo il perché:

1) Il linguaggio usato è criminalizzante ed ha il solo scopo di paragonare l’aborto a un omicidio e quindi le donne a delle assassine colpevoli cioè di un reato, cosa che invece non è.

2) Usare il termine umanizzato di bambino, anziché embrione o feto ha il solo scopo di colpevolizzare le donne che hanno scelto di abortire. La corretta terminologia medica è EMBRIONE fino alla 10a settimana di gestazione e FETO dalla10a settimana in poi; di bambino, cioè di soggetto con capacità giuridica si può parlare solo quando ne avviene la nascita (art. 1 comma1 codice civile)

3) La legge 194 è una legge dello Stato costituzionalmente inattaccabile, passata indenne anche da un referendum abrogativo e che al suo interno contiene uno strumento, quello dell’obiezione, che di per sé già penalizza le donne, visto che all’interno degli ospedali pubblici il numero degli obiettori è altissimo raggiugendo vette dell’80% in numerose Regioni.

4) Abbiamo letto di persone, in prevalenza di sesso maschile, che tra un ”Sindacu a spazzatura” e un “ci su cosi chiù mportanti i l’abortu” hanno invocato a sproposito l’art. 21 della Costituzione per attaccare il nostro Sindaco reo di essersi schierato in difesa, non solo di una legge di Stato (L.194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza), cosa che nelle sue funzioni è un dovere fare, ma soprattutto per aver difeso il diritto delle donne di non sentirsi dare delle assassine solo perché decidono di abortire: per quanto scontato possa sembrare, ci tocca ricordare a questi signori che ogni diritto, anche di rango costituzionale, trova il proprio limite nell’esistenza di altri diritti di pari rango e che nessuno, in nome della libertà di espressione, può permettersi di incitare all’odio, all’intolleranza, alla discriminazione ed alla criminalizzazione di chi rivendica semplicemente di poter liberamente esercitare un proprio diritto.

5) Altra cosa di cui spesso ci si dimentica: lo Stato Italiano per Costituzione è LAICO, sarebbe forse meglio che la Chiesa, invece di guardare in casa altrui, si occupasse di quello che succede in casa propria. Ci dimentichiamo, forse quante storie di abusi su bambini e bambine sono venute fuori, anche ultimamente, o di preti che approfittando del sacro vestito indossato, si sono macchiati del reato di pedofilia? Quello sì un reato, che “uccide” e mortifica corpo ed “anima” di BAMBIN* (non feti o embrioni) che lo subiscono. Né tanto meno ricordiamo un loro intervento di ferma condanna nel caso del consigliere e pastore Massimo Ripepi in occasione del suo presunto “coinvolgimento” in un caso di abuso su una bambina, se non una semplice richiesta, rivolta alla sua comunità, di autosospendersi dal Consiglio delle Chiese reggine (naturalmente se siamo in errore saremo pronte a prenderne atto).- “Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? … Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”. (Luca 6,39-45)

L’elenco di cose da dire sarebbe talmente lungo che non basterebbe un’intera pagina di giornale per esprimere la nostra indignazione rispetto a ciò che stiamo leggendo in articoli di stampa e sui social, naturalmente da chi, (ProVita, Stanza 101, ecc.ecc., Chiesa compresa), ha sempre fatto del patriarcato la sua arma per sancire il diritto di parlare per nome e conto delle donne da sempre ritenute, secondo i loro canoni, delle mere ancelle il cui compito è quello di servire, soggiacere ed assecondare desideri ed ordini dei patriarchi. Svegliatevi, il Medio Evo è passato da tempo!

Non accetteremo, da chicchessia, lezioni su come gestire il nostro corpo, così come non accetteremo che altri decidano per noi.

Al Sindaco Falcomatà diciamo: “Se, per la tua decisione di rimuovere i manifesti di ProVita – così che possa cessare definitivamente, nella nostra città, questa serie di campagne denigratorie e di disinformazione, l’uso di linguaggi violenti e misogini contro il nostro diritto all’autodeterminazione e contro il nostro diritto di scelta, continuamente riproposti nelle loro crociate oscurantiste – dovessi ritrovarti citato in giudizio da ProVita & company, ci troverai schierate al tuo fianco dentro e fuori alle aule di tribunale”.

NUDM RC Reggio Calabria

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