L’ateismo è più naturale della religione

L’ateismo è più naturale della religione

di Raffaele Carcano – UAAR

Sino a qualche tempo fa gli studi sull’ateismo erano veramente pochi, e per capire qualcosa dell’ateismo occorreva quindi estrapolare i dati dalle ricerche sulla religione. Nel giro di pochi anni la situazione è cambiata: ora – anche grazie alla progressiva secolarizzazione del mondo democratico – di studi sull’ateismo se ne realizzano sempre di più. E consentono a loro volta di comprendere meglio il fenomeno religioso.

Una conclusione a cui gli stessi atei sono spesso giunti

Uno di questi lavori è stato ripreso e commentato qualche giorno fa su PsyPost. Se ne ricava che la mancanza di trasmissione religiosa all’interno della famiglia e dell’ambiente frequentato è il principale predittore di una convinzione atea in età adulta: non esponete un essere umano a una religione, e quasi certamente non la farà propria. Una conclusione a cui gli stessi atei sono spesso giunti, rinfacciandola anche ai credenti: la fede di una persona dipende in misura preponderante dalla fede dei genitori e delle persone che frequenta abitualmente. Gli studiosi della religione hanno invece a lungo snobbato le caratteristiche derivative e conformiste della religione – anche se l’indizio decisivo l’hanno spesso avuto sotto gli occhi: le conversioni sono sempre state numericamente irrilevanti.

Altri fattori, ha rilevato la ricerca, incidono invece decisamente meno. La mentalità scientifica, per esempio: le persone caratterizzate da un approccio cognitivo riflessivo sono solo leggermente più inclini all’incredulità. Alla fine, ha concluso il sociologo Will Gervais, benché gli stessi atei «amino parlare di come l’ateismo derivi da un pensiero razionale e faticoso», la loro affermazione – perlomeno nelle società occidentali – non collima granché con la realtà dei fatti. Realtà che si rivela invece molto più semplice di quanto si pensi: l’ateismo, a differenza della religione, è un fenomeno naturale.

Nulla di sorprendente: l’essere umano nasce ateo. Ovviamente, in quanto possiede inevitabili limiti conoscitivi, cresce poi con un bagaglio altrettanto naturale di credenze indimostrate. Ma nessuno crede in una religione perché ha concepito autonomamente la dottrina di quella religione. Come mostra implicitamente anche lo studio, la fede deve essere trasmessa e appresa (faticosamente) in famiglia e nella comunità. E se non la si impara, pazienza: le gerarchie religiose sono felici di accontentarsi di un’appartenenza formale senza espressioni di dissenso. L’approfondimento del proprio culto è infatti riservato a persone accuratamente selezionate da loro stesse – è la teologia a rappresentare quanto di più innaturale possa aver concepito la nostra specie.

Non è per nulla sorprendente che la Madonna ‘appaia’ soltanto a cattolici

Con queste premesse, non è per nulla sorprendente che la Madonna ‘appaia’ soltanto a cattolici: è la conseguenza inevitabile di credenze perpetuate automaticamente e continuamente ribadite all’interno della propria bolla. Una fede così tradizionale e così scontata da aver fatto adagiare sugli allori le leadership religiose. Ora però lo stesso automatismo agisce in maniera ancora più forte a favore dell’ateismo: i «senza religione», nel Regno Unito, sono il gruppo religioso con la più alta riproducibilità da una generazione all’altra (94%), ed evidenze simili sono emerse pure negli Usa. L’ateismo si trasmette più facilmente perché si riproduce inerzialmente come la fede, ma dalla sua parte ha il vantaggio di poter essere spontaneo.

Soltanto il potere politico sembra in grado di interrompere questo processo: ma più atei votano, più è difficile che ci riesca. Il meccanismo inerziale che ha permesso alle religioni di nascere, crescere e predominare si sta divertendo a funzionare contro di esse.

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