I pensieri degli ereditieri

I pensieri degli ereditieri

Sì, è vero. Avevo iniziato a scrivere il mio testamento ma non ero granché ispirato. Avrei tenuto sulle spine ancora per un po’ i destinatari dei libri, quelli dei dischi e quelli delle mie mutande pulite. Avrei spiegato, forse, un giorno, perché quel giorno comprai quelle mutande enormi e perché nel resto della mia vita non le indossai mai. I testamenti sono tra i testi più letti della nostra giovane storia di ereditieri. La successione. Cos’è successione? Penso spesso alla successione. È la vittoria della vita che non si ferma. E mi dirai che le cose non hanno vita ma io questo lo so già, ma me ne fotto. Nell’epoca tardo materialista in cui cerchiamo scuse d’acciaio, una pietra di lava presa rubata al vulcano Etna è il successo della vita sulla morte. Le storie, le noie, le tesi accusatorie, quegli sguardi dalle feritoie. La paranoia della mangiatoia bassa che s’abbuffa di tutto e quel tutto che presto diventa niente, diventa merda. La dispersione del calore umano, dai sorrisi pelosi dell’uomo di Neanderthal al culo rifatto della mia manicure. Ho stappato altre bottiglie, ho stupito i commensali. Negli annali scriveranno che quel tizio alto era una testa balorda che viveva nel suo mondo e rivolgerò tutta l’attenzione dell’analisi su quel “suo”. La successione. Ci penso spesso sai? Il potere di potersi protegge dall’incedere bastardo di un tempo maliardo. I miliardi di anni esistono ma non è roba per noi. Poi, mi dirai, c’è un poi. C’è un però. C’è un faremo. C’è un diremo. Poi, mi dirai, c’è un noi. E di noi, mi dirai in successione i passi della trafila della caduta e del rialzarsi e della caduta e del rialzarsi.

Quante sepolture dobbiamo profanare prima di darci per vinti? Quante preghiere dovremo recitare prima di convincerci che non serve a un cazzo pregare? Ti pare bello illudermi in questa maniera? Ti pare poco che io ti abbia creduto? Ciò che è accaduto è solo perché la vita accade, ci chiede una mano d’aiuto e facendo spallucce sulla nostra indecente transitorietà, noi quella mano la allunghiamo, certo che la allunghiamo. Mi richiamo all’ordine. I medici diranno che sono stato sordo quando mi investirono nel bel mezzo del marciapiede. Nel bel bezzo del nulla in cui l’amaca è la mia culla. Chi mi trastulla lo fa anche per un suo piacere.

Voglio l’amaca e non una bara, quando sarà il momento. La voglio ubriaca, con la bocca amara, senza lamento. Si alzasse anche il vento, saprei anche dove andremo. Dite ai Caronti degli spiriti che i loro retini per farfalle sono divertentissimi. Dite loro che le reti non sono pareti. Dite che gli arcipreti e gli analfabeti li nasconderemo sotto il tappeto di foglie da calpestare. Dite che i profeti cederanno il pranzo ai concreti in cambio del silenzio di un sorso di quel vino. E poi non aggiungete altro. I figliastri potranno piangere, ma solo qualche lacrima. I disastri dovranno ammettere la sconfitta. La successione. Penso sempre meno alla successione, sai? Mi darei da fare se l’immaginassi come qualcosa sulla quale intervenire nel poco del tempo che mi rimane, ma il dado d’un tratto ha sei facce bianche e puoi tirarlo per l’eternità con la certezza di avere avuto tanta di quella fortuna da poterlo fare e rifare ancora senza pagarne le conseguenze. Abbandono l’abbondanza dentro un barattolo trasparente e lo ricopro della terra del primo pugno che mi saluta. Poi non sento più niente che non sia il rumore del mare, chiaro, dall’orecchio destro e poi anche dall’altro. Sbatte sugli scogli e si frantuma e si ricompone. “Obiezione!”. Ho il mio onore da difendere. Ho il sentore che non sia così importante. Il fetore dell’analisi critica suppura nella supremazia di una lingua che non sembra aver fatto breccia sulla popolazione. Si fottano le filosofie, qui c’è chi muore di nulla. Che mondo sarebbe senza “Nulla”? Si fottano anche i pionieri, qui c’è chi cerca spazio e per trovarlo deve uccidere un suo simile.

Abbiamo tutto il tempo per fare tutto in tempo ma non siamo sicuri che quello che vogliamo fare sia proprio quello che noi vogliamo fare. Si fottano anche i fatalisti, qui non c’è destino che tenga, qui si fanno le cose. In successione: nasci, cresci, pasci, riesci, lasci. Ci penso sempre meno. Quasi non ci penso più. Sì, è vero. Avevo iniziato a scrivere il mio testamento ma non ero granché ispirato. Dentro quel cassetto ho troppi pigiami ma ho ancora troppo poco sonno.

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