Un pomeriggio con i ragazzi di Comma Tre

Un pomeriggio con i ragazzi di Comma Tre

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L’associazione Comma 3 è presente sul territorio gioiosano da ormai quattro anni. Accoglie soggetti con disabilità e ne fanno parte 33 soci: tra questi, le famiglie dei ragazzi e gli operatori volontari. L’associazione ha preso il nome della legge 104, comma 3, appunto, inerente ai diritti delle persone affette da invalidità e disabilità, diritto che è stato negato alla figlia della Presidente dell’associazione Simona Coluccio, alla quale anni fa la scuola ha negato l’insegnante di sostegno. Fortunatamente, Simona è riuscita a vincere questa battaglia e a garantire per la figlia il rapporto uno ad uno di cui aveva bisogno. Cos’è successo subito dopo? Simona si è guardata intorno e, non soddisfatta di aver vinto la sua battaglia, ha deciso di battersi per vincere la guerra. La guerra di tanti genitori che ogni giorno, come lei, lottano per i diritti dei loro figli. Ora, non apriamo nemmeno il capitolo sulla disabilità, perchè altrimenti questo, da articolo di giornale online andrebbe a diventare un vero e proprio trattato. Crediamo (e speriamo) che ognuno di noi si sia interrogato durante la propria vita su cosa vuol dire vivere la disabilità. Passiamo direttamente allo step successivo: come permettere ad una persona diversamente abile di vivere una vita dignitosa. “Vivere la disabilità è già difficile di per sé; viverla in questa terra, è quasi impossibile – mi spiega Simona – Non ci sono punti di riferimento, siamo abbandonati a noi stessi”. L’intervista avviene all’interno dei locali UNICEF che vengono concessi all’associazione Comma 3 per due pomeriggi a settimana. Mentre noi chiacchieriamo, i ragazzi sono impegnati in attività di disegno. “Noi non abbiamo soldi”, mi dice Simona; per cui chiedo “E i pennarelli, le forbici, con cosa li comprate?”, nasce spontanea questa domanda. “Elemosinando. Spesso vado in alcune cartolerie a chiedere qualcosa: i più gentili ci danno una mano e ci regalano un po’ di materiale. Ma possiamo continuare così? A volte chiediamo un piccolo contributo alle famiglie: chi può, lo dà, ma tanti altri non se lo possono proprio permettere”.

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La soddisfazione di Comma 3 nasce dai sorrisi, dai pomeriggi trascorsi insieme, dall’animo di alcuni operatori volontari come Carmen Focà e Lidia Pisciuneri, che donano il loro tempo a queste persone; talvolta, se c’è bisogno, andando anche nelle case stesse. E un’altra grande soddisfazione è nata dall’aver vinto il ricorso al TAR di Marco Barbiero, ragazzo che, avendo raggiunto la maggiore età, non veniva lui più permesso di poter frequentare la scuola. “Cosa avrebbe dovuto fare questo ragazzo? Stare a casa tutto il giorno a guardare la tv? La verità è che per la società questi ragazzi sono un peso”. Io non me ne intendo molto di soldi, e da ignorante in questo campo mi chiedo com’è possibile che non ci siano fondi destinati ad associazioni del genere. “La regione li manda al Distretto Nord ed è quest’ultimo a decidere come investirli. Per un centro di aggregazione come questo non c’è nulla, ovviamente”. I ragazzi sono incuriositi della mia presenza, mi scrutano, soprattutto Roberto, 33 anni, con il quale una decina di anni fa avevo condiviso una bellissima esperienza ad un campo estivo per diversamente abili. Pensavo non si ricordasse di me. Mi sbagliavo.

  • Roberto, posso farti un’intervista? [sorride].. veramente un po’ mi vergogno!
  • Parliamo un po’ di quello che fai, solo qualche domanda.
  • E va bene! [in realtà stava morendo dalla voglia di parlare!]
  • Raccontami un po’.
  • Sono Roberto e ho 33 anni. Anzi, devo fare 34! Comma 3 è una bella cosa, almeno usciamo da casa. Cosa devo fare a casa tutto il giorno? Ha fatto bene Simona ad aprire questo centro. Qui facciamo tanti bei lavoretti. Io so fare dei fiori con i bicchieri di plastica, vuoi vedere?
  • Certo! [e qui, concentrato, inizia a creare il suo fiore].

