Le fibre tessili: la ginestra

Le fibre tessili: la ginestra

Riceviamo da Cecilia Piscioneri e pubblichiamo:

ginestra

IL LAVORO SOMMERSO
LE FIBRE TESSILI
LA GINESTRA
Mi sono affezionata a questo titolo; ne ho passati in rassegna altri ma, sono ritornata al primo amore.

Dietro un sostantivo e un aggettivo si nasconde un mondo infinito, si nasconde il lavoro che non c’è più, si nasconde una società, si nasconde la donna calabrese che con grande dignità, con forza morale , con coraggio si sottopone a tanti i sacrifici, a immane fatica per contribuire all’economia domestica, per dare ai figli una sistemazione , un futuro migliore……………Io vivo nel presente e mi lascio coinvolgere della vita attuale ma non posso dimenticare le donne che venivano chiamate dalle famiglie abbienti a lavorare a “JORNATA” ……………..A quante persone ho sentito dire con devota ammirazione ” Grazie a mia madre ho potuto studiare” ……….Non è sentimentalismo ma un dato di fatto…………..
Ancora una volta vi conduco tra l’intricato groviglio di filati nobili e dozzinali…….Un filato dozzinale deriva dalla profumata ginestra che ieri più di oggi, veste superbamente, con i suoi verdi cespugli e i gialli ed odorosi fiori a racemi, i declivi delle colline calabresi…………….
Nei recessi dei miei ricordi vengono fuori come sequenze di film le ingiallite colline di San Nicola di Caulonia e dello stesso Caulonia.
La storia della ginestra rappresenta l’emblema della divisione sociale, i manufatti al telaio erano la biancheria dei poveri, la gente abbiente se ne serviva per i lavori campestri………..
L’alba estiva si levava con i suoi azzurrini colori dipingendo l’orizzonte che andava schiarendosi sempre di più con il diramarsi delle prime luci del giorno, i raggi solari si proiettavano con prepotenza sulla faccia del globo terrestre……..Le vie ancora buie di San Nicola udivano lo scalpiccio delle scarpe di uomini, donne e degli zoccoli dei quadrupedi asini, che a frotte si recavano verso le zone collinari coperte di verdi cespugli ormai senza fiori..
Gli uomini s’inerpicavano sui declivi collinari e con la ronca in mano falciavano i verdi cespugli, mentre le donne attendevano in zone meno disagiate a trasformare l’ammasso dei verdeggianti steli a fascine; si caricavano quali sulla testa delle donne, quali sulle spalle degli uomini, quali ai fianchi degli asini e prima che i raggi solari s’infuocassero ritornavano a casa…………..
A casa il tempo di riposarsi, si riprendeva il lavoro………Si tagliavano gli steli più giovani,si formavano piccoli mazzi, si sistemavano in senso verticale nella caldaia, che si riempiva di acqua fino a coprirli, si accendeva il fuoco e si lasciavano bollire per qualche ora,,,,,,,,,,Dopo un’ora si spegneva il fuoco e si lasciavano per tutta la notte ………………………..
L’indomani mattina le donne toglievano i mazzetti dall’acqua , divenuti verde scuro, li caricavano nelle “cofane” che posavano in testa e si recavano nella vallata dove le precipitose acque dell’Allaro fluivano senza mai fermarsi.Una volta sul posto scaricavano il pesante fardello, trovavano la gurna sistemavano i mazzi li caricavano di pietre e li lasciavano macerare per una ventina di giorni………La mattina del ventesimo giorno le donne partivano alle prime luci dell’alba,munite di “COFANE E MAZZE DI LEGNO” si recavano sul luogo contrassegnato, tiravano fuori i mazzi inzuppati di acqua, non più verdi ma gialli,,,,,,,,,,,cominciavano a pestare , e il suono “TUN_tUN_TUN” giungeva in paese………..Stigliavano gli steli , “LA STUPPA ” era lavata e messa ad asciugare……………Mentre la gialla stoppa assorbiva i riverberi solari , le donne si riposavano all’ombra degli alti pioppi, mangiucchiavano pane fatto in casa, olive “CUMBTE'” in salamoia,pomodori, alici salate, formaggio caprino, non mancava un bicchierotto di vino…………..Rifocillate intonavano stornellate, ciarlavano, scherzavano………….Al suono dell’Ave Maria ritornavano a case con le ceste cariche di stoppa e di “VAMPIGGHIJI”steli della ginestra, usati per accendere il fuoco…………………..

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