Caulonia, Ilario Ammendolia: “La vicenda della statua di sant’Ilarione è un sintomo, non la malattia”

Caulonia, Ilario Ammendolia: “La vicenda della statua di sant’Ilarione è un sintomo, non la malattia”

Mi sono sentito sempre un uomo del mio paese e, certamente non migliore della mia gente. Di quel poco che so, molto lo debbo a ciò che sin da bambino ho ascoltato nelle strade, nelle botteghe degli artigiani e più tardi nelle cantine di vino dove, ancora ragazzo, mi recavo per diffondere la stampa di sinistra. . Ero avido di conoscenza e, siccome a casa mia i libri erano rari, cercavo di apprendere dagli ex combattenti, dalle lavandaie, dai contadini ed anche dagli avvocati, da qualche magistrato, da bravissimi medici, e pur con qualche diffidenza (a volte ingiusta) da “galantuomini”.
Ma la Chiesa, fino all’età della tarda adoloscenza è stata la mia seconda casa.

Conservo ancora la tessera della GIAC (gioventù italiana azione cattolica) che è stata la prima e la più importante tra quelle che ho avuto.
Le Chiese erano “alte” e l’altezza mi ha stimolato quantomeno a tentare di alzare lo sguardo oltre il campanile.. puntare il Cielo e a scrutare l’orizzonte.

Caulonia è il mio Paese, oggi più di ieri perché è ammalato. Molto ammalato!

La vicenda della Statua di Sant’Ilarione è il termometro che misura la temperatura ma non è la malattia.
Ed ogni volta che succedono episodi mortificanti come quello di sabato scorso non mi domando “chi è il colpevole” ma “COSA SI PUÒ ANCORA FARE PER CURARE questo paese agonizzante”.
Vado con il pensiero dal passato al presente.
Caulonia è stato un grande Paese.
Tormentanto da una Natura splendida ma ingrata e da una Storia che ci ha visto soccombenti.
Un paese che ha resistito e sconfitto i turchi e che ha vissuto splendide rivolte per la Libertà.

Grande non solo nel passato remoto ma anche in tempi recenti. Ed ancora pochi anni fa era punto di riferimento e non per pochi.
Ancora una dozzina di anni addietro nella Chiesa del Rosario, insieme al parroco (don Bruno) , ci incontravamo per vedere insieme come aggregare la “ruga” attorno ad una persona disagiata, ad una ragazza rimasta incinta, ad una donna di grande sensibilità scambiata per ammalata di mente. (solo per fare qualche esempio)
Con le suore di Crochi abbiamo fatto ancora di più.
Se dovessi dire in due parole cosa, per me, è il Paese non avrei dubbi a rispondere :quello che 20 anni fa ci ha consentito di rintracciare dopo decenni, a San Domingo, una persona di Caulonia che tutti ritenevano morta.
Non carità ma doverosa solidarietà.
Il paese sa pensare, se necessario fermarsi ed accogliere anche uno solo dei suoi figli che si smarrisce.
Ora ad essersi smarrito è il Paese. (come quasi tutti i paesi del Sud) Piu sono poveri e improduttivi e più sono smarriti.

Le classi dirigenti (che non coincidono con gli amministratori) sono più responsabili del resto della popolazione di tale degrado .
A volte sono portatori essi stessi del “virus”. Perché quando si scacciano dal dibattito cittadino i grandi temi, i grandi ideali, i progetti comuni, si dà libero sfogo agli istinti peggiori latenti nelle parti più oscure del paese :odio, lotte personali, frustrazioni, caccia al “colpevole”.
Normalmente non vado in Chiesa, ma se ci andassi mi piacerebbe moltissimo confrontarmi su “Laudato si” ” o su come tentare di salvare l’ Immacolata e San Leo piuttosto che scadere in stupide diatribe paesane di nessuna utilità.

Conclundo:
Ci vuole uno sforzo collettivo certamente faticoso. Molto faticoso e poco teatrale. Una classe dirigente che sappia e voglia essere tale.
Non sarà facile risalire la china ma è possibile…. anche perché non esistono “Salvatori” e tantomeno scorciatoie.

Ilario Ammendolia

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