Non cambiare mai quando cambi

Non cambiare mai quando cambi

L’idea che le cose sarebbero potute cambiare non sarebbe cambiata mai. Come potrebbe? Come avrebbe potuto? Chi siamo noi per ergerci ora a paladini dell’onniscenza mentre la morte bussa alle porte e la percezione si fa sempre più sciatta, dentro le nostre spartane stanze del sonno? “Ce la ponno”, dicevano. “Cantiamo l’inno”, dicevano. E noi lì, ad ascoltare la flebile lucidità dall’alto della nostra flebile percezione. Azione. Reazione. Ritorsione. Le alterazioni di un presente come fosse un regalo, si improvvisavano foriere di percezioni che non avremmo recepito. Io l’ho capito che tu hai altro da fare. Io l’ho capito che dare è meglio che ricevere. Non credo e mi ricredo solo quando le cose mi sono chiare. Ciondolo e non diniego, colo ma non mi spiego. Come è stato possibile ridurre tutto ad una adulterazione ipertesa se il moto ha smesso ed io, perplesso, mi sono preso una questione con i tipi della sicurezza, all’entrata, con la speranza che il mio non fosse visto come un tergiversare ma come la naturale conseguenze delle cose? Le cose belle mia vita non sono cose. Le pose belle della mia vita sono spontanee. Posto anche che non lo fossero, con quale diritto ti siedi al mio tavolo e mi dici cosa devo fare, dire, pensare, lettera o testamento? Io ti sento, fratello mio, che esali respiri come fossero gli ultimi ma ti piacerebbe che lo fossero per davvero. Il barricadero dell’emisfero superiore fa incetta di regali ma di regale ha solo i presenti. Non sentu nenti. Non sentu cchiù nenti. I talenti si inerpicano suadenti verso l’alto. L’alto si abbassa. La vita si tassa. La tazza è piena della tua merda. Disperdere le forze è l’obiettivo primario nell’ottica della gestione di un problema che problema, così facendo, non sarà. Svegliati è primavera. Dormi che è inverno. L’eterno riposo dona a noi la pace. Chi tace accondiscendente si pente presto degli errori che in gioventù costano poco e che da grandi costano troppo. L’intoppo dei popoli è uno stagno in cui mi lagno di averti conosciuto. Bruto, Giulio Cesare. Giù la testa, c’è la celere. Mi prendono a calci e pugni. Mugugno e incespico. L’intento bellico fa schifo. Tifo per chi non ha mai voglia di fare un cazzo. Ho una bandiera che mi rompo il cazzo di sventolare.

Ieri sera ho fatto a gara con la mia ipocondria che mi porta via, lontano dai quaquaraqua che giorno e notte e notte e giorno godono come in un porno: fanno finta di godere. Prima il dover essere ligi. Un prestigiatore si farà portavoce del diritto di proprietà che alla mia età ho capito essere una posa. Come. Dove. Cosa? L’eterno riposo è coma rapace che piace alla gente che piace. Sagace acconsento, lo sai? Lo sai che per piacere devi essere dissuaso dall’annunciatore dello sfruttamento che fa il mio nome? Sapevi dell’omonimia di dio con chi come lui a sua anagrafe assomiglia? Asso. Piglialo! Diglielo tu che siamo persone per bene. Piglialo tu questo costrutto distrutto di fasi alterne e frasi fatte. Siamo motti da slegare: liberati dal male. L’inno innominabile per il buon nome della famiglia. E a tìa, cu ti pigghia? Sottospecie di sottospecie che invece di andare avanti altalenano stanchi in cerca di spinte. Dipingo per gioco e mai per passione. La mia porzione di indipendenza è rimasta sola e lo sai che senza un buon gioco in mano il mio bluff verrà scoperto, questo è accertato da chi lo ha già vissuto. Discuto dell’aiuto con chi se ne fotte di me. Se così non fosse ne saremmo pieni e ai piani alti e ne godrebbero fin troppi. Un groppo alla gola si tinge di mistero. L’intero patriarcato verrà messo in discussione da me, da me che oggi mi sento una donna. Ieri ero un codardo. L’altro ieri ero un bastardo. L’altro l’altro ieri ero il traguardo da raggiungere tra lo sguardo dei guardoni che ha milioni di implicazioni. La ragione? Quale ragione per chi come me ha una turnazione h24, 7 su 7? Quale oblazione per la diffidenza dell’apparire a discapito dell’essere. Gli umani fanno sono sovrani solo in solitudine. E chi se l’accolla? Non siamo fatti per stare soli. Non siamo fatti per stare insieme. Non siamo. I fatti parlano chiaro. Correte al riparo! Correte al riparo! Che mi sia chiaro è solo un gioco al ribasso. Che sia uno sparo ha il favore della statistica.

Il faro risplende intermittente.
Il faro risplende intermittente.
Il faro risplende intermittente.
Il faro risplende intermittente.
Il faro risplende intermittente.
Il faro si è spento.
Il faro risplende intermittente.
Il faro risplende intermittente.
Il faro risplende intermittente.
Il faro risplende intermittente.
Il faro risplende intermittente.
Il faro risplende intermittente.
Il faro risplende intermittente.

A cosa stai pesando mentre il peso del quando ti ha tolto la gioia di scoprire a che punto sei? Quanto più dico, tanto più faccio il fico. Mi sono strozzato con il cordone ombelicale. Il mondo non si è pippato mai, non mento. Vivere. Vivere. Vivere ancora. Chi tramanda è tremendo. Non intendo prendere ordini dagli illuminati con l’allaccio abusivo. Lo sai che struttura ricorsiva delle Frottole è una presa per il culo. E tu, che hai letto fino a qui, meriti il mio applauso.

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