‘Ndrangheta: indagato il VicePresidente del Consiglio Regionale della Calabria

‘Ndrangheta: indagato il VicePresidente del Consiglio Regionale della Calabria

I reati contestati ai 42 soggetti arrestati vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso al concorso esterno con la ‘ndrangheta passando per la corruzione e l’intestazione fittizia di società. L’appoggio al movimento Sì Tav. Nuova richiesta d’arresto per il senatore di Gal. Il gip ha ritenuto però che le accuse fossero assorbite dall’ordinanza dell’operazione Mammasantissima. Indagato il vicepresidente Pd del Consiglio regionale D’Agostino, arrestato negli anni Ottanta per detenzione di armi

consiglio regionale palazzo campanella reggio calabria

La casa madre era sempre la Calabria, tra Cittanova e Palmi, ma il braccio stava in Liguria dove le cosche stavano investendo milioni di euro in appalti pubblici grazie al supporto di politici locali e nazionali ma anche di funzionari pubblici dell’Agenzia delle Entrate e della Commissione tributaria. Quarantadue arresti per ‘ndrangheta, di cui 36 in carcere, sono stati eseguiti stamattina dalle squadre mobili e dalla Dia di Reggio Calabria e Genova.

Nell’inchiesta è indagato anche il vicepresidente del Consiglio regionale Francesco D’Agostino del Pd eletto nel 2014 con 7942 voti nella lista “Oliverio Presidente” messa in piedi proprio dal governatore della Calabria. Imprenditore titolare dell’azienda “Stocco & Stocco” di Cittanova, dalla banca dati delle forze dell’ordine, Francesco D’Agostino risulta “in passato essere stato oggetto di attenzione da parte della Stazione dei carabinieri di Cittanova in quanto indicato quale uomo di fiducia del clan mafioso Raso-Albanese”. Inoltre, secondo gli inquirenti il politico calabrese è “solito accompagnarsi con pregiudicati inseriti nel clan e della Piana di Gioia Tauro”. Negli anni Ottanta, inoltre, D’Agostino era stato arrestato dal Commissariato di Gioia Tauro per detenzione abusiva di armi.

È scattata stamattina all’alba l’operazione “Alchemia”, coordinata dalla procuratore di Reggio Federico Cafiero De Raho, dall’aggiunto Gaetano Paci e dai sostituti Roberto Di Palma e Giulia Pantano che hanno disposto anche numerose perquisizioni tra la Liguria, la Calabria, il Lazio e il Piemonte. Nel mirino della Direzione distrettuale antimafia gli affiliati alle famiglie mafiose Raso-Gullace-Albanese di Cittanova e Parrello-Gagliostro di Palmi. Alcuni affiliati alla cosca Gullace, secondo gli investigatori, allo scopo di agevolare l’inizio dei lavori del Terzo valico hanno anche sostenuto il movimento “Sì Tav“. In Liguria e Piemonte è stata accertata infatti l’infiltrazione degli appartenenti alla cosca in sub-appalti già aggiudicati per la realizzazione dell’infrastruttura “Terzo Valico dei Giovi” attualmente in fase di costruzione.

Nuova richiesta d’arresto anche per il senatore Antonio Caridi, di Gal. Il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto in questo caso che le accuse fossero assorbite dall’ordinanza emessa nell’operazione Mammasantissima che ha svelato la cupola che governa la ‘ndrangheta. La Dda di Reggio Calabria aveva chiesto poi l’arresto del deputato Giuseppe Galati di Alleanza Liberalpopolare-Autonomie, indagato per corruzione aggravata dalle modalità mafiose, ma il gip non l’ha accolta perché non ha ritenuto sussistesse un quadro indiziario grave. “Al parlamentare viene contestata una vicenda relativa a un terreno per agevolare la composizione di alcune tematiche che riguardavano la sospensione dei lavori in un’area vincolata di Roma”, fa sapere la procura di Reggio Calabria. La stessa procura aveva avanzato una richiesta di misura cautelare ma il gip ha ritenuto che il quadro indiziario rappresentato non fosse grave, in particolare non era univoco il comportamento posto in essere né l’effettiva accettazione della promessa.

I reati contestati ai 42 soggetti arrestati vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso al concorso esterno con la ‘ndrangheta passando per la corruzione e l’intestazione fittizia di società che sono state colpite anche da un provvedimento di sequestro. Polizia e Direzione investigativa antimafia, infatti, hanno applicato i sigilli a beni per oltre 40 milioni di euro. Al centro dell’inchiesta, gli interessi delle cosche della Piana di Gioia Tauro nel settore del movimento terra, delle sale giochi ma anche sui lavori per il cosiddetto “Terzo Valico”. Dalle indagini della Dda, infatti, è emerso che i summit delle cosche si svolgevano nella Piana di Gioia Tauro da dove partivano gli ordini dei boss che hanno portato all’infiltrazione della ‘ndrangheta nei subappalti della linea ferroviaria che collega Milano a Genova e che serviva a valorizzare il porto ligure.

Sono emersi, inoltre, i contatti con funzionari dell’Agenzia delle Entrate e della Commissione Tributaria e con politici, non solo politici locali: nel fascicolo dell’inchiesta ci sono i contatti anche di alcuni politici nazionali con la cosca Raso-Gullace. Rapporti che erano già emersi nel 2011 quando, nelle carte della Direzione distrettuale antimafia di Reggio e Genova era spuntato il nome del senatore Antonio Caridi per il quale presto il Parlamento dovrà pronunciarsi per l’arresto nell’ambito di un’altra inchiesta della Procura calabrese. All’epoca Caridi era assessore regionale alle Attività produttive ed era finito nel dossier che l’allora capo della Dda di Genova Vincenzo Scolastico consegnò all’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia Beppe Pisanu. Un dossier dove erano ricostruiti alcuni passaggi che hanno consentito alla ‘ndrangheta di infiltrarsi nel territorio ligure.

“L’indagine – in uno stralcio di quel dossier si faceva riferimento all’appoggio fornito dalle famiglie emigrate in Liguria nella campagna elettorale per le regionali in Calabria – ha consentito di documentare l’alacre attività di sostegno svolta, nell’ultimo voto regionale, da esponenti della cosca, anche con palesi intimidazioni, a favore del candidato Antonio Stefano Caridi”.

L’indagine Alchemia ha fra l’altro accertato, nella cosca di Cittanova Raso-Gullace-Albanese operante in Liguria, l’affiliazione di figli di ‘ndranghetisti al momento del raggiungimento della maggiore età.

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