Dimissioni di Longo e fine del commissariamento della sanità calabrese: le Femin pronte alla mobilitazione

Dimissioni di Longo e fine del commissariamento della sanità calabrese: le Femin pronte alla mobilitazione

Stamani al tavolo dell’incontro con il Commissario Longo e con il Commissario ASP La Regina era seduta tutta la cittadinanza calabrese, perché abbiamo deciso di portare le vostre testimonianze e le istanze di chi come noi si batte per la riapertura degli ospedali e per la ri-territorializzazione della sanità. Se pensavamo male abbiamo trovato peggio, il Commissario Longo al di là del suo atteggiamento arrogante nei confronti delle istanze dei cittadini e delle cittadine, come se ognunə di noi parlasse per sentito dire, non avesse vissuto la malasanità sulla propria pelle o non sapesse né leggere né scrivere, dimostra incompetenza. Questo atteggiamento da “primo della classe” non ha alcuna giustificazione e risulta illegittimo alla luce della confusione totale in cui brancola lo stesso commissario, e dato che il piano anti-Covid da lui redatto è stato malamente bocciato. Il piano vaccinale è fallimentare e neanche il Commissario si attiene allo stesso. Sulla disomogeneità a livello regionale tra i soggetti fragili e conviventi aventi diritto al vaccino intesi dal ministero non è pervenuta risposta, così come sulle vaccinazioni a domicilio e le categorie vaccinate in ritardo rispetto alle indicazioni nazionali, come ad esempio il personale scolastico o gli over 80. Per lui, il ritardo nella somministrazione dei vaccini è solo ed esclusivamente responsabilità dei medici di base, dipinti come degli inetti, o delle piattaforme e del numero ASP o, per quanto concerne i soggetti fragili, delle aziende ospedaliere.Sulle 74mila dosi sparite nell’ASP di Cosenza, per cui è attualmente in corso un‘interrogazione parlamentare, ci dispiace constatare che il commissario non sa rispondere ma anzi accusa di “parlare a casaccio” e dice che non può vigilare “sulle fughe in avanti”. Chi deve vigilare quindi?

Sulle delibere U.S.C.A. e sul loro collocamento il commissario è ancora più confuso. Su Rogliano, che risulta aperta in sostituzione di un’altra U.S.C.A. prevista nel distretto, non sa dirci neanche la collocazione o ad esempio, in barba alla gestione territoriale e capillare dei casi covid, non sa rispondere sul criterio di ricollocazione di quelle per cui non sono state trovate sedi adeguate: ancora non si sa per quale motivo tutte le persone residenti a Laino Castello e Borgo, invece di essere dirottate all’U.S.C.A. di competenza (ovvero quello di Castrovillari, che sulla carta risulta attiva e distante solo 40km), siano state dirottate a quella di San Marco Argentano, sempre facente parte dello stesso distretto, ma distante quasi 80 km.

Sugli ospedali chiusi e sui pronti soccorsi la figura è ben peggiore di quella fatta dai partiti, che prima si sono adoperati per chiudere e ora per consenso elettorale si ergono a paladini della riapertura.

Sostanzialmente, il commissario sostiene che, in un territorio molto popoloso come quello del basso Jonio cosentino, dotato di un solo ospedale sovraffollato, non esista l’utenza tale da giustificare la riapertura di quello di Cariati: gli indici smentiscono le nostre rivendicazioni. Al nostro invito a visitare i territori in cui sono stati chiusi gli ospedali il commissario fa spallucce, perché «se ancora non mi hanno dato i due subcommissari io non posso muovermi dove mi pare. Apriamo le case della salute, male che va incrementiamo il servizio.» Male che va?! Che cosa deve andare peggio di così? Avere un pronto soccorso nei paraggi, secondo il commissario, non è qualcosa di contemplato nei Livelli Essenziali d’Assistenza.

Sulle domande relative al turnover del personale pensionato e sulle assunzioni, che di fatto sono uno dei principali problemi per cui i consultori e i presidi territoriali sulla carta sono aperti ma nei fatti sono chiusi, abbiamo ricevuto la notizia dell’assunzione di due ginecologici e qualche ostetrica, e fissato un nuovo tavolo con chi di competenza nell’ASP di Cosenza.

Insomma, predisporre i piani per l’emergenza, garantire i LEA, coordinare tutti gli organismi sanitari attivi nella regione, vigilare che tutto si svolga a norma, relazionare al ministero a quanto pare non è responsabilità del commissario. Non si capisce bene il Commissario cosa stia commissariando, la sanità calabrese o una partita di calcetto? Assistiamo all’ennesimo indegno teatrino, di cui noi cittadinə paghiamo le conseguenze, per cui invece di correre a risolvere i problemi, si corre dare colpe solo a “chi c’era prima”. Noi non abbiamo mai negato che una situazione del genere sia responsabilità di chiunque si è susseguito negli ultimi decenni ma non possiamo neanche mentire di fronte all’immobilismo dei nuovi commissari, che anzi si confermano in linea di continuità con i precedenti. Il problema sanitario non è, come afferma il commissario, «un problema di cultura calabrese» ma è una condizione ormai strutturale che va affrontata con ben altro atteggiamento. A questo punto, ci chiediamo: il commissariamento della sanità calabrese a cosa serve? Il commissario Longo, oltre a gridare addosso ai cittadini e alle cittadine, cosa fa?

Se questo è lo stato dell’arte, siamo pronte a mobilitarci di nuovo e lo faremo fin quando non otterremo le dimissioni di Longo, la fine del commissariamento, l’annullamento del debito sanitario e un nuovo piano strutturale per la sanità calabrese.

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