“Dite a tutti che sono in carcere perché difendo i diritti umani”

“Dite a tutti che sono in carcere perché difendo i diritti umani”

di Pasquale Aiello

Questo il messaggio consegnato ai suoi genitori durante una visita in carcere e trasmesso dalla pagina facebook del gruppo ‘Patrick libero’ che lo sostiene, nel periodo del Natale scorso da Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna in arresto preventivo da circa un anno in Egitto, accusato di “propaganda sovversiva” per mezzo dei social network. Insieme alla vicenda di Giulio Regeni, il ricercatore italiano torturato e ucciso nelle carceri egiziane, anch’egli vittima dell’ideologia del pensiero unico al servizio del liberismo e del capitalismo, sono i due avvenimenti che più di tutti raccontano come, nonostante siano trascorsi dieci anni dalla “giornata della collera” di Piazza Tahrir che scatenò la rivolta contro il regime di Mubarak in Egitto, quel paese non abbia ancora intrapreso la strada per il rispetto dei diritti umani e l’istituzione di una vera democrazia. Sono due piaghe che sanguinano. Sono due casi ancora senza giustizia che tratteggiano molte ombre sui rapporti politici, economici e diplomatici che intercorrono tra Italia e Egitto. Giulio Regeni e Patrick Zaki sono diventati, purtroppo, la rappresentazione di un paese dove tra dimenticanze, trascuratezze, e colpevoli silenzi, le autorità fino ad oggi hanno manifestato sempre una certa reticenza e ostilità nei confronti dell’Italia, che nonostante tutto continua, ahinoi, a tenere aperti i canali diplomatici tessendo affari con Il Cairo. Le istituzioni italiane non hanno mai reagito con fermezza. Si sono sempre limitate a dialoghi puramente istituzionali con inviti convenzionali di collaborazione rivolti al governo egiziano e interventi di sostegno agli altri paesi europei. Intanto le famiglie di entrambe le vittime Regeni e Zaki stanno invocando da tempo azioni più forti e, se fosse necessario, anche il ritiro dell’ambasciatore italiano in Egitto. Purtroppo, bisogna registrare che al momento, una presa forte di posizione non è arrivata nemmeno dalla Comunità internazionale. Il parlamento europeo, lo scorso 19 dicembre si è soltanto limitato ad approvare una deliberazione nella quale, si mette l’accento sulla inquietante situazione che concerne la libertà personale, sottolineando le “detenzioni, minacce e intimidazioni” nei confronti dei giornalisti da parte del regime e gli arresti di “decine di migliaia di difensori dei diritti umani” e dove, si esortano gli stati membri a imporre sanzioni economiche contro l’Egitto. Una disposizione passata con 434 favorevoli, ma anche 29 contrari e 202 astenuti ma che non ha visto l’applicazione da parte di nessuno dei paesi membri men che meno dell’Italia. Due vicende, quelle di Zaki e Regeni, che sono diverse ma che sembra siano legate da un elemento comune, quello delle violazioni sistematiche dei diritti umani in Egitto nonostante i numerosi appelli e iniziative, messaggi e petizioni di politici, attivisti e associazioni. Sostenere Patrick ricordando Giulio e combattere insieme alle loro famiglie per fare anche chiarezza sulle responsabilità italiane, chiedendo, magari, di indagare soprattutto su eventuali zone d’ombra o addirittura depistaggi, vuol dire lottare per i diritti di tutti nel mondo.

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