Gruppo Adorno: “Un altro lupo ucciso a fucilate sull’Aspromonte”

Gruppo Adorno: “Un altro lupo ucciso a fucilate sull’Aspromonte”

Un altro lupo è stato ammazzato sul versante orientale del Parco Nazionale dell’Aspromonte, in località Monte Scapparrone.

Il grosso esemplare era riverso su una strada sterrata e presentava un solo foro di proiettile all’altezza del cuore. Gli escursionisti che hanno effettuato il ritrovamento hanno immediatamente avvisato le Autorità competenti e il corpo è stato rimosso.

Ma i volontari del Gruppo Adorno, intervenuti sul posto dopo la rimozione, hanno constatato che non vi era alcuna traccia di sangue sul terreno. Appare evidente, pertanto, che il lupo è stato ucciso altrove e trasportato in auto in quel posto per farlo ritrovare, lanciando un chiaro segnale di tipo mafioso, ma allontanando al tempo stesso i sospetti dagli autori del reato.

Era già successo nel 2013 quando una lupa, presa al laccio e poi finita a colpi di fucile, era stata fatta ritrovare su una panchina di Brancaleone e nel 2014 quando un lupo, sempre sparato, fu fatto ritrovare con un fiocco rosso al collo sulla 106 a Condofuri. Inoltre un intero branco di lupi sarebbe stato sterminato nell’inverno 2019 nella valle dell’Amendolea nel corso di una battuta abusiva al cinghiale.

E’ gravissimo che a 15 giorni di distanza il Parco non abbia dato alcuna notizia del ritrovamento. Come mai si tace su questi gravissimi atti di bracconaggio, alzando un’inquietante cortina di silenzio? Forse perché si vorrebbe far credere all’opinione pubblica che nel Parco tutto sia sotto controllo? Il Gruppo Adorno ritiene invece che si sia in presenza di un attacco concentrico alla fauna dell’Aspromonte visto che il Parco, per contrastare alcuni casi di peste suina, vorrebbe aprire alla caccia di selezione (ma i focolai di peste suina si contrastano soprattutto vietando tutte le attività di calpestio, che favoriscono il diffondersi dell’epidemia).

Ciò che apparentemente riguarderebbe solo i cinghiali, di fatto sarebbe un lasciapassare per l’uccisione di ogni specie animale, anche protetta. Se già oggi, che ogni attività venatoria è preclusa e ogni sparo è indice di reato, si svolgono nel Parco in ogni periodo dell’anno battute abusive, diurne e notturne, a cinghiali e ghiri; se i boschi sono pieni di trappole di ogni tipo; se si assiste continuamente ad uccisioni di uccelli o alla loro cattura illecita con reti senza che nessun bracconiere sia individuato e denunciato (com’è accaduto nel 2022), si può facilmente immaginare cosa potrà accadere una volta che l’accesso delle armi nel territorio protetto sarà consentito.

Ma l’obiettivo di chi soffia sul fuoco, esagerando i danni prodotti da lupi e cinghiali, è proprio questo: trasformare il Parco in un Far West, dove possano lecitamente entrare armi di ogni tipo e sterminare i lupi. Non solo perché rappresentano una minaccia per le greggi, ma anche perché uccidono i cinghiali, sottraendo le prede ai cacciatori. Secondo le più recenti ricerche, infatti, le prede predilette del lupo sono proprio i piccoli e i giovani di cinghiale, sui quali esercitano una forte pressione selettiva.

Basterebbe dunque che le greggi di capre fossero protette da recinzioni elettrificate e da cani pastore addestrati e che si evitasse l’abbandono e l’inselvatichimento dei cani, perché gli attacchi alle greggi fossero totalmente scongiurati. Ma alcuni pastori dell’Aspromonte non sopportano alcuna limitazione: si ritengono i padroni della montagna, pensano di poter fare i propri comodi, pascolando ovunque (anche nelle aree incendiate), tenendo cani inadeguati e spesso privi di microchip e pretendendo di risolvere il problema a modo loro: con le armi.

L’indagine “Colombiani d’Aspromonte”, del Comando Stazione Carabinieri San Luca, ha infatti accertato che molte delle 70 armi clandestine sequestrate erano nascoste nei pressi degli ovili. L’equilibrio ambientale non si garantisce con i fucili, ma salvaguardando i predatori, che limitano naturalmente la diffusione di malattie nella fauna selvatica.

La caccia invece, anche quella di selezione, determinando la dispersione dei branchi di cinghiali, favorisce il diffondersi delle malattie. Chi ha la responsabilità di dirigere un Parco ciò dovrebbe saperlo! il Gruppo Adorno invita i cittadini ad opporsi alle sconsiderate decisioni del Parco Nazionale dell’Aspromonte e a chiedere a gran voce la tutela dei lupi e della fauna selvatica delle nostre montagne, che rappresentano, insieme ai boschi, la vera risorsa dell’area protetta meritevole di essere tramandata alle future generazioni.

Gruppo Adorno

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