Gioiosa, riflessioni sul concerto “Dedizione e dediche” di Leda Canzio

Gioiosa, riflessioni sul concerto “Dedizione e dediche” di Leda Canzio

Il 28 dicembre 2021 si è tenuto a Palazzo Amaduri di Gioiosa Ionica il concerto “Dedizione e Dediche” di Leda Canzio che, insieme al maestro di batteria e percussioni pop/rock Andrea Zannin e promosso dal Comune e dall’Associazione Pro Loco di Gioiosa Ionica, ha riscosso numerosi applausi.

Leda è una giovane ragazza di ventidue anni, laureata al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. Rimasta profondamente ancorata alle sue radici calabresi, torna con piacere al suo paese, Gioiosa Ionica.

Scrivere di un personaggio che fa visita alla sua terra d’origine non è così semplice. È un’artista che sa che ogni tassello della sua storia, come il luogo di nascita, ti plasma nel corso del tempo e a esso rimane profondamente legata, ne conosce i rilievi e gli avvallamenti e torna per portare cultura e rigenerarsi.

Sin da bambina manifesta passione per la musica: “Prendevo uno spaghetto crudo e dirigevo la mia piccola orchestra” dice sorridendo. Sperimentava la sua dote cantando davanti alla TV, come fanno tutti i bambini. Nasce in una famiglia che la supporta e la sostiene, che ha sempre avuto cura di lei e della sua formazione e che conosce la dedizione per la musica: il nonno paterno era un tenore. Insieme al suo papà, insegnante di lingua inglese, ascolta dischi di musica classica, fruisce a fiumi canzoni pop, italiane e statunitensi.

Il primo vero e proprio approccio con la musica avviene all’età di cinque anni, frequentando una scuola di pianoforte. A undici anni si trasferisce a Domodossola con la sua famiglia e lì prosegue le lezioni di canto e pianoforte a scuola, finché decide di partecipare al corso intensivo “Umbria Jazz”, dove studia e supera complesse audizioni con tenacia e ambizione notevoli.

Infatti, a soli diciassette anni, vince una borsa di studio per frequentare una prestigiosa scuola di musica a Boston per cinque settimane, forgiando la sua cultura e conoscenza del mondo musicale. Questa esperienza le ha dato la possibilità di vivere un sistema scolastico differente da quello italiano in ogni aspetto. Leda ricorda con meraviglia che in America si apprendono delle modalità più resilienti di gestire il fallimento – che sia un cattivo giudizio o un’insufficienza – esso non è e non deve rappresentare un’umiliazione, o un’onta impossibile da superare, ma un monito per riprovare a sprigionare le potenzialità latenti che ognuno di noi ha.

Dopo aver conseguito il diploma di liceo linguistico, intraprende il percorso accademico al Conservatorio “Verdi” di Milano e si laurea in canto Pop-Rock, presentando tre brani editi e una sua composizione.

Chiunque legga il suo curriculum, rimarrebbe piacevolmente sorpreso. Ciò che realmente non si può conoscere, se non la si ascolta dal vivo mescolare il canto alla musica, sono le emozioni vibranti e vorticose in cui la sua passione trascina l’orecchio, fino a sperimentare un’esperienza sensoriale sonora fuori da ogni schema comunemente predefinito. Una sinestesia che evoca sensazioni bellissime.

La musica che ascolta e compone è pulita, profonda, riflessiva, soprattutto colta. Il genere che maggiormente apprezza è quello classico. È una ragazza che ama distinguersi rintracciando, in un passato remoto, la ragione del suo periodare musicale e il lume della passione che la spinge ad evolvere e creare. Con il suo canto, permette al pubblico di sintonizzarsi con armonia sulle note di Simon and Garfunkel, Joni Mitchell, Tori Amos, Bjork, Sting, Tom Odell, elaborando degli arrangiamenti suggestivi e originali.

Leda, con l’età di una ragazza e la riflessività di una donna, incanta chiunque l’ascolti. Nel concerto del 28 dicembre, il tema era la “dedica” e ogni canzone era dedicata a una persona della sua vita, un artista o un sentimento che nel difficile percorso intrapreso ha giocato un ruolo decisivo.

Durante il concerto esprime una dedica particolarmente commovente al padre, il quale ha saputo ascoltare e cogliere le sue inclinazioni fin da piccola. Il pezzo si chiama “Rosa di Duna” ed è la prima composizione autoriale. Nel brano sprigiona tutto l’amore che si prova per un genitore che sa ascoltare, che con la maturità della sua esperienza, sa amare con la forza del fiore del deserto, senza piegarsi o spezzarsi, anche in condizioni di siccità e, come un richiamo, si avverte immediatamente un eco leopardiano. Voleva descrivere con la musica ciò che con altri canali non avrebbe potuto esprimere, perché è quella la sua arte.

Il suo repertorio spazia da canzoni più dolci e significative, come il brano di Niccolò Fabi “Una Mano Sugli Occhi”, a quelli più forti e riflessivi, come “Luna Diamante” di Mina e Ivano Fossati.

I concerti che tiene non sono semplicemente un elenco di riproduzione, sono dialoghi in cui la scelta di interpretare una melodia piuttosto che un’altra hanno un motivo ben preciso. È una decisione consapevole in un disegno tematico, che trascina il pubblico, come un fil rouge.

Il suo intento sembra essere stimolare l’uditore ad ascoltare con il cuore, vivendo un’esperienza sinestetica che coinvolge anche la mente e il corpo attraverso le onde sonore. E se le canzoni rivelano un lato malinconico, con un sorriso di autoironia, Leda sa riconoscerlo, sapendo che quell’umore “giallo”, come lo definisce in una sua composizione inedita, la stimola a creare e a crescere sempre di più.

Innamorata di Mia Martini “Mimì”, ha invitato i suoi ospiti ad ascoltare a cappella il testo poetico della canzone “Almeno tu nell’universo” e le vibrazioni che si protendevano nel salone erano fortissime.

Il concerto si conclude con gli applausi e con la speranza che Leda possa realizzare i suoi sogni, fra questi cantare al Teatro degli Arcimboldi di Milano. Se lo spirito che la spinge a crescere è quello di trovare una sua collocazione, un suo posto nel mondo, modellando la propria identità e personalità e cercando costantemente di trovare la propria strada, quello che le si augura è di non perderla mai, continuando sempre ad alimentare quel fuoco che le arde dentro di sapere.

Beatrice Murruni

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