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Mi complimento con lui e mi dice:

  • Dai, fammi qualche altra domanda!! [e scoppia a ridere]
  • E questo cappellino dell’UNITALSI? Sei stato a Lourdes?
  • Uuuuh! Ci sono andato 9 volte! La prima volta nel ’99 [e giù di lì a riferirmi anno per anno, con una palese precisione]. Lì è bellissimo, è tutta pianura. Non come qua che le strade sono tutte bruciate! [ridiamo]. Ma senti, di dov’è questo tuo giornale? [sorrido]

Roberto è un ragazzo curiosissimo. Mentre intervisto Simona, lui si sistema accanto a noi e segue con attenzione. La corregge perfino sulle date! Poi mi chiede se può scattare qualche foto con la mia macchina fotografica, “Sempre se posso eh, non è che ti arrabbi?”.

Lì c’è anche Emanuele,18enne che sta svolgendo un servizio scout extra-associativo, che mi racconta come il tempo trascorso con questi ragazzi permette di lui di crescere. “Magari trascorro una brutta giornata a scuola: arrivo qui e tutto svanisce. Un ragazzo giorni fa, mentre era impegnato ad appallottolare delle palline di carta per un disegno, mi ha detto “Io vado piano, non c’è fretta” e questa frase mi ha profondamente toccato. Si è creato subito feeling: loro sono così. Vieni qua per dare loro qualcosa, e vai via avendo ricevuto”.

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E c’è anche la musicoterapeuta, Maria Cherubino, iscritta al Corso Quadriennale di Musicoterapia CEP di Assisi. Insieme ad altre due colleghe, Antonia Fotia e Francesca Sottiletto, una volta a settimana sono impegnate nella musicoterapia con i ragazzi di Comma 3. “Non si usa il verbale, è tutto centrato sulla comunicazione non verbale. Non veniamo qui per insegnare loro a suonare, ma per farli esprimere attraverso la musica”. Io li spio durante la seduta, non posso entrare perché potrei rompere l’atmosfera. Ed è meraviglioso. Sono seduti a coppia e, presi per mano, devono danzare con le braccia. La seduta dura circa un’ora e alla fine si salutano cantando. Vengono utilizzati strumenti di facili utilizzo come tamburello, bongo, maracas, sonagli. Le leggo l’entusiasmo negli occhi mentre mi racconta e credo che lei lo legga anche nei miei: conosciamo entrambe la valenza della musicoterapia utilizzata non solo con i diversamente abili, ma anche nei campi dell’autismo, delle demenze, delle psicosi. I ragazzi di Comma 3 attendono con ansia l’ora di musicoterapia.

L’appello dei soci di Comma 3 è rivolto a tutti i comuni della Vallata del Torbido, in quanto Comma 3 accoglie famiglie e soggetti non solo di Gioiosa, ma anche di paesi come Grotteria, Caulonia, Siderno, Gioiosa Marina. “Se le istituzioni credono politicamente, devono aiutarci. Noi non pretendiamo che il sostegno venga dato obbligatoriamente a Comma 3. Si potrebbe anche pensare di creare qualcosa di più grande, ma vogliamo avere la certezza che un passo avanti perlomeno si farà. Vogliamo che i nostri figli siano tutelati. Per non parlare di quanti giovani laureati potrebbero essere occupati a lavorare in associazioni come questa. Noi stiamo sopravvivendo. Non so dire per quanto tempo riusciremo ancora a farlo”.

Li lascio così. Lascio Tommaso, che riconosco solo alla fine come mio ex compagno di I liceo, anche se solo per qualche settimana. Lascio Giuseppe, Roberta alla quale devo promettere che tornerò a trovarla, Veronica che spazza il pavimento e dà una sistemata. Li lascio con i loro desideri di poter portare a termine ciò che hanno iniziato: la costruzione del burattino che verrà usato poi per il teatro, l’ora di ballo e palestra e la tanto attesa colonia estiva; d’estate un lido li ospita gratuitamente e il comune fornisce la navetta per raggiungere il mare. Con la speranza che anche quest’estate il servizio possa essere garantito e i ragazzi di Comma 3 possano godere di lunghi bagni e ore passate in compagnia tra di loro. Comma 3 attenderà una risposta da parte delle istituzioni.

Vado via e Roberto mi dice “Scusa, ma una foto insieme non ce la facciamo?”.

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Alcune delle foto pubblicate sono state salvate dalla pagina facebook Consulta Associazioni Gioiosa Jonica

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