43 anni dalla morte di Peppino Impastato, il ricordo di Pasquale Aiello

43 anni dalla morte di Peppino Impastato, il ricordo di Pasquale Aiello

di Pasquale Aiello

Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”. Questa scritta è un elogio alla bellezza di Peppino Impastato, attivista siciliano antimafia, e militante comunista, che contribuisce a farsi una idea della totalità di una figura di combattente della lotta alla mafia che per molti anni è stato trascurato e quasi dimenticato, nell’ illusorio sforzo di dissuadere da tutto ciò che esso rappresenta e il grande valore che porta con se il suo sacrificio. La speranza è che tutti gli studenti e tutti coloro che hanno condiviso e continuano a condividere il pensiero di Peppino Impastato, siano capaci di portare quell’appello vivo nel cuore affinchè sia sempre attuale. Peppino Impastato era sicuro che una delle armi per combattere la mafia era e rimane la cultura della bellezza, quella bellezza in grado di esaltare e entusiasmare che si trasforma in un’arma potentissima contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.

Ma Peppino era anche un marxista convinto che ha fatto della lotta di classe il suo credo politico e che ha pagato con la vita stessa, l’impegno nel duro contrasto al potere mafioso ammatassato con una classe politica ben definita che ha i suoi codici scritti nelle fondamenta del capitalismo. La forza di Peppino era il pensiero e la convinzione che bisognava rompere gli equilibri del sistema per raggiungere e completare la trasformazione di una umanità solidale senza più diseguaglianze e senza sfruttamento attraverso la Rivoluzione per conquistare la bellezza e la felicità. La lotta contro la mafia e il malaffare quindi, associata alla lotta contro questo sistema economico, perché la mancanza di lavoro, i crolli economici che colpiscono migliaia e migliaia di famiglie, la privatizzazione della sanità e tutti i servizi sociali, che oggi più che mai, a causa della pandemia, si rivelano devastanti, sono il vero terreno fertile su cui la mafia pianta i suoi semi avvelenati.

Peppino Impastato, con mezzi modestissimi, una radio locale ‘Radio Aut’ e un piccolo giornale ‘l’idea Socialista’, ma con lo slancio di chi sa di impegnarsi per una giusta causa, intraprese insieme a altri compagni, oggi testimoni di ciò in cui credevano, questa lotta contro la criminalità organizzata e insieme per l’abbattimento di un sistema capitalista che annovera i nuovi mafiosi non più con coppola e lupara, ma con laurea e doppiopetto. Peppino muore nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978 a soli 30 anni, assassinato dalla mafia a Cinisi, il paese della Sicilia dove ha vissuto e lottato per contribuire alla costruzione di un mondo migliore, proprio durante la campagna elettorale che lo vedeva candidato in una lista di Democrazia Proletaria.

A 43 anni dalla sua morte, il suo non è solo un ricordo commemorativo, ma vuole diventare un momento di riflessione per continuare su quel solco di una visione rivoluzionaria che ha caratterizzato l’esistenza di Peppino, della lotta alla mafia, allo sfruttamento e a tutte le ingiustizie, per un mondo affrancato dal dolore e dalla sofferenza in cui solo la bellezza e la felicità dovranno dominare.

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