“Gaza oggi è la bussola morale del mondo”: la riflessione di Pasquale Aiello

“Gaza oggi è la bussola morale del mondo”: la riflessione di Pasquale Aiello

Riceviamo e pubblichiamo.

A Betlemme, quella ‘vera’ in terra santa, quello di quest’anno è stato un Natale senza celebrazioni. Non ci sono stati alberi, luci o presepi perché niente da festeggiare c’è nei luoghi dove Gesù è nato e dove lo stanno uccidendo per l’ennesima volta con un genocidio a opera di un esercito che prende ordini da un governo, quello israeliano, nelle mani della più spietata ideologia fascio-sionista. Un gesto di solidarietà, dunque, nei confronti della popolazione di Gaza e dell’intera terra santa. Nella basilica della Natività il sacerdote padre Munther Isaac quest’anno ha voluto sistemare la statua di Gesù bambino in un presepe di rovine, coprendolo con la bandiera della Palestina pensando di divulgare anche un durissimo ed esplicito sermone dal profilo altamente politico. E’ rivolto particolarmente a tutti i cristiani ai quali chiede di interrompere il sostegno e il favoreggiamento ideale con gli israeliani.

“Siamo oltraggiati dalla complicità della Chiesa. Il silenzio è complicità. E i vuoti richiami alla pace senza un cessate il fuoco e la fine dell’occupazione, e le parole superficiali di empatia senza un’azione concreta stanno sotto la definizione di complicità. E se noi, come cristiani, non ci sentiamo offesi e feriti dal genocidio, dalla strumentalizzazione della Bibbia per giustificarlo, c’è qualcosa di sbagliato nella nostra testimonianza cristiana, e stiamo compromettendo la credibilità del nostro messaggio evangelico”.
Il grande interrogativo di padre Isaac che sta travolgendo il mondo ammonisce “Dov’ero mentre a Gaza si realizzava un genocidio?” Un monito forte e prorompente, dunque, che bisognava seguire e prendere in considerazione, fermarsi, sospendere tutto e riflettere, perché questo non è stato un Natale come gli altri. E’ stato un Natale macchiato di sangue innocente, soprattutto di donne e migliaia di bambini indifesi, con l’attacco di Hamas del 7 ottobre e con la reazione spropositata e probabilmente tutta pianificata di Israele, che probabilmente aspettava l’occasione giusta per attuarla. Quest’anno ad accomunare e tenere uniti avrebbe dovuto essere la solidarietà internazionale con i fratelli palestinesi che stanno subendo un brutale e scientifico annientamento.

Bisognava avere il coraggio di mettere a tacere la pancia ed essere per una volta quantomeno più equilibrati, se non addirittura compiere collettivamente una scelta di campo mandando un sano e robusto gesto di avversione a tutte le guerre e atrocità. Invece, nell’occidente ‘opulento’, dalle grandi città fino alle piccole comunità, salvo qualche ‘’pretaccio’’ di strada alla don Gallo che ancora è capace di incarnare lo spirito cristiano e alcune aggregazioni fuori dal coro, si è preferito seguire il solito cliché, addobbare alberi magici con palle colorate, pagliette e lustrini oppure preparare i classici presepi tradizionali o, meglio ancora, dove i borghi antichi si prestano e si pensa ‘alla grande’, allestire location per i tanti presepi viventi, belli senz’anima per fare tendenza e ‘attrarre risorse’, magari con qualche scenografia di zeffirelliana memoria, per la gratuita visibilità e il consolidamento di ego un po’ dilatati o il lancio di associazioni locali nate a tema e strombazzate con tanto di strilli e campagne propagandistiche, anche, dove ci fosse bisogno, sacrificando valori cristiani e ideali sociali nel nome di una apparenza esteriore e, forse, pure di qualche profitto.
Rinunciare ai grandi eventi con personaggi e interpreti a favore di camera, foto di gruppo e di famiglia, in cerca di like su facebook, per organizzare sit-in pacifici di protesta in ogni paese e in ogni luogo e rimarcare un oblio roboante per ciò che sta avvenendo, levando alta la voce per un cessate il fuoco duraturo e permanente squarciando il silenzio omertoso sull’immane genocidio in atto col silenzio e la rinuncia collettiva dei festeggiamenti. Un Natale, dappertutto così, sarebbe stato un segnale potente dal basso. Invece, per non farci mancare proprio niente, in Calabria anche il capodanno Rai.
Così, mentre tutto il mondo viene attraversato da un grande movimento di vicinanza e fratellanza formato da una moltitudine variegata di gente che scende in strada con striscioni che recano la scritta “free Palestine”, a certe latitudini tutti zitti e mosca intenti a destreggiarsi tra cenoni, abbuffate, mostre di arte culinaria e veglioni di fine anno. L’unica manifestazione in piazza registrata nel comprensorio locrideo si è svolta a Caulonia marina la sera del 3 gennaio 2024 organizzata dal comitato cauloniese pro Palestina con l’adesione dei soliti noti, quelli che trovi ovunque quando bisogna denunciare violazioni di diritti, o sostenere lotte per la Libertà e l’autodeterminazione dei popoli, contro guerre, malaffare, ndrangheta, massoneria e nemici vari della società, dell’ambiente e della convivenza civile, tanti altri hanno preferito non turbare la propria coscienza con cose ‘lontane’ da loro. Un momento di comunanza autentica verso la Palestina e di partecipazione al dolore dei palestinesi, in cui tra gli interventi è stata messa in risalto l’indifferenza e il silenzio assoluto di quasi tutta l’area reggina salvo qualche singola iniziativa sempre degli immancabili ‘consueti terroristi’, su una tematica così toccante e l’omertà verso il massacro del popolo palestinese ad opera dei sionisti che sta avvenendo sotto gli occhi delle istituzioni politiche, sociali e religiose, chiesa per prima, e anche di parte del mondo associazionistico. L’ipocrisia e il razzismo del mondo occidentale sono ormai trasparenti e spaventosi. Gaza oggi è diventata la bussola morale del mondo. Chi non è capace di indignarsi per tutto ciò che sta accadendo a Gaza e su tutta la terra santa vuol dire che ha smarrito il senso della civiltà ma soprattutto ha svenduto la propria umanità.

Pasquale Aiello

Photo by Ahmed Abu Hameeda on Unsplash

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