“IL NUOVO CODICE SUGLI APPALTI E’ POCO ANTIMAFIA”

“IL NUOVO CODICE SUGLI APPALTI E’ POCO ANTIMAFIA”

Se per l’on. Stefania Covello, l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del nuovo Codice degli Appalti “è veramente una rivoluzione” grazie al quale “l’Italia fa un grande passo avanti in un campo rimasto per decenni immobilizzato. E cosi, basta con le gare affidate con il contestato metodo del ‘massimo ribasso’, via alla certezza dei tempi, alla legalità e alla massima trasparenza nelle procedure, al fine di regolare un settore che ha sofferto i mali peggiori del Paese”, per tanti altri invece,  rappresenta invece il “cavallo di Troia per le aziende dei clan che vogliono entrare nei cantieri pubblici”.  Il punto più contestato è la cancellazione del limite al subappalto. Tizian_02

Lo spiega nel dettaglio Giovanni Tizian, dalle colonne dell’Espresso, in un articolo titolato “Il nuovo codice sugli appalti è poco antimafia“. Questo il testo integrale dell’articolo: 

“Il testo sul nuovo codice degli appalti è pronto per essere portato in Consiglio dei ministri. Ma non accontenta tutti. Soprattutto in tema di prevenzione antimafia c’è chi solleva più di qualche dubbio. Mentre sono stati inseriti diversi articoli sul contrasto alla corruzione, manca un ragionamento organico sul contrasto alle infiltrazioni mafiose nelle opere pubbliche. Anzi, c’è un punto che potrebbe agevolarne l’entrata: la cancellazione del limite massimo ai subappalti. C’è poi un osservazione che i sindacati, e in particolare gli edili della Cgil, fanno. Perché il governo non ha tenuto in considerazione l’eccellente lavoro svolto in questi anni dai sindacati e dal comitato Alta sorveglianza grandi opere. Perchè delegare solo All’Anac di Raffaele Cantone la vigilanza, se i problemi di inquinamento riguardanono non solo la corruzione ma anche il fenomeno mafioso? Si rischia di sovraccaricare ulteriormente l’Anac, che, come Cantone ha denunciato, è a rischio paralisi per le poche risorse disponibili.
I più critici sono proprio i sindacati. In particolare la Fillea, gli edili della Cgil, che da molti anni collabora con il Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere (Casgo). «Il nuovo codice affida tutta la competenza della sorveglianza all’autorità anticorruzione, dimenticando così anni e anni di esperienza in tema di prevenzione frutto della collaborazione tra i sindacati, le prefetture e il Casgo», spiega a “l’Espresso” Salvatore Lo Balbo della Fillea nazionale.
E in effetti, sfogliando il libro “Appalti pubblici e sindacato”, pubblicato di recente da Ediesse, con i contributi di sindacalisti, autorevoli magistrati e prefetti esperti in materia, si capisce bene il senso delle parole di Lo Balbo. «Gli appalti pubblici in Italia sono stati utilizzati storicamente come modo per soddisfare interessi privati, sia delle imprese sia di amministratori e burocrati, permettendo alle mafie di fare grandi affari» si legge nell’introduzione del libro.
Una risposta concreta è arrivata proprio dal comitato per l’Alta sorveglianza e dai sindacati, che attrvaerso innovative linee guida e protocolli per la legalità hanno permesso un controllo preventivo maggiore anche in assenza di una normativa che le regolasse. E proprio qui sta l’anomalia. Perché non includere nel nuovo codice queste prassi ormai consilidate? Poteva essere l’occasione buona per mettere a sistema buone pratiche già in atto.
Il testo del nuovo codice riduce i vecchi 1500 commi in circa 220 articoli e darà attuazione alla legge delega approvata a gennaio per recepire le direttive europea sugli appalti. Al centro del nuovo testo ci saranno norme sulla qualità del progetto che deve garantire la certezza dell’opera, i suoi tempi e costi. «Il codice degli appalti andrà in Consiglio dei ministri domani e ha l’obiettivo di dare certezza dei tempi. La burocrazia non si deve più mettere di mezzo rinviando rinviando rinviando» ha spiegato il Presidente del Consiglio Matteo Renzi spiegando che l’obiettivo è avere «tempi europei».
Dopo l’eventuale approvazione, il testo dovrà raccogliere i pareri delle Commissioni parlamentari, del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata, per avere poi il via libero definitivo entro il 18 aprile, Questo d’altronde è il termine per recepire le indicazioni di Bruxelles.
«L’altro nodo da sciogliere è il subappalto – prosegue il sindacalista della Fillea – perché nell’ultima bozza è stato eliminato il limite del 30 per cento». In pratica, se la norma pre nuovo codice prevedeva un limite rigido sulla percentuale dei lavori che era possibile subappaltare, questa soglia al momento è stata cancellata. Ora, è stranoto che lo strumento che i clan utilizzano per entrare nei cantieri pubblici è proprio il subappalto. Per questo sembra davvero singolare questa scelta del governo. Il rischio è che la determinazione nel voler semplificare le procedure, possa rendere più agevole l’infiltrazione di aziende in odore di criminalità negli appalti pubblici.
Un’anomalia che I segretari generali di Feneal Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, Vito Panzarella, Franco Turri e Walter Schiavella hanno denunciato fin da subito: «La conseguenza sarebbe l’ulteriore frammentazione delle imprese edili, con ripercussioni sulla qualità del lavoro. Su appalti e subappalti – concludono Panzarella, Turri e Schiavella – sono inaccettabili ulteriori cali di attenzione, e invece sono sempre più necessari controlli efficaci tesi al miglioramento del sistema di qualità delle imprese e delle opere realizzate, e alla tutela dei lavoratori e delle loro professionalità».
Il nuovo codice degli appalti poteva diventare anche l’occasione per inserire l’obbligo per le aziende intenzionate a lavora nel pubblico di iscrizione alle “White list”, le liste pulite. Gli elenchi, cioè, di aziende pulite, certificate dalla prefettura dopo controlli approfonditi. Su questo punto è intervenuta anche l’Anac stabilendo che l’iscrizione è obbligatoria, ma non esiste un provvedimento vero e proprio. Tanto che sui siti delle Prefetture, nella sezione apposita dove iscriversi, si legge ancora: L’iscrizione nell’elenco è di natura volontaria. Eppure sarebbero un ottimo strumento per tenere lontane le imprese condizionate dalle cosche. Ma tra i tanti articoli pronti per essere approvati dal governo, non c’è traccia di questa buona pratica. Che si è rivelata molto utile sia per la ricostruzione post terremoto sia in Emilia che a L’Aquila e anche per i cantieri Expo”.

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