Riace, da paese dell’accoglienza a paese confessionale

Riace, da paese dell’accoglienza a paese confessionale

In un paese con molti cittadini in difficoltà il comune, alla faccia del “prima gli italiani”, non trova di meglio da fare che cedere un terreno comunale ad uno stato estero affinchè costruisca un altro luogo di culto.

No, non si tratta della Kabul dei talebani, ma della la Riace di Antonio Trifoli, ufficialmente comune dello Stato italiano ma che nei fatti sembra più possedimento vaticano.

Tant’è che ad inaugurare la sala consiliare vengono chiamati il vescovo e il parroco per una benedizione.

Già in passato Riace da paese dell’accoglienza era stato ribattezzato da Trifoli “Paese dei santi Cosimo e Damiano”, come recita un cartello.

Probabilmente il sindaco non ha mai sentito parlare della separazione tra Stato e Chiesa o forse, da buon fan di quel Salvini che espone crocifissi nei comizi salvo poi abbandonare in mare i bambini migranti ha voluto imitare il leader. Fatto sta che decisioni come queste fanno rabbrividire i convinti sostenitori di uno stato laico.

Mentre nella vicina Caulonia da destra e da sinistra si stigmatizza l’iniziativa inopportuna di un parroco che si permette di fare prediche alla politica, a Riace sembrano non esserci più distinzioni tra stato e chiesa.

Trifoli ha meritato a pieno titolo di essere segnalato all’Uaar per la “Clericalata della settimana”, ossia “una cartolina dedicata all’affermazione o all’atto più clericale della settimana compiuto da rappresentanti di istituzioni o di funzioni pubbliche”.

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